Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14142 del 12/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 14142 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RENDO CARMELO N. IL 22/10/1951
avverso la sentenza n. 1335/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
31/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;

Data Udienza: 12/01/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza emessa dal Tribunale di Firenze in data 30 settembre 2010, Rendo Carmelo è stato
condannato alla pena di mesi 7 di reclusione ed Euro 400,00 di multa, oltre al risarcimento dei
danni alla costituita parte civile Società Autostrade, liquidati in Euro 1000, per i reati di cui agli artt.
81 e 640 c.p.; con artifici e raggiri consistiti nel riferire agli addetti alla riscossione del pedaggio di
essere privo di mezzi sufficienti per il pagamento, il Rendo li induceva in errore, determinandoli a
consentirgli l’uscita ai caselli, senza mai corrispondere le somme dovute, procurandosi così un

Con sentenza emessa in data 31 ottobre 2013 la Corte d’appello di Firenze, previa riqualificazione
della condotta dalla fattispecie di truffa in quella di insolvenza fraudolenta, in accoglimento del
secondo motivo di gravame proposto dalla difesa, riconosceva il vincolo della continuazione tra le
condotte in esame e quelle precedentemente giudicate con la sentenza irrevocabile emessa dalla
Corte d’appello di Venezia in data 13 luglio 2011; la Corte d’appello di Firenze, pertanto, stimava
congruo l’aumento di tre mesi della pena di cinque mesi di reclusione già irrogata dalla Corte
d’appello di Venezia, pervenendo così alla pena complessiva di otto mesi di reclusione.
Avverso la sopracitata sentenza della Corte d’appello di Firenze il Renda propone ricorso per
Cassazione, a mezzo del proprio difensore.
A sostegno dell’impugnazione la difesa deduce un unico motivo, con il quale lamenta carenza di
motivazione in ordine alla determinazione della pena, in quanto il giudice di secondo grado, pur
avendo accolto il motivo di gravame concernente il riconoscimento del vincolo della
continuazione, ha tautologicamente motivato in merito alla congruità della pena, apportando un
aumento eccessivo, senza richiamare i requisiti ex art. 133 c.p. né indicare le ragioni del proprio
giudizio.
Il ricorso è manifestamente infondato e, per l’effetto, inammissibile.
Osserva la Corte che correttamente la Corte d’appello ha motivato in merito alla congruità della
pena irrogata; detta motivazione non può definirsi generica, in quanto riferibile ai fatti
complessivamente addebitati all’imputato.
Il ricorso è inoltre privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591 lett.
c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da
illogicità.
Questa corte ha stabilito che “La mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti prescritti
dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto
medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti
cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di
inammissibilità”. (Cass. pen., sez 1, 22.4.97, Pace, 207648);
Va pertanto dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000;

ingiusto profitto.

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Roma, 12 gennaio 2016

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