Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1432 del 07/12/2016

Penale Sent. Sez. 6 Num. 1432 Anno 2017
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
A.A.

avverso la sentenza del 16/02/2016 del Tribunale di Treviso

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore
generale, che ha domandato dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza emessa in data 16 febbraio 2016, il Tribunale di Treviso,
per quanto di interesse in questa sede, ha applicato a A.A., a norma
dell’arti 444 e ss. Cod. proc. pen., la pena di anni cinque di reclusione ed euro
16.000 di multa per il reato di illecita importazione dall’estero di grammi 989
netti di sostanza stupefacente del tipo cocaina, con principio attivo pari a circa il
62 °h, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla

Data Udienza: 07/12/2016

contestata recidiva ed applicazione della diminuente per il rito; ha inoltre
disposto, a norma degli artt. 235 cod. pen. e 86 d.P.R. n. 309 del 1990, la
sanzione accessoria dell’espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato a pena
espiata, ritenendone la spiccata pericolosità sociale.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in
epigrafe l’avvocato Pasquale Fabio Crea, quale difensore di fiducia del A.A.,
formulando due motivi.

cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1,
lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla omessa motivazione in
ordine al difetto dei presupposti per l’adozione di una pronuncia di
proscioglimento, e, in particolare, in ordine alla mancata indicazione dei fatti
ritenuti a carico dell’imputato.
Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge in riferimento all’art.
86 d.P.R. n. 309 del 1990, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc.
pen., avendo riguardo alla illegittima applicazione del divieto di espulsione. Si
deduce che A.A. convive stabilmente con il padre B.B., cittadino
italiano, in Castelfranco Veneto, e che l’art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286
del 1998 vieta l’espulsione nei confronti dello straniero convivente con parenti
entro il secondo grado.

3. Il ricorso espone censure in parte manifestamente infondate ed in parte
prive della specificità richiesta dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Per quanto attiene al primo motivo, innanzitutto va dato atto che la
decisione impugnata ha espressamente ritenuto «evidenti» gli elementi di
responsabilità, richiamando i dati probatori già indicati nel decreto di giudizio
immediato. Inoltre, in linea generale, costituisce principio consolidato in
giurisprudenza quello secondo cui, in tema di patteggiamento, la motivazione
della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per l’applicazione
dell’art 129 cod. proc. pen. può anche essere meramente enunciativa, poiché la
richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione
del fatto ed il giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo qualora
dagli atti risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di
colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla formulazione della richiesta di
applicazione della pena (cfr., in tal senso, Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di
Benedetto, Rv. 191134, nonché, da ultimo, Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015,
Ayari, Rv. 264595; in termini molto simili, v. anche Sez. U, n. 10372 del
27/09/1995, Serafino, Rv. 202270, per la quale il giudizio negativo circa la
2

Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge in riferimento all’art. 129

ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o
dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le
condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.).
Per quanto concerne, poi, il secondo motivo, risulta meramente dichiarata

espulsione dello straniero. E’ vero, infatti, che l’ordine di espulsione, emesso
nella specie a norma dell’art. 86, d.P.R. n. 309 del 1990 per essere stato il A.A.
condannato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, è precluso
dall’art. 19, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 286 del 1998, quando lo stesso convive
con parenti entro il secondo grado di nazionalità italiana (cfr., tra le tante, Sez.
6, n. 3516 del 12/01/2012, Farid Nn., Rv. 251580). Tuttavia, sia la convivenza
del A.A. con il padre, sia il godimento della cittadinanza italiana da parte del
padre del A.A. risultano circostanze semplicemente asserite nel ricorso, attesa
l’assenza di qualunque produzione a sostegno, nonostante il silenzio in proposito
nella sentenza impugnata.

4. Alla proposizione di censure manifestamente infondate o prive della
specificità normativamente necessaria segue la dichiarazione di inammissibilità
del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende
della somma di Euro millecinquecento, così equitativamente fissata in ragione dei
motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 7 dicembre 2016

Il Consigliere estensore
Antonio orbol A

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l’esistenza di presupposti di fatto da cui deriva l’illegittimità dell’ordine di

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