Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1424 del 14/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1424 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Lopez Alessandro
avverso la SENTENZA della Corte di Appello di Bari
del 3.11.2011

visti gli atti;
Udita la relazione del Consigliere dr. Antonio Prestipino
Sentito il PG dr. Vita D’Ambrosio che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 14/12/2012

Letto il ricorso proposto da Lopez Alessandro per mezzo del proprio difensore, awerso la sentenza della
Corte di Appello dì Bari del 3.11.2011, che in riforma della più severa sentenza dì condanna pronunciata nei
suoi confronti dal locale Tribunale il 22.2.2011, per il reato di furto aggravato, ridusse la pena, previo
riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 nr. 4 c.p. equivalente alla contestata recidiva,
confermando nel resto la sentenza di primo grado;
ritenuto che le censure di legittimità proposte dalla difesa in ordine alla valutazione, da parte della Corte
territoriale, della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 nr. 7 c.p., non solo si fondano sulla
considerazione meramente ipotetica, ed esclusivamente basata sulla diversa versione dei fatti resa
dall’imputato, del “possibile” errore di percezione dei verbalizzanti sul modo in cui era custodito, al
momento del fatto, il casco di protezione sottratto alla persona offesa, ma non colgono l’aspetto
essenziale della questione, poiché agli effetti della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen.
devono considerarsi esposti alla pubblica fede quegli oggetti che, pur non costituendo parte essenziale di
un mezzo di trasporto in sosta, ne costituiscono secondo l’uso corrente, normale dotazione e non possono
agevolmente essere portati con se dal detentore nel momento in cui si allontana dal veicolo ( Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 12373 del 03/02/2003 imputato Celletti e altro, proprio in fattispecie relativa ad un casco
lasciato a bordo di un ciclomotore parcheggiato), sotto questo profilo essendo irrilevanti le concrete
modalità dì custodia;
ritenuto quanto alle censure di legittimità attinenti alla mancata concessione delle attenuanti generiche,
che i giudici di merito hanno già adeguatamente confutato il presunto rilievo dei disturbi dei
comportamento e dell’alimentazione accusati dal ricorrente e della sua confessione (resa in una situazione
di aperta flagranza di reato), come indici di più favorevole considerazione della sua personalità e degli
aspetti soggettivi di valutazione del fatto, secondo la tesi riproposta in ricorso, ma senza argomenti nuovi
capaci di insidiare la tenuta logica delle contrarie valutazioni dei giudici territoriali;
ritenuto, quanto al dedotto errore dispercettivo della Corte di merito in ordine alla effettiva qualificazione
della recidiva, che secondo la difesa non potrebbe ritenersi reiterata, atteso che a carico del ricorrente
graverebbe un unico precedente penale, per giunta connesso ad un sentenza di patteggiamento, con i
conseguenti limiti di rilevanza penale della pronuncia, che pur dovendosi ammettere la “sbavatura” in cui è
incorsa la Corte territoriale, (la sentenza di primo grado, tra l’altro, aveva riconosciuto che nella specie si
trattava di recidiva non reiterata) essa non ha alcun rilievo nel caso di specie, dovendosi considerare:
– preliminarmente, che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e’ equiparata ad una
pronuncia di condanna, e tale equiparazione rende possibili gli effetti concernenti la contestazione della
recidiva (Cass. nr. 07939 04/06/1998 Dotti);
– in secondo luogo, che la Corte di merito, pur accennando erroneamente alla recidiva reiterata, si riferisce
subito dopo “al” precedente dell’imputato, mentre la formulazione del giudizio di comparazione è ancorata
alla concreta valutazione della pericolosità sociale del ricorrente in quanto non solo connessa alla ricaduta
nel crimine, ma non incisa da elementi del fatto diversi dalle modeste conseguenze economiche del reato,
una volta escluso il rilievo delle condizioni personali del ricorrente e della sua confessione.
Ritenuto pertanto che il ricorso è infondato, e deve essere rigettato, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ;
P.Q.M.
Rigetta il r s so condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così dec* o i R af il 14.12. 2012.

In fatto e in diritto

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