Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 14026 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 14026 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELOTTI ROBERTO N. IL 18/04/1972
avverso la sentenza n. 442/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
04/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VES SICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
2/e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

h.

a, 1(044o

Data Udienza: 10/01/2014

P

Fatto e diritto

Proporre ricorso per cassazione Belotti Roberto, avverso la sentenza della Corte d’appello di
Brescia, in data 4 aprile 2013, con la quale, per quanto qui di interesse, è stata confermata la
condanna inflitta in primo grado, in ordine al reato di cui all’articolo 595 c.p.
L’imputato è stato ritenuto responsabile di avere leso la reputazione di Finazzi Erika,
effettuando ripetute chiamate telefoniche sul suo luogo di lavoro e riferendo, ai colleghi della
querelante, espressioni gravemente offensive sul conto di quella: fatti commessi dal 21 luglio

Deduce il vizio della motivazione per effetto del quale, il giudice dell’appello, sostenendo che la
condotta si sarebbe protratta per oltre un mese nonostante che nel capo d’imputazione fosse
contestata con riferimento al periodo di una settimana, non avrebbe esplicitato argomenti
convincenti a sostegno della tesi accusatoria proprio con riferimento al periodo in
contestazione ed inoltre avrebbe commisurato la pena in maniera non congrua alla effettiva
durata dei fatti di rilievo penale.
Il ricorso è inammissibile.
La questione, posta nel ricorso, della pretesa assenza di prova del reato con riferimento al
periodo in contestazione nel capo d’imputazione, non può essere esaminata in questa sede,
essendo divenuta oggetto di preclusione dal momento che, con i motivi di appello,
l’impugnante aveva investito la Corte territoriale soltanto del tema relativo al trattamento
sanzionatorio.
Ad ogni buon conto, la questione si rivelerebbe manifestamente infondata dal momento che,
nella sentenza impugnata, si evidenzia come la prova fondante sia costituita dall’esame dei
tabulati telefonici i quali non possono non avere una stretta correlazione con le date delle
singole telefonate nelle quali sono consistiti i comportamenti di cui all’imputazione.
Quanto al denunciato vizio di motivazione concernente proprio l’entità del trattamento
sanzionatorio, deve ritenersi che la commisurazione dello stesso alla durata del reato, come
conclusivamente indicata nella misura sopra ricordata, non sia manifestamente illogica e
comunque non meritevole di censura.
Invero, l’attenzione del giudice dell’appello era stata richiamata proprio su una questione dello
stesso genere, avendo il giudice di primo grado errato nel valutare un comportamento
protrattosi per oltre due anni e mezzo, nonostante che il tenore dell’imputazione imponesse
una valutazione circoscritta al periodo in contestazione, pari a poco più di una settimana.
Ebbene, la Corte territoriale, nel dare atto di tale errore del primo giudice e quindi, nel
dimostrare di avere preso esatta cognizione della precisa formulazione del capo di
imputazione, è poi incorso in un errore da ritenersi meramente materiale, laddove ha
affermato che è in contestazione un periodo di “poco più di un mese” invece che un periodocome rilevabile dal capo di imputazione-“di poco più di una settimana”.
Tale errore materiale non risulta avere influenzato, in maniera sostanziale, il ragionamento
sulla determinazione del trattamento sanzionatorio, atteso che la determinazione di negare le
attenuanti generiche e di non irrogare la sola pena pecuniaria è derivata, non certo
dall’apprezzamento della durata del reato in discussione, ma dalla circostanza che l’imputato è
stato già condannato per altro reato di molestie e per altro reato di minacce continuate, così
dimostrando di volere persistere in comportamenti di disturbo la persona, analoghi a quelli in
esame.
La doglianza è dunque manifestamente infondata.
1

2006.
È stato, perciò, condannato alla pena di 20 giorni di permanenza domiciliare.

(

eh,

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
In base al principio della soccombenza, l’imputato è tenuto a rifondere le spese sostenute, nel
presente grado, dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000, nonché alla
rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in euro 2000, oltre
accessori come per legge .
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2014

Il Presidente

il Cons. est.

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