Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1415 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1415 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) Chiodi Maurizio nato a Brescia il 12/12/1962
2) Prearo Giovanni nato ad Agropoli il 14/10/1975
avverso la sentenza del 25/10/2012 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Carmine Stabile, che concluso chiedendo che i ricorsi vengano
dichiarati inammissibili;
udito per l’imputato Chiodi Maurizio l’avv. Piergiorgio Vittorini che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 25/10/2012, la Corte di appello di Genova

confermava la sentenza del Tribunale di Genova del 7/10/2009 con la quale
Chiodi Maurizio era stato condannato alla pena di anni uno e mesi cinque di
reclusione ed C 1500,00 di multa per i reati a lui ascritti di cui agli artt. 648
e 474 cod. pen. e Prearo Giovanni era stato condannato alla pena di anni
uno e mesi nove di reclusione ed C 1.800,00 di multa per i reati a lui ascritti

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Data Udienza: 13/12/2013

di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con gli atti d’appello
proposti dagli imputati in punto di incompetenza per territorio del Tribunale
di Genova, di responsabilità per i reati ascritti, di qualificazione giuridica con
derubricazione nel reato di cui all’art. 712 cod. pen. nonché in punto di
trattamento sa nzionatorio.

mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, sollevando i seguenti motivi di
gravame:
Chiodi Maurizio
2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sostanziale e
processuale nonché contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli
artt. 648 cod. pen., 8 e 9 cod. proc. pen. con riguardo alla ritenuta
competenza per territorio del Tribunale di Genova. Lamenta che, ai fini
dell’individuazione del luogo di consumazione del reato, non si è tenuto
conto della condotta alternativa rappresentata dalla ricezione delle cose di
provenienza delittuosa ed inoltre evidenzia che non era affatto ignoto il
luogo di acquisto della merce, essendo risultato che l’accordo fra cedente e
cessionario si era perfezionato in Bedizzole (BS) presso la sede della
società di cui il Chiodi è legale rappresentante. Evidenzia ancora l’illogicità
della motivazione nella parte in cui afferma che una frazione della condotta
criminosa si sarebbe verificata in Genova, in quanto tale condotta non
potrebbe che essere quella di importazione della merce contraffatta, cioè la
condotta propria del reato di cui all’art. 474 cod. pen. e non della
ricettazione. Con riferimento poi al luogo di ricezione delle merci, rileva
ancora che detta condotta pure si è consumata in Bedizzole (BS), quando

2. Avverso tale sentenza propongono separato ricorso gli imputati, per

l’imputato, dopo il trasporto della merce presso la sede della Garda Motori
S.r.l., ha acquisito l’autonoma disponibilità della merce.
2.2. inosservanza o erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione all’art. 648 cod.
pen., con riguardo all’operatività della clausola di riserva secondo cui il
delitto è configurabile «fuori dei casi di concorso nel reato
presupposto». Evidenzia, al riguardo, che la sentenza impugnata ha
ritenuto che una parte della condotta di ricettazione, cioè quella di
importazione della merce contraffatta, si sarebbe verificata a Genova; ma

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U,u-

detta condotta integra proprio il reato presupposto della ricettazione
costituito dall’art. 474 cod. pen. pure ascritto all’imputato; ciò impedirebbe,
ad avviso del ricorrente, per l’operatività della richiamata clausola di
riserva, l’integrazione del reato di cui all’art. 648 cod. pen. Evidenzia
comunque che la questione non era stata sollevata in appello, ma che,
ciononostante, deve essere esaminata dalla Corte, trattandosi di questione
di diritto sganciata da ogni accertamento fattuale.

nonché contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art.
606 comma 1 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 648 e
474 cod. pen. e 431 cod. proc. pen. con riguardo alla ritenuta sussistenza
dell’elemento soggettivo dei reati contestati. Ci si vuole riferire agli
elementi dai quali la Corte territoriale ha ritenuto di potere dedurre la
sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati contestati e cioè il
modestissimo prezzo pagato, che da un lato risulta essere stato accertato
sulla base di un documento dal quale tale prezzo non risulta e da un altro
lato non sono stati considerati i documenti riprodotti nell’atto di appello
relativi ai prezzi di mercato della stessa merce. Rileva ancora che, in
violazione dell’art. 431 cod. proc. pen., la Corte territoriale ha utilizzato per
la decisione l’esposto della NGK.
2.4. Contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. e) cod. proc. pen., in relazione al trattamento sanzionatorio con
particolare riguardo all’aumento di pena per la continuazione.
2.5. inosservanza od erronea applicazione della legge penale e processuale
nonché contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art.
606 comma 1 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 431 cod.
proc. pen., con riguardo con riguardo alla condanna al risarcimento del
danno e delle spese in favore della parte civile nonché alla pubblicazione

2.3. inosservanza od erronea applicazione della legge penale e processuale

della sentenza. Quanto al danno patrimoniale evidenzia che tutte le candele
contraffatte acquistate dal ricorrente erano state sequestrate, sicchè
nessun prodotto contraffatto era stato posto in circolazione in luogo di
quello originale; quanto al danno non patrimoniale rappresenta che il
danno all’immagine è stato ritenuto soltanto sulla base dell’esposto della
persona offesa che non poteva essere inserito nel fascicolo per il
dibattimento.
Prearo Giovanni
2.6. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta

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01,—-

illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) ed e)
cod. proc. pen., in relazione agli artt. 8 e 9 cod. proc. pen. con riguardo
alla ritenuta competenza territoriale. Rappresenta che l’acquisto della cosa,
ai fini della determinazione della competenza per territorio, è avvenuto nel
momento in cui l’acquirente ha aderito alla proposta del venditore
effettuata sotto la forma dell’offerta al pubblico su internet e ciò è avvenuto
in Capaccio nella sede della società del ricorrente, località situata

Evidenzia ancora che il luogo estero in cui aveva sede la società venditrice
era noto e si poteva evincere dalla fattura in atti.
2.7. violazione di legge processuale, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c)
cod. proc. pen., in riferimento all’art. 20 cod. proc. pen., per non essere
stato ravvisato un difetto di giurisdizione in relazione al reato di
ricettazione. Rappresenta al riguardo che la Corte territoriale, pur avendo
affermato che l’accordo per l’acquisto della merce si è perfezionato
all’estero, non ha riconosciuto il difetto di giurisdizione, pur essendo la
ricettazione un reato istantaneo che si perfezione al momento del
raggiungimento dell’accordo.
2.8. mancata assunzione di una prova decisiva ed omessa motivazione sul
punto, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. d) ed e) cod. proc. pen., con
riguardo alla mancato esame del teste Rizzo Michele.
2.9. inosservanza ed erronea applicazione di legge nonché mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art.
606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 648 e 474
cod. pen. Ci si vuole riferire all’elemento considerato dalla Corte territoriale
dimostrativo del dolo costituito dal prezzo di acquisto delle candele ed alla
buona fede dell’acquirente risultante sia dall’elevato quantitativo di merce
acquistata, sia dall’invio di campioni di candele e dall’acquisto avvenuto
con fattura e pagamenti tracciabili. Evidenzia ancora che la scoperta della
contraffazione era avvenuta solo in seguito all’invio di alcune candele
presso i laboratori tecnici altamente specializzati della NGK con sede in
Germania.
2.10. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e)
cod. proc. pen., per non essere stata ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 712
cod. pen. Evidenzia, al riguardo, che non sussistevano quelle condizioni di
vendita sospette, in quanto la contraffazione era stata riconosciuta solo dai

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R0,

nell’ambito della competenza per territorio del Tribunale di Salerno.

tecnici esperti del laboratorio specializzato in Germania.
2.11. violazione di legge nonché contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc.
pen. in relazione all’art. 78 comma 1 lett. d) cod. proc. pen. con riguardo
alla decisione di non escludere la parte civile per indeterminatezza della
domanda. Evidenzia, al riguardo, che la società costituitasi parte civile non
rivestiva la qualità di persona offesa dal reato e ciò comportava che la

danni morali e materiale subiti.
2.12. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e)
cod. proc. pen., in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante di cui
all’art. 474 quater cod. pen.
2.13. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla mancata
riduzione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso merita parziale accoglimento nei limiti di cui al dispositivo, non
in forza dei motivi proposti, ma in ragione della previsione contenuta
nell’art. 609 comma 2 cod. proc. pen. Difatti con riferimento ai reati di cui
all’art. 474 cod. pen., contestati rispettivamente al Chiodi al capo a) ed al
Prearo al capo c), evidenziato preliminarmente che dagli atti non emergono
cause di proscioglimento degli imputati ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
e che entrambi i ricorsi non presentano profili di inammissibilità, i suddetti
reati sono estinti per intervenuta prescrizione. Segnatamente entrambi i
reati, consumati il giorno 2/6/2005, sono estinti a far data dal 2/6/2013,
essendo decorso il termine massimo di prescrizione di cui agli artt. 157 e ss

causa petendi andava esplicitata chiarendo in che cosa erano consistiti i

c.p.p. e non risultando periodi di sospensione. Di conseguenza la sentenza
impugnata deve essere annullata senza rinvio, ricorrendo l’ipotesi di cui
all’art. 620, comma 1 lett. a) cod. proc. pen. limitatamente ai suddetti reati
di cui ai capi a) e c), estinti per prescrizione con conseguente eliminazione
delle relative pene disposte in aumento sulla pena base ai sensi dell’art. 81
cpv. cod. pen. La pena irrogata deve essere, quindi, determinata nella
misura finale di anni uno e mesi quattro di reclusione ed C 1.000,00 di
multa per Chiodi Maurizio ed anni uno e mesi sei di reclusione ed C
1.200,00 di multa per Prearo Giovanni, rimanendo ferme tutte le altre

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p().

statuizioni contenute nella sentenza impugnata.
I motivi di ricorso proposti da entrambi gli imputati risultano tutti
infondati e devono essere, pertanto, rigettati.
3.1. Il primo motivo proposto da Chiodi Maurizio (2.1.) deve essere trattato
congiuntamente al primo motivo proposto da Prearo Giovanni (2.6),
attenendo entrambi alla questione relativa alla eccepita incompetenza per
territorio del Tribunale di Genova. I giudici di merito hanno fatto corretta

determinato il luogo di consumazione della ricettazione, la competenza
dovesse essere determinata sulla base delle regole suppletive fissate
dall’art. 9 ed, in particolare, in forza della previsione contenuta nel primo
comma della suddetta norma che attribuisce la competenza al giudice del
luogo ove è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione; tale è,
appunto, il Tribunale di Genova, località ove le merci, provenienti
dall’estero, sono state importate in Italia.
Deve, in primo luogo, rilevarsi, con riguardo alle doglianze contenute
nei motivi di ricorso in esame, che, contrariamente a quanto sostenuto da
entrambi i ricorrenti, a nulla rileva, ai fini dell’individuazione del luogo ove
deve considerarsi consumato il delitto di ricettazione, il luogo ove entrambi
gli imputati, nelle sedi delle rispettive società, sarebbero dovuti entrare in
possesso della merce illecitamente contraffatta, individuabile in Bedizzole
(BS) per Chiodi ed in Capaccio (SA) per il Prearo. Per quel che risulta dalla
sentenza impugnata, in forza di tali dati era stata sollevata l’eccezione di
incompetenza per territorio nel giudizio di primo grado, legittimamente,
respinta dal Tribunale di Genova sulla base della natura istantanea del
delitto di ricettazione, che si consuma all’atto della ricezione, da parte
dell’agente, delle cose provenienti da delitto. Risulta, poi, che l’eccezione sia
stata riproposta da entrambi gli imputati con i motivi di appello sotto un

applicazione delle norme processuali, ritenendo che, non potendo essere

diverso profilo, ritenendosi che la ricettazione dovesse considerarsi
consumata nel luogo in cui si era perfezionato l’accordo attraverso il quale
era avvenuto il trasferimento dei beni stessi.
Ora deve rilevarsi

che, sulla base del costante orientamento

espresso da questa Corte e condiviso dal Collegio (sez. 5 n. 7826 del
18/6/1997, Rv. 208317; sez. 1 n. 23907 del 3/6/2010, Rv. 247992), la
valutazione della competenza territoriale deve essere svolta con riferimento
al momento della proposizione della relativa eccezione e cioè al più tardi
nella fase di cui all’art. 491 cod. proc. pen., vale a dire subito dopo

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Ptik–

l’accertamento, per la prima volta, della costituzione delle parti; ciò in
quanto la suddetta norma introduce, non solo una preclusione alla
possibilità di proporre la suddetta eccezione in fasi processuali successive a
quella indicata anche in forza di acquisizioni sopravvenute, ma anche una
precisa fissazione del momento processuale in cui si radica definitivamente
la competenza territoriale sulla base del principio costituzionale del giudice
naturale. A quanto detto consegue che l’eccezione di incompetenza per

riproposta con i motivi di impugnazione soltanto negli stessi termini in cui
era stata proposta in origine; di conseguenza non possono introdursi, nella
fasi successive del giudizio, diverse de quelle indicate dall’art. 21 comma 2
cod. proc. pen., argomentazioni che giustifichino uno spostamento della
competenza non proposte dinanzi al primo giudice, innanzi al quale si era
definitivamente radicata la competenza a trattare il procedimento. Ed in
proposito deve ricordarsi che la Corte Costituzionale ha ritenuto che
appartiene alla discrezionalità del legislatore la possibilità di limitare la
rilevabilità dei vizi della competenza territoriale a vantaggio dell’interesse
pubblico all’ordine ed alla speditezza dei processi (Corte Cost. ord. n. 521
del 30/12/1991).
Nel caso di specie, appunto, rileva il Collegio, la questione era stata
proposta dinanzi al giudice di appello ed è stata riproposta nei motivi di
ricorso per cassazione sulla base di argomentazioni diverse rispetto a quelle
prospettate nella sede di primo grado in cui si era definitivamente radicata
la competenza per territorio del Tribunale di Genova; ciò comporta che le
suddette nuove argomentazioni prospettate al giudice di appello non si
prestano ad essere rivalutate in sede di legittimità, per non essere state
originariamente proposte nella fase processuale a ciò destinata dall’art. 21
comma 2 cod. proc. pen. Ciononostante i giudici di appello hanno ritenuto

territorio, ritualmente proposta nella fase prevista e respinta, può essere

di dovere provvedere sugli specifici punti in esame sollevati dagli imputati e
la soluzione adottata non presenta vizi di legittimità. Difatti risulta legittimo
il ricorso al criterio residuale di cui all’art. 9 comma 2 cod. proc. pen., per
non essere noto, sulla base di considerazioni in fatto prive di
contraddittorietà o illogicità manifeste, il luogo di consumazione della
ricettazione. In sostanza la Corte territoriale ha fatto riferimento al luogo in
cui è avvenuta la ricezione, da parte degli imputati, della merce di
provenienza illecita, condotta che è parte integrante del delitto di
ricettazione idonea a radicare, quel che si dirà in seguito, la giurisdizione

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dello Stato italiano, oltrechè la competenza per territorio del Tribunale di
Genova.
A nulla rileva, poi, la circostanza, riportata nel ricorso, che la
frazione della condotta di ricettazione, verificatasi in Genova, coincida con la
condotta propria del reato di cui all’art. 474 cod. pen., in relazione al quale
pure è stata riconosciuta, nella fase di merito, la responsabilità penale degli
imputati. Difatti, sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte

Rv. 239745), il delitto di ricettazione e quello di commercio di prodotti con
segni falsi di cui all’art. 474 cod. pen. possono concorrere, atteso che le
fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo
strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di
specialità e che non risulta dal sistema una diversa volontà, espressa o
implicita, del legislatore.
3.2. Il secondo motivo di ricorso proposto da Chiodi Maurizio è infondato, in
quanto, la condotta di importazione della merce contraffatta, integrante il
reato di cui all’art. 474 cod. pen. contestato all’imputato al capo a)
dell’imputazione, non costituisce affatto il reato presupposto della
ricettazione, contestato allo stesso al capo b) e di conseguenza non è
applicabile, nel caso di specie, la clausola di riserva contenuta nella norma
incriminatrice dell’art. 648 cod. pen. Al contrario il reato presupposto della
ricettazione deve essere individuato nel delitto di contraffazione dei marchi
previsto dall’art. 473 cod. pen., come peraltro specificato nel capo di
imputazione.
In proposito questa Corte ha già avuto occasione di affermare che il
delitto di ricettazione è configurabile anche nell’ipotesi di acquisto o
ricezione, al fine di profitto, di cose con segni contraffatti, nella
consapevolezza dell’avvenuta contraffazione, atteso che la cosa nella quale
il falso segno è impresso e che con questo viene a costituire un’unica entità,
è provento della condotta delittuosa di falsificazione prevista e punita
dall’art. 473 cod. pen. (sez. 2 n. 42934 del 3/10/2012, Rv. 253818). Ed a
nulla rileva la circostanza che detto delitto sia stato commesso all’estero e
precisamente in Cina, non occorrendo, sulla base di una datata
affermazione di questa Corte che merita di essere ribadita (sez. 2 n. 87 del
17/1/1968, Rv. 107659), neppure valutare se il fatto sia previsto come
delitto nell’ordinamento di quello stato, essendo invece sufficiente che il
fatto integri un’ipotesi delittuosa secondo la legge italiana.

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(sez. U n. 23427 del 9/5/2001, Rv. 218771; sez. 2 n. 12452 del 4/3/2008,

3.3. Il terzo motivo proposto da Chiodi Maurizio (2.3) si presta ad essere
tratto congiuntamente al quarto motivo proposto dal Prearo (2.9),
attenendo entrambi alla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di
ricettazione. Ed in proposito rileva il Collegio che la sentenza impugnata
contiene esaustive argomentazioni, puntuali in fatto e corrette in diritto, in
base alle quali si è ritenuto che entrambi i ricorrenti fossero consapevoli
dell’illecita provenienza della merce acquistata. Appare significativo in

Chiodi che il Prearo erano esperti del settore e quindi, come tali,
prescindendo dall’ammontare del prezzo pagato, necessariamente
consapevoli che prodotti protetti dalle prerogative di un marchio non
potevano essere lecitamente acquistati attraverso la rete internet da un
produttore cinese diverso dal soggetto titolare del marchio o da un suo
distributore autorizzato; nel corso del giudizio è stato, al riguardo, accertato
che entrambi gli imputati acquistarono le candele indicate nel capo
d’imputazione dallo stesso produttore o intermediario asiatico, omettendo di
verificare che si trattasse di un distributore autorizzato dalla società
produttrice; ed inoltre è stato accertato che le candele in questione non
erano state prodotte dalla NGK, il cui marcio era stato contraffatto.
Ed al riguardo giova ricordare che, in tema di ricettazione, la prova
dell’elemento psicologico può desumersi da qualsiasi elemento di fatto e da
qualunque indizio giuridicamente apprezzabile, compreso il comportamento
dell’imputato in relazione alla sua specifica attività professionale (sez. 2 n.
6531 del 28/6/1990, Rv. 187627).
La questione, di cui al ricorso del Chiodi, relativa all’avvenuta
utilizzazione, ai fini della decisione ed in particolare per ritenere sussistente
l’elemento soggettivo del reato, dell’esposto presentato dalla persona
offesa, integrante solo una violazione di legge, non risulta essere stata
proposta con i motivi di appello e, pertanto, non può essere proposta per la
prima volta in sede di legittimità.
Quanto poi alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo d)
come ricettazione e non come incauto acquisto, di cui si occupa il quinto
motivo di ricorso proposto da Prearo Giovanni ((2.10), la questione,
proposta nei motivi di appello, è stata adeguatamente affrontata dalla Corte
territoriale alla luce delle caratteristiche dei prodotti acquistati che ne
rendevano evidente, per un esperto del settore, la contraffazione. Difatti,
prescindendo dall’elemento del prezzo di acquisto, oltre a quanto sopra

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proposito evidenziare come la Corte territoriale abbia preso atto che sia il

detto sono emerse alcune caratteristiche della merce acquistata, prima fra
tutte la provenienza cinese da un soggetto diverso dal produttore o
distributore ufficiale, che imponevano un diverso comportamento da parte
dell’imputato, concessionario della Piaggio, il quale nonostante tali dati
oggettivi, non ha esitato ad acquistare un numero elevatissimo di candele
elettriche risultate contraffatte ed anche difettose; giova, in proposito,
evidenziare come si era potuto accertare che le candele in questione non

produzione; ciò era risultato all’esito di una comparazione fotografica fra le
candele originali e quelle contraffatte e doveva necessariamente rendere
l’imputato consapevole che si trattava di prodotti contraffatti anche
prescindendo da qualsiasi accertamento tecnico effettuato presso la ditta
costruttrice. Difatti, argomentano ragionevolmente i giudici di appello, la
mancanza in un prodotto commerciale dei codici identificativi della
provenienza rappresenta un segno evidente della contraffazione dello
stesso.
Tutto ciò vale ad escludere qualsiasi vizio della motivazione anche in
ordine alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 648 cod. pen.,
non potendo il fatto, per le considerazioni sopra svolte, essere inquadrato
nell’ipotesi dell’incauto acquisto di cui all’art. 712 cod. pen. Difatti, sulla
base di quanto sopra detto, la Corte territoriale ha dato atto, con
argomentazioni prive di contraddittorietà logiche e conformi alle risultanze
processuali, che la qualificazione giuridica operata dal giudice di primo
grado era corretta, sussistendo l’elemento materiale e quello psicologico del
delitto di ricettazione. E la scelta effettuata dai giudici di merito si pone in
linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio,
in base alla quale in tema di ricettazione, il dolo può ricorrere anche nella
forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio
che la cosa accettata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi
ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della
cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di
sospetta provenienza (sez. 2 n. 45256 del 22/11/2007, Rv. 238515; sez. U
n. 12433 del 26/11/2009, Rv. 246324).
3.4. Passando al quarto motivo di ricorso proposto da Chiodi Maurizio
(2.4.), attinente al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata
contiene un’adeguata motivazione, priva di contraddizioni, in ordine alla
determinazione della pena irrogata, essendosi fatto riferimento alla gravità

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riportavano, a differenza di quelle originali, il numero del lotto di

del fatto in considerazione dell’elevatissimo numero di candele contraffatte
acquistate da parte di un soggetto concessionario della Piaggio. La
questione relativa all’aumento della pena per la continuazione deve ritenersi
assorbita nella decisione di annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 474 cod. pen., per essere lo
stesso estinto per intervenuta prescrizione.
3.5. Con riferimento alle questioni sollevate dal Chiodi con l’ultimo motivo di

volta per la determinazione del danno cagionato alla parte civile,
dell’esposto presentato dalla persona offesa costituisce soltanto una
violazione di legge che non è stata proposta con i motivi di appello e che
non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Con
specifico riferimento, poi alle statuizioni civili contenute nella sentenza
impugnata, la Corte territoriale ha reso adeguata motivazione in ordine ai
danni, patrimoniali e non, subiti dalla costituita parte civile, costituendo il
motivo di ricorso null’altro che l’inammissibile reiterazione delle doglianze
sollevate con l’atto di appello.
3.6. Passando all’esame del ricorso proposto da Prearo Giovanni già si è
detto in ordine al primo motivo attinente alla competenza per territorio del
Tribunale di Genova (2.6). Con il secondo motivo (2.7) viene invece
eccepito il difetto di giurisdizione, per essersi l’accordo costitutivo del delitto
di ricettazione perfezionato all’estero. Ma, osserva al riguardo il Collegio
che, ai sensi dell’art. 6 comma 2 cod. pen., il reato si considera commesso
nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è
ivi avvenuta in tutto o in parte; nel caso di specie, appunto, la sentenza
impugnata da atto che parte della condotta, appunto quella ricezione dei
prodotti con marchi contraffatti, risulta commessa in Italia, essendo stato
commesso all’estero soltanto il reato presupposto della ricettazione.

ricorso (2.5), già si è detto che l’utilizzazione, ai fini della decisione, questa

3.7. Quanto al terzo motivo proposto dal Prearo, attinente alla mancata
assunzione di una prova decisiva (2.8), occorre al riguardo rilevare che la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1
cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine
dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter
decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria e tale
accertamento comporta una valutazione rimessa al giudice di merito che, se
correttamente motivata anche in modo implicito, come nel caso in esame, è
insindacabile in sede di legittimità ( sez. 4 n. 18660 del 19/2/2004,

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Pb/-

Montanari, Rv. 228353; sez. 3 n. 35372 del 23/5/2007, Panozzo, Rv.
237410; sez. 3 n. 8382 del 22/1/2008, Finazzo, Rv. 239341). Ed infatti la
Corte territoriale ha dato ampia e articolata giustificazione in ordine alla
completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta nel giudizio di primo grado
sulla base della quale si è pervenuti all’affermazione di penale responsabilità
degli imputati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti; da tale
motivazione scaturiva, implicitamente, che non era assolutamente

escutere il teste indicato dalla difesa del Prearo. Ciò discende dal principio,
costantemente affermato da questa Corte di legittimità, che la rinnovazione
del dibattimento in appello costituisce un’evenienza eccezionale e può
essere disposta solo quando il giudice ritiene di non potere decidere allo
stato degli atti; ciò comporta che, mentre la decisione di procedere alla
rinnovazione deve essere specificamente motivata, dovendo il giudice dare
conto dell’uso del potere discrezionale derivante dall’acquisita
consapevolezza di non potere decidere allo stato degli atti, al contrario in
caso di rigetto della relativa istanza la motivazione potrà anche essere
implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della decisione,
evidenziandosi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in
senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguenza assenza
di necessità di rinnovare il dibattimento (sez. 5 n. 8891 del 16/5/2000, Rv.
217209; sez. 4 n. 47095 del 2/12/2009, Rv. 245996; sez. 5 n. 15320 del
10/12/2009, Rv. 246859).
3.8. Il sesto motivo proposto da Prearo Giovanni (2.11) attiene alla
mancata esclusione della parte civile nonostante l’eccezione in proposito
avanzata dal ricorrente sulla base dell’indeterminatezza della domanda. La
questione è stata correttamente affrontata nella sentenza impugnata
facendosi riferimento alla costante giurisprudenza di questa Corte di
legittimità (sez. 5 n. 22034 del 7/3/2013, Rv. 256500), in base alla quale,
in tema di costituzione di parte civile, l’indicazione delle ragioni che
giustificano la domanda risarcitoria è funzionale esclusivamente
all’individuazione della pretesa fatta valere in giudizio, non essendo
necessaria un’esposizione analitica della

causa petendi,

sicché per

soddisfare la previsione normativa è sufficiente il mero richiamo al capo
d’imputazione, allorquando il nesso fra il reato contestato e la pretesa
risarcitoria azionata sia immediato. E la Corte territoriale ha avuto modo di
esplicitare le ragioni di fatto che rendevano evidente il rapporto esistente

12

necessario procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per

fra i fatti contestati e la pretesa civilistica azionata dalla parte civile.
3.9. Quanto, infine, agli ultimi due motivi proposti da Prearo Giovanni (2.12
e 2.13), attinenti entrambi al trattamento sanzionatorio, rileva il Collegio
che il giudice di appello ha ritenuto adeguata la pena determinata dal
giudice di primo grado considerandola bene perequata rispetto al reale
disvalore del fatto, avendo preso in considerazione, a tal fine, la gravità dei
fatti. Nel ricorso si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di

motivazione sintetica, ma congrua ed esaustiva, previo specifico esame
degli argomenti difensivi attualmente riproposti. Le valutazioni di merito
sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione
delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro
da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999,
Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.
U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
L’attenuante di cui all’art. 474 quater cod. pen. è stata
legittimamente riconosciuta solo al coimputato Chiodi, risultando dalla
sentenza impugnata che lo stesso si era impegnato a fare recuperare i
prodotti falsi già immessi in circolazione; la stessa attenuante è stata
negata al ricorrente Prearo sulla base della constatazione dell’assenza di
qualsiasi comportamento assunto dallo stesso e valutabile nella direzione
invocata ed evidenziandosi come l’appello fosse del tutto generico sul
punto, essendo carente, come anche il ricorso per cassazione, qualsiasi
indicazione specifica idonea a far sorgere un ulteriore onere di motivazione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 474 cod.
pen., perché estinto per prescrizione ed elimina le relative pene
determinate in aumento, rideterminando la pena inflitta per Chiodi Maurizio
in anni uno e mesi quattro di reclusione ed C 1.000,00 di multa e per
Prearo Giovanni in anni uno e mesi sei di reclusione ed C 1.200,00 di multa.
Rigetta nel resto i ricorsi.

Così deciso, il 13 dicembre 2013

Il qsigliere estensore

Il Presidente

fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice d’appello con

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