Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14236 del 17/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 14236 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANARO PAOLO N. IL 01/10/1981
avverso l’ordinanza n. 5795/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
30/10/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott e F, Re/4k:
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Udit i difensor Avv.;
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Q 4.-41-12

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Data Udienza: 17/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale per il riesame delle misure coercitive di Napoli confermava la
applicazione al Panaro, indagato per associazione al clan dei casalesi, della
misura cautelare della custodia in carcere.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore
dell’indagato che deduceva:

valutatola eccezione proposta in udienza circa la carenza di autonomia valutativa
dell’ordinanza genetica rispetto alla richiesta del pubblico ministero;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione del
quadro indiziario. Si deduceva che non sarebbe stato considerato il fatto che
l’indagato non compariva nella lista degli affiliati che percepivano lo stipendio a
casa del collaboratore D’Ambrosio Luigi; inoltre, non sarebbe stato considerato
che nell’ordinanza emessa in altro procedimento relativo al clan dei casalesi i
collaboratori di giustizia nulla avevano detto sul conto del Panaro. Infine: non
sarebbe stata valutata l’incongruenza delle dichiarazioni del collaboratore Di
Martino, laddove riferiva che il Panaro aveva il compito di portare notizie al
fratello Nicola per conto dello Schiavone Carmine: sul punto si rilevava che, nel
periodo cui faceva riferimento il collaboratore, il fratello del Panaro non era
latitante, ma detenuto.
Inoltre i collaboratori D’Ambrosio e Di Martino non avrebbero reso dichiarazioni
omogenee circa la presenza del Panaro alle riunioni a casa del Di Martino.
Si deduceva, inoltre, che la illegittima valutazione delle dichiarazioni del
collaboratore Maiello, oggetto di specifiche doglianze proposte con l’atto di
appello. Del pari: si deduceva che non era stato considerato che il collaboratore
Vargas era stato detenuto negli ultimi undici anni e che, pertanto, lo stesso non
poteva essere a conoscenza delle recenti dinamiche dell’associazione. Infine si
deduceva che le dichiarazioni del collaboratore Della Corte non erano riscontrate,
contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale dalle dichiarazioni del Panaro
Nicola.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla valutazione del
quadro indiziario relativo alla estorsione aggravata ai danni del Misso. Si
deduceva che non sarebbero state valutate le doglianze difensive in ordine alla
«circolarità della prova»: il D’Ambrosio aveva riferito di essere venuto a
conoscenza del coinvolgimento del Panaro da Maiello e Iaiunese, dunque de
relato;

anche il Di Martino nulla riferiva in merito al coinvolgimento del Panaro,

2

2.1. vizio di legge e di motivazione. Si deduceva che il Tribunale non avrebbe

salvo di avere saputo successivamente, da Iaiunese, che i Misso avevano pagato
l’intero importo.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso che deduce la mancata considerazione
dell’eccezione relativa alla carenza di autonomia valutativa dell’ordinanza
genetica rispetto alla richiesta del pubblico ministero è inammissibile.

afferma che l’ordinanza del Gip conteneva una «autonoma valutazione delle
risultanze procedinnentali» (pag. 2 del provvedimento impugnato).
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Il ricorrente si limita a
riproporre una serie di questioni attinenti alla valutazione degli elementi di prova
a sostegno del giudizio di colpevolezza che erano già state avanzate innanzi al
Tribunale per il riesame, senza indicare vizi specifici della motivazione offerta
nei punti dove affronta i temi proposti dalla difesa.
In particolare la censura rivolta alla attendibilità delle dichiarazioni del
collaborate Di Martino non tiene conto del fatto che il Tribunale aveva valutato
irrilevante il riferimento al periodo in cui il Panaro avrebbe svolto la sua funzione
di intermediario, che risultava certamente errato, ma che tuttavia non incideva
la validità delle dichiarazioni del collaboratore in ordine al tipo di attività svolta
per conto del clan (pag. 4 dell’ordinanza impugnata). Si tratta di una
motivazione che non presenta illogicità manifeste e decisive, che è coerente alle
emergenze procedimentali e che non risulta in alcun modo incisa dalle doglianze
presentate con il ricorso.
Il Tribunale aveva ritenuto credibili anche le dichiarazioni del collaboratore
Vargas ritenendo che la detenzione non impediva la conoscenza dei fatti relativi
alle dinamiche dell’organizzazione ed alla «ascesa criminale del Panaro» (pag 5
dell’ordinanza impugnata). Anche in questo caso la motivazione non si presta ad
alcuna censura in sede di legittimità, essendo aderenze alle emergenze
investigative e priva di illogicità manifeste e decisive.
Inoltre: il Tribunale riteneva attendibili i contenuti eteroaccusatori provenienti
dal Maiello, così implicitamente disattendendo le censure difensive, ma
soprattutto rilevava il Tribunale rilevava, in tal modo superando le doglianze in
ordine alla carenza di riscontri, che le dichiarazioni del Di Martino, del Maiello e
del Vargas «trovano conferma nel narrato di ben altri sette collaboratori […],
provenienti da diverse fazioni criminali, tutti convergenti nel senso dell’ipotesi di
accusa» (pag. 5 della ordinanza impugnata). Anche le dichiarazioni del Della
Corte (che confermava il ruolo di intermediario dell’indagato tra Panaro Nicola e

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Contrariamente a quanto dedotto, infatti, il collegio nell’ordinanza impugnata

Schiavone Nicola) devono essere inquadrate come ulteriore elemento che
conforta le multiple convergenze delle chiamate in correità presenti in atti.
1.3. Anche il motivo di ricorso che deduce la carenza del quadro indiziario
relativo al contestato reato di estorsione è inammissibile. Il Tribunale rilevava
che gli elementi di prova dichiarativa posti a sostegno della affermazione di
colpevolezza non avevano tutti la struttura della dichiarazione

de relato, dato

che quantomeno il Maiello aveva assistito al conferimento dell’incarico al Panaro
da parte di Schiavone; inoltre sia il Maiello che il D’Ambrosio aveva assistito alla
della somma estorta nella lista a

disposizione del clan. Il che induceva a ritenere che il Panaro avesse portato a
termine l’azione finalizzata alla riscossione del prezzo dell’estorsione che gli
era stata affidata.
Anche il questo caso la motivazione, evidenziando i contenuti “diretti” delle
dichiarazioni censurate e la loro valenza dimostrativa della colpevolezza del
Panaro, resiste alle doglianze difensive presentando una struttura priva di
carenze logiche manifeste e decisive, coerente con le emergenze investigative.

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in € 1500,00.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa
al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500.00 alla Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp att. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma, il giorno 17 marzo 2016

L’estensore

4

Il
) Pr sidente

…..

annotazione dell’avvenuto pagamento

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