Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 143 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 143 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZIMBETTI SALVATORE N. IL 26/08/1977
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 213/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/05/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette/matite le conclusioni del PG Dott.
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Udit i difensor Avv.•

o 02e

Data Udienza: 20/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il 3/05/2011 la Corte di Appello di Napoli ha rigettato la domanda di
riparazione per ingiusta detenzione proposta da Zimbetti Salvatore con
riferimento alla detenzione patita dal 16/01/2005 al 3/04/2008 nel corso di un
procedimento penale in cui era indagato per omicidio mediante agguato
camorristico finalizzato a favorire il clan Di Lauro in conflitto con la frangia dei
cosiddetti ‘scissionisti’.
2. Il richiedente era stato assolto dal reato associativo con sentenza del

relativo al reato di omicidio ed ai connessi reati in materia di armi si era concluso
con sentenza di assoluzione della Corte di Assise di Appello di Napoli del
2/07/2007, giudizio celebrato a seguito di condanna in primo grado alla pena di
anni 23 di reclusione.
3.

La Corte territoriale ha rigettato la domanda ravvisando nel

comportamento dell’istante gli elementi di una condotta sinergica alla produzione
dell’evento restrittivo della libertà personale; in particolare, la Corte ha ritenuto
ravvisabile nella condotta di Salvatore Zimbetti gli estremi della colpa grave sulla
scorta delle seguenti specifiche circostanze fattuali: a) nella sentenza assolutoria
risultava accertata la credibilità di un testimone che aveva dichiarato di aver
visto, poco prima dell’omicidio, Zimbetti Salvatore insieme ad altre due persone,
armato, e di averlo visto scappare con gli altri dopo gli spari; b) la circostanza
che lo Zimbetti circolasse armato unendosi poi agli assassini, dileguandosi subito
dopo l’omicidio, aveva contribuito ad attribuirgli il ruolo di spalleggiatore degli
assassini, ancorché non sufficientemente provato.
4.

Ricorre per cassazione Salvatore Zimbetti denunciando motivazione

illogica ed apparente ed erronea applicazione della legge penale o di norme
processuali penali; censura il provvedimento impugnato per aver valutato
elementi che erano stati esclusi dal giudice della cognizione, per aver omesso di
esaminare le dichiarazioni rese dall’imputato fin dal momento della sua cattura,
per non aver considerato la condotta antecedente e successiva ai fatti di causa
se non quella già ritenuta irrilevante dal giudice di merito.
5. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito depositando
memoria e chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile ovvero sia
respinto.
6. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Luigi Riello, ha concluso
per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti di quanto segue.

2

Tribunale di Napoli divenuta irrevocabile il 18/09/2008, mentre il processo

2. Secondo principi ripetutamente affermati da questa Corte e consolidati in
una

recente

pronuncia

delle

Sezioni

Unite

Penali

(Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, D’Ambrosio, Rv. 247664), il giudice di merito
deve, in modo autonomo e completo, apprezzare tutti gli elementi probatori a
sua disposizione, con particolare riferimento alla sussistenza di comportamenti
sia anteriori che successivi alla perdita della libertà personale connotati da
eclatante, macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi e
regolamenti, fondando la deliberazione conclusiva su fatti concreti e precisi che

richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingenerare, nell’autorità procedente,
la falsa apparenza della configurabilità della stessa come illecito penale, dando
luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto.
3. Con particolare riguardo ai comportamenti anteriori alla perdita della
libertà personale indicati nel provvedimento impugnato, le censure mosse dal
ricorrente sotto il profilo del vizio di motivazione risultano infondate, in quanto la
Corte territoriale si è attenuta al principio di cui sopra, avendo posto a base della
pronuncia di rigetto della riparazione (pagg.2-3) la condotta del ricorrente come
accertata nel giudizio penale e non specificamente contestata nei suoi elementi
fattuali dal ricorrente, che si è limitato a contestare la valutazione di tale
condotta operata dal giudice della riparazione sotto il profilo dell’elemento
soggettivo ignorando il costante indirizzo giurisprudenziale, affermato da questa
Corte anche a Sezioni Unite (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 Cc., dep. 09/02/1996,
Sarnataro, Rv.203638), che ha enunciato il principio che nel procedimento per la
riparazione dell’ingiusta detenzione è necessario distinguere nettamente
l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento
della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell’imputato, da
quella propria del giudice della riparazione, il quale, pur dovendo eventualmente
operare sul medesimo materiale, deve seguire un percorso logico-motivazionale
del tutto autonomo, essendo suo compito stabilire non se determinate condotte
costituiscano o meno reato, ma se queste condotte si siano poste come fattore
condizionante alla produzione dell’evento `detenzione’; in relazione a tale aspetto
della decisione tale giudice ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale
acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la
ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione, sia in senso positivo che negativo,
compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla
riparazione

(Sez. 4,

n. 27397 del 10/06/2010,

Rv. 247867;

Sez. 4, n.23128 del 22/10/2002, dep. 27/05/2003, Iannozzi, Rv. 225506).

3

consentano di stabilire con valutazione ex ante se la condotta tenuta dal

4.

Le censure mosse dal ricorrente risultano, tuttavia, fondate con

riferimento all’omessa valutazione del comportamento endoprocessuale del
ricorrente ai fini dell’accertamento della condotta gravemente colposa o dolosa
idonea ad incidere causalmente sul mantenimento della misura.
5. La fondatezza di tale seconda censura comporta l’annullamento del
provvedimento impugnato, con conseguente rinvio alla Corte di Appello di Napoli
affinchè prenda in esame e valuti, ai fini della decisione, il comportamento
endoprocessuale di Zimbetti Salvatore.

annulla l’ordinanza impugnata con riguardo alla omessa motivazione circa le
ragioni del mantenimento della misura.
Così deciso il 20/12/2013

P.Q.M.

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