Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14044 del 09/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 14044 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI BONAVENTURA GIANLUIGI N. IL 18/11/1983
avverso la sentenza n. 2267/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 12/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per k

i o, per la parte civile, l’Avv
Uditi! difensoreAvv.

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Data Udienza: 09/03/2016

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 12/11/2014 la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la
decisione di primo grado che aveva condannato alla pena di giustizia e al
risarcimento dei danni Gianluigi Bonaventura, avendolo ritenuto responsabile dei
reati di cui agli artt. 594 cod. pen. (capo a), 651 cod. pen. (capo b), art. 2 I. n.
1423 del 1956 (capo c).
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.

aveva rilevato l’estinzione per prescrizione delle contravvenzioni di cui ai capi b)
e c).
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizi
motivazionali, in relazione alla ritenuta esclusione della causa di non punibilità di
cui all’art. 599, comma secondo, cod. pen.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato, giacché i due reati contravvenzionali di
cui ai capi b) e c), entrambi commessi in data 29/09/2008, si sono estinti per
prescrizione il 23/01/2014, anche a voler considerare, in aggiunta all’ordinario
termine massimo quinquennale di cui agli artt. 157, comma primo, e 161,
comma secondo, cod. pen., i centosedici giorni di sospensione di cui al d.l. n. 39
del 2009, Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici
nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di
protezione civile, conv. con I. n. 77 del 2009.
Ne discende che, in assenza di evidenti ragioni giustificative di una pronuncia ai
sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la sentenza impugnata va
annullata senza rinvio per essere gli indicati reati estinti per prescrizione.
Deve aggiungersi, al riguardo, che, sebbene le persone offese si siano costituite
parte civile anche in relazione al reato di cui al capo b), la sentenza di primo
grado ha accolto la pretesa risarcitoria solo con riguardo al delitto di cui al capo
a), con statuizione non impugnata.
Ne discende che non vi è luogo ad alcuna decisione, ai sensi dell’art. 578 del
codice di rito.
2. Con riferimento al reato di cui all’art. 594 cod. pen. (capo a), va solo rilevato
che l’art. 1 del d. Igs. n. 7 del 2016 ne ha determinato l’abrogazione dal
06/02/2016.
Ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, ai sensi
dell’art. 2, comma secondo, cod. pen., perché il fatto non è più previsto dalla
legge come reato.

1

2.1. Con il primo motivo si rileva che erroneamente la Corte territoriale non

Deve aggiungersi che la decisione comporta, altresì, la revoca delle statuizioni
civili.
Il Collegio è consapevole del fatto che la scelta del legislatore delegato di
distinguere formalmente un gruppo di reati abrogati, ma, a determinate
condizioni, assoggettati ad una cd. sanzione pecuniaria civile (art. 4 del d. Igs. n.
7 del 2016), da un altro gruppo di fattispecie oggetto di depenalizzazione e
riconfigurate in termini di illecito amministrativo (d. Igs. n. 8 del 2016), può, in
astratto, condurre a qualificare, attraverso una valutazione di carattere

in termini punitivi tali da consentire di individuare, anche nell’intervento
abrogativo che riguarda gli illeciti assoggettati a tale sanzione, una
depenalizzazione, che aprirebbe le porte all’applicazione analogica del
meccanismo delineato dall’art. 9 del d. Igs. n. 8 del 2016 e del principio del quale
è espressione l’art. 578 cod. proc. pen.
Tale soluzione appare tuttavia, de iure condito, collidere con il fatto che l’art. 12,
comma 1 del d. Igs. n. 7 prevede, altresì, il potere – dovere del giudice di
applicare le cd. sanzioni pecuniarie civili ai fatti commessi anteriormente alla
data di entrata in vigore del decreto, con il solo limite della irrevocabilità della
decisione penale.
Ne discende che, si applicasse l’art. 9, comma 3, secondo periodo del d. Igs. n. 8
del 2016 anche nei procedimenti aventi ad oggetto reati abrogati dal d. Igs. n. 7
e rientranti nell’elenco di cui all’art. 4 dello stesso d. Igs., si imporrebbe anche
alla Corte di Cassazione, quale giudice dell’impugnazione, di compiere valutazioni
di merito, alla stregua dei criteri di cui all’art. 5 del d. Igs. n. 7, sulla base di
elementi fattuali che le parti avrebbero diritto di sottoporre al giudice, in quanto
rimasti estranei al contraddittorio nel processo penale (si pensi all’arricchimento
del soggetto responsabile o alle condizioni economiche dell’agente).
E se è vero che la destinazione delle sanzioni civili alla Cassa delle Ammende
(art. 10 d. Igs. n. 7 del 2016) esclude che possa essere la parte civile a dolersi di
una incompleta istruttoria, è però anche vero che la lesione del diritto di difesa
potrebbe essere lamentata dall’imputato che, nel corso del processo di merito,
non aveva alcun interesse a contraddire su profili – come il suo arricchimento o
le sue condizioni economiche – irrilevanti, all’epoca, ai fini della decisione.
E ciò, infine, senza dire che l’art. 8, comma 4, del d. Igs. n. 7 del 2016 prefigura,
anche per l’irrogazione della sanzione pecuniaria civile, l’applicabilità delle
disposizioni del codice di procedura civile.
La soluzione che sembra imposta dal silenzio del legislatore, allora, ossia quella
della

generale

caducazione

delle

statuizioni

civilistiche,

per

effetto

dell’abrogazione del reato oggetto del procedimento, lascia aperta la questione
2

sostanziale, la sanzione pecuniaria civile delineata dall’art. 4 del d. Igs. n. 7 cit.

della violazione del principio di ragionevole durata del processo (art. 111, comma
secondo, Cost.), in quanto, per i procedimenti in corso, costringe la parte civile a
promuovere un nuovo processo nel quale far valere le proprie pretese.
E, tuttavia, il carattere transitorio dell’inconveniente e la sua riconducibilità
all’alea alla quale si espone il danneggiato che scelga di esercitare l’azione civile
nel processo penale (si veda, di recente, ad es. Corte cost. 29 gennaio 2016, n.
12) rendono tali dubbi manifestamente infondati.
P.Q.M.

fatto non è previsto dalla legge come reato e, quanto alle contravvenzioni,
perché estinte per prescrizione.
Così deciso in Roma il 09/03/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, quanto al reato di ingiuria, perché il

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