Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1401 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1401 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Selmani Dritan, n. a Diber (Albania) il 28.3.1985
avverso la sentenza del 29.6.2015 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo dichiarare l’inammissibilità
del ricorso;
udite le conclusioni del difensore, avv. Giribaldi Nicola, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 29 giugno 2015 la Corte di Appello di Firenze dichiarava
la sussistenza delle condizioni di legge per l’accoglimento della domanda di
estradizione avanzata dalla Repubblica di Albania del cittadino albanese Dritan
Selman ai fini dell’esecuzione della sentenza della Corte di Appello di Tirana del
21 gennaio 2011, divenuta irrevocabile in pari data. Nella sentenza impugnata si
dà atto della nota della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tirana
dalla quale si evince che il Dritan deve scontare la pena di anni due e mesi
quattro di reclusione, quale residuo di quella inflittagli. Il Selmani è stato
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Data Udienza: 17/11/2015

condannato per il reato di traffico di sostanze stupefacenti, reato previsto
dall’art. 283/1 del cod. pen. albanese, commesso a Durazzo il 25 agosto 2008.
2. Ricorre per cassazione il difensore del Dritan che, con unico motivo,
deduce la mancanza e/o illogicità della manifesta della motivazione e il vizio di
violazione di legge cui all’art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen..
Assume che, in violazione del disposto degli artt. 125, 192 e 546, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen. – che costituiscono attuazione dei principi del giusto processo
e dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari previsto dall’art. 111,

Selmani ha dato esecuzione ad una sentenza di condanna che non motiva sul
fondamento della responsabilità ponendosi, così, in contrasto sia con la
Costituzione che con le varie convenzioni per la salvaguardia dei diritti umani.
Tale omissione ha inciso negativamente sui meccanismi di tutela previsti dal
nostro ordinamento, in sede di procedimento di estradizione.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato
inammissibile.
2. Le deduzioni difensive, innanzi sintetizzate, sono del tutto generiche e
meramente assertive a fronte della motivazione della sentenza impugnata nella
quale, con motivazione congrua, rapportata alla natura del provvedimento
adottato ed ai correlativi poteri del giudice nel valutare la sussistenza delle
condizioni che ne legittimano l’esercizio.
3. Nella sentenza impugnata, si dà atto, infatti, che l’estradizione è stata
disposta in relazione ad una sentenza di condanna esecutiva nella quale vengono
indicate la condotta di reato, il luogo e il tempo della commissione, e la relativa
qualificazione giuridica rispetto alle norme dell’ordinamento dello Stato
richiedente, indicazioni, queste che costituiscono gli elementi essenziali ai fini del
controllo demandato al giudice in materia di estradizione per l’estero. Né la Corte
di Appello di Firenze era tenuta a motivare sul fondamento della condanna
essendo tale valutazione superflua in caso di estradizione fondata su un titolo
esecutivo poiché la valutazione della colpevolezza è stata effettuata nel giudizio
svoltosi nello Stato richiedente, attestato dalla sentenza di condanna. Si è
osservato, in tema di estradizione per l’estero regolata dalla Convenzione
europea di estradizione del 13.12.1957, che finanche la trasmissione del solo
dispositivo della sentenza di condanna per la cui esecuzione l’estradizione è
richiesta dà luogo ad un mero vizio formale della domanda che non ne giustifica
la reiezione, in quanto non spetta allo Stato richiesto il sindacato sulla
motivazione della sentenza, a meno che l’estradando non alleghi la violazione,
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comma 6, Cost.- la sentenza con la quale è stata disposta la estradizione del

nel processo svoltosi all’estero, di diritti fondamentali o la presenza nella
sentenza di disposizioni contrarie a principi fondamentali dell’ordinamento
giuridico dello Stato italiano (Sez. 6, sentenza n. 12501 del 9 gennaio 2008,
Antonik, Rv. 239152), allegazioni che, nel caso di specie, l’estradando non ha
dimostrato di avere dedotto dinanzi alla Corte di appello e che ha dedotto solo
con i motivi di ricorso in termini meramente assertivi ed apodittici che,

prima

facie, non hanno fondamento nel contenuto della Convenzione di Estradizione
del 13.12.1957 che, per quanto concerne l’Albania, è stata seguita dall’Accordo

in materia.
5. Devesi, infine, rilevare che, in materia di esecuzione di mandato di
arresto internazionale, si è precisato che il riferimento alla esecuzione della
sentenza che contenga disposizioni contrarie ai principi fondamentali
dell’ordinamento giuridico italiano, è riferibile all’esecuzione del trattamento
sanzionatorio da scontare, e che, i principi e le regole contenuti nella
Costituzione della Repubblica, attinenti al giusto processo, sono circoscritti, in
via generale, alle clausole di salvaguardia dei principi costituzionali nazionali ed
ai soli principi comuni di cui all’art. 6 TUE ( cfr. Sez. U., sentenza n. 4614 del
30/1.2007, Ramoci, Rv. 235349), non richiedendosi che l’ordinamento dello
Stato emittente presenti le stesse garanzie attinenti al “giusto processo”
contenute nell’ordinamento italiano ed essendo sufficiente, infatti, che esso
rispetti i principi garantiti dalle Carte sovranazionali e in particolare dall’art. 6
della Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Si è, così, pervenuti alla
conclusione che non rileva, ai fini della decisione sulla consegna, il fatto che
l’ordinamento dello Stato emittente presenti garanzie che possano apparire, in
tesi, meno soddisfacenti di quelle dell’ordinamento italiano quanto alle specifiche
norme che si ispirano ai principi di oralità e del contraddittorio, ma è necessario
che esso rispetti i relativi principi garantiti dalle Carte sovranazionali, e, in
particolare, dall’art. 6 della CEDU, cui si richiama l’art. 111 Cost.. Analoghi
principi valgono in materia di estradizione in ragione della comune necessità,
sottostante ai due istituti, di assicurare la più ampia collaborazione fra gli Stati in
materia giudiziaria.
6. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del
2000) – di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, sì stima equo determinare in Euro 1.500,00.
P.Q.M.

3

aggiuntivo ratificato il 14.6.2011 con I. n. 97 del 14.6.2011 che nulla ha innovato

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203, disp. att. cod.
proc. pen..

Così deciso in Roma, il 17.11.2015

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