Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 141 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 141 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 22/11/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso
la Corte d’Appello di Cagliari in data 29.11.2012 nel procedimento nei
confronti di Caddia Gavino, n. a Sassari il 09.09.1984, avverso la
sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Cagliari n. 10277/2011 del 21.11.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
sentita la requisitoria del sostituto procuratore generale dott.
Gianluigi Pratola, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento del
provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Cagliari

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di
Cagliari ha adito la Suprema Corte di Cassazione chiedendo

1

l’annullamento della sentenza emessa dal giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Cagliari in data 21.11.2012 con la
quale, nel rigettare la richiesta di emissione di decreto penale di
condanna per il reato di cui all’art. 640 cod. pen. nei confronti di
Caddia Gavino, pronunciava sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. di
non doversi procedere a carico dello stesso per insussistenza del
fatto. Nella motivazione del provvedimento, il giudice per le indagini

preliminari presso il Tribunale di Cagliari precisava che la fattispecie,
così come delineata, non ricadeva nel disposto dell’art. 640 cod. pen.
non potendosi ritenere, sulla base delle prospettazioni rese in
querela dalla persona offesa Cabua Anacleto, la ricorrenza di
condotte di artificio o raggiro da parte dell’imputato, potendosi
semmai riconoscere una mera violazione degli obblighi nascenti dal
contratto di vendita.
2. Denunzia il ricorrente:
– mancanza di motivazione su un passaggio essenziale della decisione
(in particolare, in ordine alla sussistenza degli artifizi o raggiri);
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale (in
particolare, dell’art. 640 cod. pen.).
Lamenta l’istante che, per pronunciare detta sentenza, il giudice per
le indagini preliminari avesse omesso di motivare e di fornire una
valutazione sulla complessiva condotta che comprendeva sia i
contatti fra le parti attraverso un sito ufficiale, affidabile e garantito,
sia le assicurazioni sul proprio possesso del bene in contrattazione,
che, infine, lo scambio di dati reali (generalità, numeri di postepay)
e la successiva sparizione dell’offerente nonostante le pregresse
assicurazioni. Ma non solo. Si lamenta altresì del fatto che il giudice
per le indagini preliminari si fosse limitato a considerare unicamente
il fatto oggettivo che l’imputato non avesse inviato il bene
all’acquirente per arrivare ad affermare in modo apodittico che la
condotta appariva penalmente irrilevante ed azionabile solo
attraverso una tutela in ambito civilistico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Due premesse in ordine al rito si rendono doverose.
Invero, va preliminarmente osservato come avverso la sentenza

2

pronunciata dal giudice per le indagini preliminari a norma dell’art.
129 cod. proc. pen., in conformità dell’orientamento
giurisprudenziale ormai consolidatosi (Cass., Sez. un., n. 43055 del
30 settembre 2010, dep. 03 dicembre 2010, Della Serra, rv.
248378), è stato correttamente esperito il presente gravame
essendosi affermato che l’individuazione del mezzo di impugnazione
esperibile avverso detto provvedimento deve fare riferimento

necessariamente all’art. 568, comma 2, cod. proc. pen., il quale
dispone che sono sempre soggette a ricorso per cassazione le
sentenze, salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a
conflitto di giurisdizione o competenza a norma dell’art. 28 dello
stesso codice.
In merito al rito, va ulteriormente evidenziato come l’osservanza nel
giudizio di legittimità delle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen. è
prevista dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., solo nei casi
espressamente previsti (Cass., Sez. 1, n. 3379 del 05 giugno 1995,
dep. 15 settembre 1995, Piconi, rv. 202410).
Nella fattispecie, l’adozione delle forme di cui all’art. 127 cod. proc.
pen. in ipotesi di procedimento che avrebbe imposto l’adozione
dell’udienza camerale cd. non partecipata non ha determinato alcuna
violazione del contraddittorio, avendo al contrario garantito ad
entrambe le parti una facoltà di partecipazione che solo la parte
pubblica ha inteso onorare.
4. In punto di diritto, va rammentato che, sempre secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass., Sez. 2, n. 1631
del 12 dicembre 2012, Pg in proc. Rouane, rv. 254449), nel caso in
cui il pubblico ministero abbia richiesto l’emissione del decreto
penale di condanna, ai sensi dell’art. 459, comma 3 cod. proc. pen.,
il giudice per le indagini preliminari, qualora ritenga di non accogliere
la richiesta, deve restituire gli atti al pubblico ministero a meno che
non ritenga, ricorrendone i presupposti, di pronunciare sentenza di
proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.. Tuttavia, in tal
caso, la sentenza di proscioglimento può essere pronunciata solo per
una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc. pen.
e non anche per – sostanziale – mancanza, insufficienza o
contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530, comma 2 cod.
proc. pen. che si riferisce alla sola sentenza conclusiva pronunciata a

3

seguito del dibattimento nel quale si è formata la prova (cfr., Cass.,
Sez. un., n. 18 del 25 ottobre 1995, rv. 202375; Cass., Sez. 1, n.
3787 del 31 marzo 1994, rv. 198713; Cass. n. 38599/2005, rv.
232950; Cass. n. 4186/2007, rv. 238431).
5.

È vero che, nel caso di specie, il giudice per le indagini preliminari ha
pronunciato sentenza di proscioglimento con formula piena ma, in
realtà, ove appena si legga detta sentenza cum grano salis, è facile

accorgersi come il giudice abbia fatto ricorso ad argomenti del tutto
apodittici e privi di alcun riscontro probatorio riguardo alla pretesa
insussistenza del reato di truffa: il giudice di merito, infatti, ha
ritenuto che la fattispecie in contestazione non ricadesse nel disposto
dell’art. 640 cod. pen. non potendosi intravvedere, secondo la stessa
prospettazione accusatoria fondata sulla querela della persona
offesa, condotte di artificio e raggiro da parte dell’imputato e
dovendosi, di contro, ritenere integrata la violazione degli obblighi
nascenti dal contratto di vendita con conseguente configurabilità di
un illecito di sola natura civilistica.
Una siffatta motivazione esula dall’obbligo di immediata declaratoria
di cui all’art. 129 cod. proc. pen. e, in particolare, dall’ambito della
dichiarata insussistenza del fatto, posto che – come correttamente
riconosciuto dal procuratore generale impugnante – un principio di
prova era rinvenibile nella stessa materialità della condotta da parte
di colui che riesce a farsi consegnare (nella forma di una cd. ricarica
di

postepay)

una somma di denaro da parte di un terzo,

approfittando dell’affidamento reciproco che ormai accompagna le
nuove forme di vendita via internet e che, per giungere a tale
risultato, dichiara di essere in possesso di un bene di interesse del
suo interlocutore e di essere disposto a cederlo per un prezzo
assolutamente conveniente, fornisce i reali dati della propria
postepay e il proprio nominativo, in tal modo finendo con il
sorprendere la buona fede e le aspettative dell’acquirente circa la
regolarità dell’affare , per poi sparire (sia telefonicamente che
personalmente) dopo l’incasso del bonifico omettendo di consegnare
al compratore quanto contrattato.
6.

Invero, è del tutto ingiustificato ed erroneo parificare la ritenuta
inadeguatezza del grado probatorio richiesto per la affermazione di
responsabilità ai presupposti che presiedono all’obbligo di immediata

4

declaratoria ex art. 129 cod. proc. pen.. Si tratta, pertanto, di un
caso in cui la eventuale necessità di approfondimento della prova
avrebbe dovuto determinare, ai sensi dell’art. 459, comma 3 cod.
proc. pen., la restituzione degli atti al pubblico ministero perché
proseguisse con le forme ordinarie ma giammai l’ingiustificata
negazione di qualsiasi fondamento probatorio dell’accusa.
7. In conclusione, il proscioglimento, sotto il profilo fattuale, è privo di

sono meramente assertorie e, sotto il profilo giuridico, è carente
perché non spiega le ragioni per le quali la condotta tenuta
dall’imputato non possa integrare gli estremi del contestato reato di
truffa: da ciò consegue, in accoglimento del gravame,
l’annullamento del provvedimento impugnato e la trasmissione degli
atti al Tribunale di Cagliari

PQM

Annulla il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli
atti al Tribunale di Cagliari.
Così deliberato in Roma il 22.11.2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea Pellegrino

Dott.ssa Matilde Cammino

qualsiasi riscontro probatorio in quanto le affermazioni del giudice

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