Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14305 del 22/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14305 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FERINO RICCARDO N. IL 29/08/1976
avverso la sentenza n. 7211/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;

Data Udienza: 22/03/2016

39135/15
Motivi della decisione

Il ricorrente deduce:
Violazione degli artt. 96,178 lett.c), 185,409,552 c.p.p. e vizio della motivazione in
relazione alla dedotta eccezione di nullità della ordinanza con la quale il GIP aveva
disposto l’imputazione coatta e degli atti susseguenti, non essendo mai stato
ritualmente notificato all’imputato ed al suo difensore l’avviso relativo alla fissazione
della udienza ex art. 409 c.p.p.. Risulterebbe inequivocamente dalle dichiarazioni dei
verbalizzanti che l’imputato ebbe a nominare l’avv. Carlo TAORMINA, non reperito con
conseguente indicazione di un difensore di ufficio.
violazione dell’art. 336 c.p. e vizio della motivazione in relazione alla affermazione di
responsabilità. La Corte avrebbe legittimato l’intervento della polizia sulla base di
giustificazioni – non solo non prospettate da essa – ma non condivisibili in assenza di
fatti di reato e senza che vi fossero dubbi sulla falsità del documento di identificazione,
una volta esclusa la necessità di verificare la presenza di “alias” in relazione a lui stesso.
Inoltre, sarebbero state pretermesse le doglianze difensive circa la genericità della
prima espressione e l’assenza di connotati minacciosi nella evocazione dell’avv.
TAORMINA e del generale dell’esercito, quando ormai l’accompagnamento in questura si
era verificato.
Violazione degli artt. 43 e 336 c.p. e vizio della motivazione in relazione alla dedotta
insussistenza dell’elemento psicologico del reato rispetto alla illegittimità della condotta
già tenuta dagli agenti operanti.
Violazione degli artt. 43,336,594 e 612 c.p. e vizio della motivazione in relazione alla
apodittica affermazione circa la pressione esercitata sugli agenti in ordine alla attività di
ufficio in corso.
– Violazione degli artt. 393bis c.p. e 4 d.leg.vo 288/44 e vizio della motivazione in
relazione alla legittima e proporzionata reazione tenuta dall’imputato agli atti arbitrari
degli agenti operanti che agivano oltre i limiti delle loro attribuzioni.
Con memoria tecnica si evidenzia la ammissibilità del ricorso in relazione a ciascuno dei motivi
proposti, dei quali si ricalca il contenuto.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato rispetto alla ricostruzione fatta propria dalla Corte
di merito – priva di vizi logici e giuridici – circa la assenza di nomina dell’avv. TAORMINA da
parte dell’imputato.
Il secondo motivo è in fatto rispetto alla condotta intimidatoria posta in essere dall’imputato e
consistita nella contemporanea evocazione dell’avv. TAORMINA e del parente generale
dell’esercito per supportare la minaccia di conseguenza negative sul lavoro e la carriera degli
operanti che procedevano alla attività di identificazione.
Il
terzo
motivo
è
manifestamente
infondato
rispetto
all’accertata
legittimità
dell’accompagnamento in Questura nelle circostanze date, tenuto conto – altresì – della
incontestata comunicazione della presenza dei 22 “alias” in capo allo stesso soggetto.
Il quarto motivo è parimenti in fatto, obliterando la finalità illecita per la quale le minacce
furono poste in essere.
Il quinto motivo è manifestamente infondata – quando non in fatto – sulla corretta motivazione
che ha escluso non solo gli estremi di atti arbitrari ma anche solo la prova di essi in assenza di
una versione dell’accaduto fornita dall’imputato.

1

L’imputato Riccardo FERINO ricorre a mezzo del difensore contro l’indicata sentenza della Corte
d’Appello di Milano che ha confermato quella emessa dal locale Tribunale in data 14.7.2014,
appellata dall’imputato, che lo ha dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 99 co. 2, 336
c.p. e condannato a pena di giustizia.

All’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle
ammende, che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

Il consigliere estensore
Angelo Cap zzi

Roma, 22.3.2016

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