Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14349 del 28/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14349 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PICCOLO ALFREDO N. IL 05/03/1955
avverso la sentenza n. 1806/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
22/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 28/01/2014

Con sentenza in data 22/10/2012, la Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza del
Tribunale di Lecce, in data 13/4/2010, appellata dal P.G. e dalla parte civile, dichiarava Piccolo
Alfredo colpevole del reato di truffa aggravata a lui ascritto e per l’effetto lo condannava alla
pena di un anno di reclusione ed C. 200,00 di multa„ oltre al risarcimento dei danni nei
confronti della costituita parte civile.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo violazione di legge in relazione
all’art. 640 cod. pen. non sussistendo gli estremi della condotta punibile e dolendosi di
sentenza carente dei requisiti di cui all’art. 546, lett. e) cod. proc. pen. Successivamente il
difensore del ricorrente ha depositato memoria ex art. 611 cod, proc. peri, opponendosi alla
richiesta di inammissibilità ed ulteriormente sviluppando i motivi del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione perchè manifestamente infondati.
Nel caso di specie non può dubitarsi della sussistenza de0.estremi della condotta
punibile per il reato di truffa; estremi che sono stati individuati dalla Corte d’appello che
esattamente ha qualificato come raggiro il comportamento tenuto dal Piccolo che ha
convinto la parte offesa a consegnargli la somma complessiva di C.60.000,00
prospettandogli un investimento in una società commerciale che, in realtà, non è mai
avvenuto. Tale raggiro ha determinato l’induzione in errore della parte offesa, procurando
all’agente un ingiusto profitto con altrui danno. Le censure del ricorrente sono
manifestamente infondate in quanto la motivazione della sentenza impugnata dà conto
dell’inquadrabilità del fatto concreto nella fattispecie legale tipica del delitto di truffa e
risulta congrua e priva di vizi logico-giuridici.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dicturn della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 28 gennaio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

RITENUTO IN FATTO

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