Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1433 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1433 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Cortese Beatrice nel procedimento a carico di Petroselli
Renzo;
avverso l’ordinanza 29.10.12 del GIP del Tribunale di Viterbo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in Camera di consiglio la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
lette le conclusioni del Procuratore Generale nella persona del dott. Gianluigi
Pratola, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
osserva:
1- con ordinanza del 29.10.12 il GIP del Tribunale di Viterbo disponeva, all’esito
di udienza camerale fissata ex art. 409 co. 2° c.p.p. a seguito di opposizione alla
richiesta di archiviazione del PM avanzata dalla persona offesa Beatrice Cortese,
l’archiviazione del procedimento instaurato nei confronti di Renzo Petroselli a
seguito di denuncia-querela proposta dalla predetta Cortese per i reati di cui agli
artt. 485, 640, 646, 61 n. 11 c.p.
Tramite il proprio difensore munito di procura speciale, Beatrice Cortese ricorre
contro detto decreto lamentandone la nullità per inosservanza degli artt. 127, 409
e 410 c.p.p., 125 disp. att. c.p.p., 111 Cost. e 125 c.p.p., per violazione del
contraddittorio, motivazione apparente ed abnormità del provvedimento

Data Udienza: 13/12/2013

impugnato. Il difensore della ricorrente ha poi depositato, il 5.12.13, memoria con
la quale ha insistito nel ricorso e, in subordine, ha chiesto escludersi un’eventuale
condanna al pagamento ex art. 616 c.p.p. di una somma alla Cassa delle
Ammende.
2- Il ricorso è inammissibile.
Premesso che nella specie, a seguito dell’opposizione presentata dalla Cortese, il

dell’art. 409 co. 2° c.p.p., di guisa che nel caso di specie non si è verificata
violazione alcuna del contraddittorio, è appena il caso di rammentare che, in virtù
del principio di tassatività delle impugnazioni previsto dall’art. 568 co. 1° c.p.p.,
l’ordinanza di archiviazione, resa previa fissazione dell’udienza camerale, è
ricorribile, ex art. 409 co. 6° c.p.p., solo nei casi di mancato avviso, alle parti e ai
difensori, dell’udienza camerale ex art. 127 co. 5° c.p.p., mentre non è mai
consentito il ricorso per motivi diversi, cioè attinenti al merito della notitia
criminis e/o ai presupposti di procedibilità e/o a differenti violazioni di legge e/o a
vizi di motivazione (cfr., tra le innumerevoli pronunce in tal senso di questa Corte
Suprema, Cass. Sez. VI n. 436 del 5.12.02, dep. 9.1.03; Cass. S.U. n. 24 del
9.6.95, dep. 3.7.95).
Né il rigetto della richiesta di indagini suppletive e/o una diversa qualificazione
giuridica dei fatti oggetto di denuncia e/o un ipotetico vizio motivazionale
possono implicare abnormità del provvedimento di archiviazione (cfr., ex aliis,
Cass. Sez. I n. 9440 del 3.2.10, dep. 9.3.10), noto essendo che il concetto di atto
abnorme (cfr., e pluribus, Cass. Sez. H n. 27716 del 5.6.03, dep. 26.6.03) è
limitato ai soli profili strutturali e funzionali, nel senso che è abnorme sotto il
primo profilo solo l’atto che, per la propria singolarità, si ponga al di fuori del
sistema organico della legge processuale (e certamente non è questo il caso di
un’ordinanza di archiviazione ritualmente emessa all’esito di udienza camerale
fissata a seguito di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione
del PM), mentre sotto il secondo profilo è abnorme unicamente l’atto che, pur non
estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di
proseguirlo o una sua indebita regressione (e neppure questo è il caso in esame,
atteso che l’archiviazione ha regolarmente chiuso il procedimento in uno dei modi
previsti dalla legge).

GIP del Tribunale di Viterbo ha regolarmente fissato l’udienza camerale ai sensi

Il ricorso travisa, poi, il senso della pronuncia n. 2922/2012 di questa S.C., che ha
solo ricordato, in un obiter dictum della motivazione, che il principio generale
fissato dall’art. 125 co. 3° c.p.p. (circa l’obbligo di motivazione di sentenze e
ordinanze) implica la ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 606 co. 1° lett. c)
c.p.p. in caso di mancanza assoluta (cioè grafica) di motivazione o di motivazione
meramente apparente, ma non ha affatto esteso tale ricorribilità ai provvedimenti

motivazione dell’ordinanza impugnata sia stata apparente).
Infine, il ricorso travisa anche il senso dell’espressione “de plano” riferita ad un
provvedimento di archiviazione, che sta ad indicare non già la pura e semplice
condivisione da parte del GIP della richiesta del PM, ma l’emissione del decreto
senza fissazione dell’udienza camerale malgrado l’avvenuta opposizione della
persona offesa (fissazione dell’udienza camerale che, invece, nel caso in esame è
stata ritualmente disposta dal GIP).
Tali considerazioni assorbono ogni altra argomentazione svolta da parte
ricorrente, poiché qualsivoglia ipotetico (e, per altro, nemmeno ravvisabile nel
caso di specie) vizio di motivazione del provvedimento che ha disposto
l’archiviazione non potrebbe mai superarne l’indubbia inoppugnabilità.
3- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della
Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro
1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 13.12.13.

di archiviazione (per altro, nel caso di specie non può nemmeno sostenersi che la

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