Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1419 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1419 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Pollastrini Orsolina nata a Spinadesco il 18/4/1948
avverso la sentenza del 21/6/2013 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Carmine Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Lucilla Tassi che ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso ed ha depositato conclusioni e nota spese;
udito per l’imputata l’avv. Franco Antonioli che ha concluso chiedendo
raccoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 21/6/2013, la Corte di appello di Brescia, in

parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cremona in data 15/10/2012,
riduceva la pena inflitta a Pollastri Orsolina ad anni due di reclusione

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Data Udienza: 13/12/2013

concedendo i benefici della sospensione condizionale della pena e della non
menzione della condanna nonché riducendo l’ammontare della provvisionale
ad € 5.000,00.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto di appello in
punto di responsabilità dell’imputata in ordine al reato alla stessa ascritto.
2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputata per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:

dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 643 cod.
pen. e 125 comma 2, 187 e 192 cod. proc. pen. con riguardo alla mancanza
dell’attività di induzione ed abuso della persona offesa nonché alla mancanza
dello stato di infermità psichica della stessa al momento della redazione dei
testamenti. Evidenzia, al riguardo, che nella sentenza manca qualsiasi
riferimento alla condotta materiale posta in essere dall’imputata per indurre
la persona offesa a redigere le schede testamentarie a proprio vantaggio
abusando dello stato di infermità ed inoltre non risulta dimostrato che la
stessa versasse in uno stato di infermità tale da impedirle di disporre per
testamento.
2.2. mancanza o contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 606
comma 1 lett. e) cod. proc. pen., con riferimento alla condotta dell’imputata
idonea ad indurre la persona offesa a redigere i testamenti nonché in ordine
all’esistenza dello stato di deficienza psichica o di infermità al momento della
redazione dei testamenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso merita di essere accolto con riferimento al primo motivo
proposto, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, perché il fatto non sussiste. Il secondo motivo proposto rimane

2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi

assorbito dalla decisione adottata.
Deve in via preliminare evidenziarsi che la giurisprudenza di questa
Corte ha avuto modo di precisare nei termini che seguono quelli che sono
gli elementi costitutivi del delitto di circonvenzione di incapaci: « Ai fini
della configurabilità del reato di circonvenzione di persone incapaci sono
necessarie le seguenti condizioni: a) l’instaurazione di un rapporto
squilibrato fra vittima ed agente, in cui quest’ultimo abbia la possibilità di
manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni
concrete, sia incapace di opporre alcuna resistenza per l’assenza o la

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diminuzione della capacità critica; b) l’induzione a compiere un atto che
importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso;
c) l’abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l’agente,
consapevole di detto stato, ne sfrutti fa debolezza per raggiungere il suo
fine e cioè quello di procurare a sé o ad altri un profitto; d) la oggettiva
riconoscibilità della minorata capacità, in modo che chiunque possa
abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti» (sez. 5 n. 29003 del

del reato si è precisato che le condotte di abuso e di induzione consistono
rispettivamente in qualsiasi pressione morale idonea al risultato avuto di
mira ed in tutte le attività di sollecitazione e suggestione capaci di far si che
il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell’atto dannoso
(sez. 2 n. 31320 del 1/7/2008, Rv. 240658).
Ora con riferimento al caso di specie dalla lettura della sentenza
impugnata emerge la totale assenza di prova in ordine alla sussistenza
dell’elemento materiale del reato ipotizzato così come ora delineato.
Segnatamente manca qualsiasi indicazione in ordine all’attività di induzione
ed abuso che sarebbe stata posta in essere dall’imputata nei confronti della
persona offesa al fine di indurla a redigere i testamenti. Unico elemento
valorizzato in tal senso dai giudici di merito è costituto dalla sequenza degli
atti di disposizione posti in essere dalla vittima ritenuti significativi, secondo
il giudice di primo grado «di un’azione costante di induzione da parte del
soggetto beneficiario, con l’unica finalità di ottenere un atto di disposizione
valido …». Ed i giudici di appello, nonostante lo specifico motivo di
gravame proposto sul punto dall’imputata, non aggiungono altro,
limitandosi a riportare la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla
condotta di induzione ed abuso idonea ad integrare il reato, omettendo
qualsiasi indicazione specifica inerente agli atti che concretamente avrebbe,
in tale direzione, posto in essere l’imputata. In sostanza la responsabilità
dell’imputata risulta fondata su affermazioni apodittiche che non hanno
trovato riscontro negli elementi emersi nel giudizio, apparendo, invece, al di
là di mere supposizioni, che le disposizioni testamentarie in suo favore
fossero state il frutto di una libera scelta della Bignami.
Certo dagli atti emerge una minorata capacità psichica di
quest’ultima, ma ciò costituisce solo il presupposto del reato, occorrendo,
come sopra si diceva, la prova di una concreta attività di induzione ed abuso
da parte del soggetto agente,. che nel caso di specie non risulta essere

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16/4/2012, Rv. 253311). E con specifico riferimento all’elemento materiale

stata raggiunta; risulta, appunto, carente l’individuazione di un’attività
positiva posta in essere dall’imputata e diretta a determinare o quantomeno
a rafforzare nel soggetto passivo il proposito di adottare le disposizioni
testamentarie incriminate.
Questa Corte tempo addietro aveva avuto modo di chiarire che
indurre vuol dire convincere, influire sulla volontà altrui, essendo
necessario, ai fini dell’integrazione del reato, uno stimolo, posto in essere

compimento dell’atto dannoso, non essendo sufficiente giovarsi
semplicemente delle menomate condizioni psichiche del soggetto passivo.
(sez. 2 n. 9731 del 24/6/1985, Rv. 170826). E nella stessa direzione si è
mossa anche la giurisprudenza successiva (sez. 2 n. 1064 del 13/10/1988,
Rv. 183144), affermando che l’induzione non può dirsi sussistente senza la
dimostrazione di un comportamento attivo di persuasione da parte
dell’interessato, la cui prova può desumersi anche da concordanti elementi
indiziari. Ed ancora (sez. 2 n. 1195 del 13/12/1993, Rv. 196331), si è
precisato che per la sussistenza dell’elemento dell’induzione, non è richiesto
l’uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri, ma è pur sempre necessaria
un’attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di
persuasione, cioè di spinta psicologica che non può ravvisarsi nella pura e
semplice richiesta rivolta al soggetto passivo di compiere un atto giuridico.
In conclusione nel caso di specie ciò che risulta dalla lettura della
sentenza impugnata è la sola esistenza di situazioni che possono
eventualmente legittimare la proposizioni di azioni di annullamento delle
disposizioni testamentarie adottate in favore dell’imputata per vizi di
volontà del testatore; il che impone l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 13 dicembre 2013

stensore

Il Presidente

dall’agente nei confronti del soggetto passivo, che determini quest’ultimo al

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