Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14031 del 26/01/2016

Penale Sent. Sez. 5 Num. 14031 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AA

avverso la sentenza n. 2980/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
18/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 26/01/2016

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Stefano Tocci, ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Mercuri, la quale insiste per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

AA è stato condannato dal giudice per l’udienza

pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione, oltre pene accessorie, per il reato
di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commesso in
qualità di amministratore fino al maggio 2008 della SPEED PROJECT SRL,
dichiarata fallita dal tribunale di Pistoia il 26 febbraio 2009. La Corte
d’appello di Firenze ha confermato integralmente la sentenza di primo
grado.
2.

Contro la sentenza di appello propone ricorso per cassazione il

difensore dell’imputato per i seguenti motivi:
a.

erronea applicazione degli articoli 216, 223 della legge
fallimentare, in relazione alle fatture 55, 84 del 2005;
sostiene il ricorrente che le distrazioni debbano essere
connotate, sul piano soggettivo, dalla coscienza e volontà di
porre in essere condotte pregiudizievoli per i creditori, ai quali
vengono sottratte garanzie e cespiti. Nel caso di specie, le
fatture numero 55, 84 sono state emesse nel momento di
massima floridezza della società, quando la situazione
economica era tale da non fare assolutamente presagire una
situazione di insolvenza o di decozione. Le condotte, dunque,
afferma la difesa, non sono sorrette dalla consapevole volontà
di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da
quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

b.

Manifesta illogicità della sentenza in relazione alle fatture 38 e
12 del 2008, nonché 127 del 2007; sotto tale profilo si
osserva che la fattura 127 risulterebbe pagata con assegno
intestato alla società e pertanto la non trasferibilità del titolo
esclude che lo stesso possa essere stato incassato senza il
versamento su un conto dell’impresa. Quanto alla fattura 38,
il pagamento sarebbe stato effettuato mediante bonifico.
Quanto, infine, alla fattura numero 12, nessun accertamento
1

preliminare del tribunale di Pistoia, all’esito di giudizio abbreviato, alla

risulta effettuato sull’automobile ceduta in permuta alla
società e sull’assegno per la differenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato,
nella sua prima parte, atteso che, secondo la ricostruzione operata dai
giudici di merito, l’imputato si sarebbe appropriato di somme di

destinazione delle somme dalla loro naturale funzione sociale, ma anche
il conseguente impoverimento patrimoniale.
2. Quanto alla mancata sussistenza di un nesso causale tra la
condotta ed il fallimento, ed al conseguente elemento soggettivo, questo
collegio ritiene di aderire all’orientamento maggioritario, secondo il quale
“Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale
non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione
ed il successivo fallimento, ma è sufficiente aver cagionato il
depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi
estranei alla sua attività” (Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014 – dep.
18/11/2014, Simone, Rv. 261683; Massime precedenti Conformi: N. 232
del 2013 Rv. 254061, N. 7545 del 2013 Rv. 254634, N. 27993 del 2013
Rv. 255567, N. 11793 del 2014 Rv. 260199, N. 26542 del 2014 Rv.
260690).
3. Il secondo motivo è generico ed introduce censure di merito che
non sono ammissibili in sede di legittimità, a fronte di una motivazione
che non presenta vizi logici evidenti. In ogni caso, il motivo è altresì
inammissibile ai sensi del terzo comma, ultima parte, dell’art. 606 c.p.p.,
atteso che mancava un analogo motivo d’appello. Con l’impugnazione
della sentenza di primo grado, infatti, l’imputato aveva affermato di aver
rimborsato il valore delle somme portate dalle fatture, mentre oggi
sostiene che le somme erano state incassate effettivamente dalla
società. Sul punto si veda la sintesi dei motivi di appello alla pagina 4
della sentenza di secondo grado.
4.

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616
c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che
lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.

2

spettanza della società e dunque è evidente non solo la deviazione della

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 26/01/2016

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