Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1402 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1402 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIAMPAOLO ANTONIO N. IL 15/02/1961
avverso la sentenza n. 2059/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona dele2ott. het4,t_ 6u nkcie u,Q1–fo 3,41.1.444:7
che ha concluso per ì’,Q. ,„
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Data Udienza: 05/11/2013

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RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe,
ha confermato, quanto all’affermazione di responsabilità, la sentenza
emessa dal Tribunale di Alba – sez. Bra, che, in data 28 settembre
2011, aveva dichiarato l’odierno ricorrente colpevole di tentata truffa
aggravata (capo F: fatto commesso in Cuneo in data di poco

previa esclusione delle contestate aggravanti, e tenuto conto della già
riconosciute attenuanti generiche
2. Avverso tale provvedimento, l’imputato (sia personalmente che
con l’ausilio di un difensore iscritto nell’apposito albo speciale) ha
proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come
disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
ricorso redatto dal difensore:
I – inosservanza dell’art. 124 c.p.p., nonché contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta
tempestività della querela, presentata il 6 maggio 2006, ad avviso del
difensore tardivamente (il reato è, infatti, divenuto procedibile a
querela di parte a seguito dell’esclusione in appello delle contestate
aggravanti), dovendo ritenersi acquisita, da parte della p.o., la
consapevolezza della presunta condotta truffaldina dell’imputato
quanto meno a partire dal gennaio del 2006, momento della ricezione
della conferma dell’asseritamente mai effettuato ordine di acquisto de

quo;
Il

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con

riferimento all’affermazione di responsabilità per la tentata truffa.
Ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata,
con le conseguenze di legge.

ricorso sottoscritto personalmente dall’imputato:
I – motivazione contraddittoria ed omessa in relazione agli
elementi integranti la tentata truffa, nonché violazione ed erronea
applicazione degli artt. 56/640 c.p.

successiva al 3 gennaio 2006); la Corte di appello ha ridotto la pena,

2
Ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata,
con adozione di tutti i provvedimenti di rito.

In data 18 ottobre 2013 l’imputato ha depositato una memoria,
nella quale reitera le proprie doglianze.

3. All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità

e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti,
pubblicato mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché l’azione
penale non poteva essere esercitata per difetto di querela.

1. Può ritenersi accertato (cfr. f. 20 della sentenza impugnata) che
la querelante (dopo l’incontro con l’imputato, all’esito del quale la sua
buona fede sarebbe stata truffaldinamente carpita, ed ella sarebbe
stata indotta – senza rendersene conto – a sottoscrivere un ordine di
acquisito delle merci delle quali l’imputato era rappresentante di
commercio) aveva ricevuto dalla società GIADA (per la quale
l’imputato agiva) la richiesta di pagamento del denaro costituente
prezzo di acquisto della predetta merce in data 3 gennaio 2006, «ciò
che fece sorgere i primi sospetti nella donna, che portarono ad una
missiva di un legale alla GIADA».
Tanto premesso in fatto, ha osservato la Corte di appello che
«non vi è peraltro prova agli atti che la risposta della GIADA sia
pervenuta in termini tali da rendere chiara e certa in tutti i profili la
sussistenza di un reato di truffa, in termini tali da rendere
intempestiva la querela predetta. Era onere dell’imputato fornire tali
elementi concreti sufficienti a fare constatare la intempestività della
querela, ed in assenza di ciò per il principio del favor querelae (..) la
querela deve ritenersi tempestiva (nel senso che “qualora venga
eccepita la tardività della querela, la prova deve essere fornita dal
deducente, risolvendosi a vantaggio del querelante la situazione di

2

degli avvisi di rito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe,

3

incertezza. (..) Del resto (…) gli atti di appello stessi non fanno
derivare dalla esclusione delle aggravanti la richiesta di NDP per difetto
di querela ma limitano la richiesta al piano sanzionatorío».

1.1. Trattasi di rilievi erronei sotto più profili.

1.1.1. Va, in primo luogo, evidenziato che – attesa la evidente

per difetto di tempestiva querela avrebbe potuto e dovuto essere
rilevata anche d’ufficio dalla Corte di appello ex art. 129, comma 1,
c.p.p. («In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale
riconosce che … manca una condizione di procedibilità lo dichiara di
ufficio con sentenza»), a nulla rilevando, quindi, l’esistenza o meno
di un espresso motivo di appello ad hoc.

1.1.2. Inoltre, pur dovendo essere ribadita la correttezza del

principio di diritto al quale la Corte di appello ha dichiarato di volersi
conformare, deve rilevarsi che l’imputato ha senza dubbio soddisfatto
l’onere della prova dell’intempestività della querela su di sé
incombente attraverso la dimostrazione della ricezione, da parte della
p.o., della sopra indicata richiesta di pagamento, sicuramente idonea a
chiarire alla donna di essere in ipotesi rimasta vittima di una truffa,
atteso che ella, sempre in ipotesi, doveva al contrario essere ben
consapevole di non aver effettuato alcuna ordinazione, e quindi che
non avrebbe dovuto esserle reclamabile il pagamento di alcun
corrispettivo.
Non può, infatti, ritenersi che l’imputato sia gravato dall’onere
ulteriore di dimostrare in quale preciso istante il

deceptus abbia

compreso di essere stato raggirato, poiché, in tal modo, lo si
graverebbe all’evidenza di una

pro batio diabolica,

riguardante un

processo mentale interno alla psiche del querelante e quindi
indimostrabile.

1.1.3. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio
perché (per effetto dell’esclusione in appello delle circostanze aggravanti

3

ammissibilità dell’appello (in parte accolto), l’eventuale improcedibilità

4
che rendevano il reato contestato procedibile di ufficio) l’azione penale
non poteva essere esercitata per difetto di tempestiva querela.

2. Risultano, per effetto di tal decisione, assorbite tutte le ulteriori
doglianze difensive, poiché la declaratoria di improcedibilità per difetto
di querela prevale su ogni altra formula assolutoria, ostando a
qualsiasi altra indagine in fatto (in argomento, cfr. Cass. pen., Sez.

Cass. n. 245163).

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale
non poteva essere esercitata per difetto di tempestiva querela.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 5 novembre 2013.

un., sentenza n. 49783 del 24 settembre – 29 dicembre 2009, CED

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