Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14358 del 28/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14358 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DING HONGJING N. IL 03/02/1973
avverso la sentenza n. 1459/2008 CORTE APPELLO di MESSINA, del
25/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 28/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 25/5/2011, la Corte di appello di Messina, confermava la sentenza del
Tribunale di Barcellona P.G., in data 27/6/2008, che aveva condannato Ding Nongjing alla pena
di anni uno di reclusione ed C. 300,00 di multa per il reato di detenzione per il commercio di
prodotti con marchi falsi e ricettazione degli stessi.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputata deducendo violazione di legge per
insussistenza del reato di ricettazione.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione perchè manifestamente infondati.
La ricorrente contesta le conclusioni assunte dai giudici del merito in ordine alla
responsabilità per il reato di ricettazione di prodotti con marchi falsi richiamando una
pronunzia delle Sez. Un. (Sentenza n. 22225 del 19,01/2012 Ud. (dep. 08/06/2012 ) Rv.
252453) che ha statuito che l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o
comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata risponde dell’illecito
amministrativo previsto dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in I. 14 maggio 2005, n. 80, nella
versione modificata dalla I. 23 luglio 2009, n. 99, e non di ricettazione (art. 648 cod. pen.) o
di acquisto dì cose di sospetta provenienza (art. 712 cod peri). E del tutto evidente che il
principio di diritto sopra richiamato non possa trovare applicazione nel caso di specie poiché
l’imputata non è l’acquirente finale bensi la commerciante che ha ricevuto i prodotti con
marchi contraffatti, detenendoli per la vendita. Pertanto la censura è manifestamente
infondata.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 28 gennaio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

CONSIDERATO IN DIRITTO

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