Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14303 del 22/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14303 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: VILLONI ORLANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AMBROSINI CARLO N. IL 13/10/1959
avverso la sentenza n. 213/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
31/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ORLANDO VILLONI;

Data Udienza: 22/03/2016

Motivi della decisione
Carlo Ambrosini ricorre contro l’indicata sentenza della Corte d’Appello di
Milano che, a conferma di quella del GIP del locale Tribunale del 05/10/2010, ne
ha ribadito la responsabilità per falsa testimonianza (art. 372 cod. pen.) e la
pena, condizionalmente sospesa, inflittagli in primo grado nella misura di due
anni di reclusione, oltre alle statuizioni in favore della costituita parte civile.
Il ricorrente deduce violazione di legge riguardo alla ritenuta sussistenza della

zione alla richiesta di archiviazione del procedimento a suo tempo formulata dal
PM nonché violazione di legge e carenza assoluta di motivazione in ordine alla
mancata revoca e/o sospensione delle statuizioni in favore della stessa Setenta y
Cinco Soda! Club, parte civile costituita nel giudizio di merito.
Lamenta, inoltre, il ricorrente la mancata pronunzia di assoluzione, quanto
meno ai sensi dell’art. 530, comma 2 cod. proc. pen., allegando a sostegno
prospettazioni già formulate nel corso dei gradi di merito del giudizio.
Deduce, infine, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed allo
omesso contenimento della pena nel limite minimo edittale.
Con memoria del 29 febbraio, depositata il 01 marzo 2016, il secondo ed il
quattro motivo di ricorso vengono ulteriormente sviluppati, insistendosi per il
loro accoglimento.
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Al di là della discutibile qualificazione del reato di cui all’art. 372 cod. pen.
come ipotesi di illecito penale plurioffensivo (smentita dalla costante giurisprudenza di questa Corte di Cassazione), non v’è però dubbio che il soggetto
privato che si ritenga danneggiato dalla falsa testimonianza può costituirsi parte
civile nel giudizio di merito a carico del responsabile, essendone legittimato sul
piano sostanziale ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. e su quello processuale ex art.
74 cod. proc. pen. (v. sul punto Sez. 6, sent. n. 2853 del 01/07/1997, PC in
proc. Ciccia, Rv. 208554).
Spetta evidentemente al medesimo soggetto provare l’effettività e l’entità della
lesione patita, ma è indubbio che essa possa trovare ristoro mediante risarcimento del danno, che tuttavia non potrà ricomprendere la totalità degli effetti
pregiudizievoli subiti per effetto del mendacio (Sez. 6, sent. n. 10081 del
08/02/2005, Nodari ed altri, Rv. 230893) ma in genere e salvo diversa dimostrazione, quelli provocati sulla sua sfera psichica dal patema d’animo dovuto
alla possibilità di non vedere riconosciuti i propri di diritti, di vedersi dichiarato

legittimazione dell’associazione Setenta y Cinco Soda! Club a proporre opposi-

soccombente con le conseguenti spese processual, di vedere allungarsi i tempi
necessari per ottenere soddisfazione delle proprie ragioni.
Appare perciò congrua, ancorché succinta, la motivazione della sentenza impugnata riguardo alla liquidabilità del danno morale, giusto pertinente richiamo
proprio alla giurisprudenza appena citata; il contenimento dell’entità della provvisionale da parte del giudice del primo grado nella misura di C 3.000,00 e la
motivazione sul punto (a parte l’incongruo riferimento all’art. 2050 cod. civ.)

del tutto correttamente la Corte territoriale ha speso limitate argomentazioni al
riguardo, restando oltre tutto la misura della liquidazione definitiva demandata al
giudice civile.
Il terzo motivo di ricorso investe, invece, direttamente il merito dell’accusa e
come tale costituisce censura non proponibile nel giudizio di legittimità (art. 606,
comma 3 cod. proc. pen.)
Manifestamente infondato è, infine, l’ultimo motivo riferito al trattamento sanzionatorio, avendo i giudici d’appello sufficientemente, ancorché concisamente,
argomentato per la non meritevolezza delle attenuanti generiche e per il carattere adeguato di una pena superiore al minimo non già edittale, bensì assoluto in
funzione delle potenziali attenuanti e dell’effetto combinato tra le stesse e la riduzione per il rito abbreviato prescelto, adeguatezza giustificata dalla specificità
della vicenda oggetto di verifica giudiziale (pagg. 5-6 sentenza).
Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento
di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in C 1.000,00 (mille).

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle
ammende.

Roma, 22 marzo 2016

rendeva del resto evidente che tale era la ragione del riconosciuto risarcimento e

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