Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1401 del 05/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 1401 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

surricors6 proposti> da:
FRANCO PAOLO N. IL 27/09/1947
SPADAFORA GIUSEPPE N. IL 06/12/1973
BEVILACQUA FRANCESCO N. IL 13/08/1979
avverso la sentenza n. 926/2004 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 27/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
u-aTfo
Udito il Procuratore Generale in persona deltPott. XArtek.
che ha concluso iper
cA4k.
tuky-Lt WL’ QuANvivu
Jak9.42. yt4.44,_ \fejt
M M -F-0R
cuAlz 2-1%
-1.0if o
cPir›-o .9,i ■ ZA.4.kl.u.AAAZ/v)-:14-ì4
et,Z urco-:
et=
Adtplzi<1_ 'uvA 4- Geo/ estz d ovt_ e.cco A-0 u)/ 1 ^Jt&Q k 'Utt24-ZL.— Udito, per la parte civile, l'Avv Data Udienza: 05/11/2013 ‘4,q -2.44 I RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Locri in composizione monocratica che, in data 2 aprile 2004, aveva dichiarato gli odierni ricorrenti colpevoli di concorso nella ricettazione di particolare tenuità di una scheda SIM provento di furto denunziato in data 22 ritenute le circostanze attenuanti generiche in favore del solo SPADAFORA - alle pene per ciascuno ritenute di giustizia. 1.1. Deve, in proposito, immediatamente evidenziarsi che, pur a fronte di una più ampia contestazione, riguardante la ricezione di «un telefono cellulare marca Motorola Mod. Star Tac 85 completo di scheda SIM con due microprocessori uno avente n. 0348 - 2653578 OMNITEL e l'altro con il n. 0347 - 6849703 OMNITEL, provento di furto denunciato da MAGNO BERNARDO in data 22.01.1999 presso i CC Stazione di Bologna - Arcoveggio. In Ardore, accertato nel maggio 1999» (cfr. capo di imputazione riportato in epigrafe della sentenza di primo grado), e pur se il dispositivo della sentenza di primo grado dichiara gli odierni ricorrenti colpevoli «del reato a loro ascritto in rubrica», la motivazione del Tribunale è all'evidenza chiara e netta nell'affermare la responsabilità dei tre unicamente in relazione alla ricettazione di una scheda SIM (quella utilizzata per effettuare molestie telefoniche in danno di BEVILACQUA ROSARIA, che avevano dato il via alle odierne indagini): «Per quanto attiene alla condotta posta in essere dagli odierni imputati, non vi è dubbio che la stessa rientri in una di quelle previste dall'art. 628 [rectius, 648] c.p., avendo il FRANCO, il BEVILACQUA e lo SPADAFORA ricevuto ed utilizzato più volte la scheda telefonica di proprietà del MAGNO a lui precedentemente asportata. La sussistenza dell'elemento psicologico è, poi, pienamente provata dal fatto che gli odierni imputati hanno utilizzato una scheda telefonica sui loro apparecchi conoscendone la provenienza delittuosa, in quanto nessuno di loro era il titolare della stessa, e non essendo questa pervenuta in loro possesso secondo le normali regole del commercio in tale settore». gennaio 1999, accertata nel maggio del 1999, condannando tutti - 2 1.2. Altrettanto trasparente appare la volontà della Corte di appello di confermare (tra l'altro, in difetto di un appello del P.M., il che precludeva tout court la possibilità di modificare in peius il dictum del Tribunale) la predetta pronunzia. 2. Avverso tale provvedimento, gli imputati (tutti con l'ausilio di difensori iscritti nell'apposito albo speciale) hanno proposto ricorso per strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.: ricorso FRANCO PAOLO: I - inosservanza od erronea applicazione dell'art. 648 c.p. in relazione agli artt. 187, 192 e 533 c.p.p., per insufficienza della prova oltre ogni ragionevole dubbio della commissione del reato (lamenta, in concreto, che l'imputato sia stato condannato sulla base di un mero e singolo indizio, per giunta in mancanza della prova del necessario elemento soggettivo (per difetto di consapevolezza), essendo stato valorizzato unicamente l'accertamento di aver fatto telefonate di molestia ad una donna, inserendo sul proprio telefono cellulare una delle SIM rubate); H - contraddittorietà ovvero manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata (con espresso riferimento ai rilievi di cui a ff. 4 e 5), per le medesime ragioni; III - lamenta, infine, che il reato, accertato nel maggio del 1999, sarebbe comunque estinto per prescrizione. Ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge, ovvero dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Ricorso SPADAFORA GIUSEPPE: I - violazione dell'art. 648 cpv. c.p. e mancanza di motivazione: dopo avere asseritamente trascritto integralmente l'atto di appello, lamenta omessa motivazione quanto al necessario dolo specifico di ricettazione, essendo all'uopo irrilevante il mero utilizzo per pochi minuti 'di una SIM 2 cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti 3 card di provenienza furtiva; lamenta, per le stesse ragioni, violazione dell'art. 648 c.p.; H - vizio di motivazione quanto al presunto utilizzo della SIM card ricettata da parte dell'imputato (lamenta in proposito che nulla dimostrava che l'imputato avesse disponibilità del telefono cellulare sul quale risultava inserita la predetta SIM card, poiché il predetto telefono cellulare non risultava intestato all'imputato: a tali rilievi, costituenti Corte di appello avrebbe opposto una motivazione illogica); III - vizio di motivazione quanto all'omessa applicazione della sospensione condizionale della pena (lamenta omessa motivazione da parte della Corte di appello in ordine alla relativa richiesta, formulata con l'atto di appello). Ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. Ricorso BEVILACQUA FRANCESCO: I - violazione degli artt. 648 c.p. - 27 Cost. - 192 c.p.p. (lamenta che manchi la prova dell'avvenuto utilizzo, da parte dell'imputato, del telefono cellulare nel quale era stata inserita la scheda telefonica di provenienza furtiva). Ha concluso chiedendo la cassazione della sentenza impugnata, con adozione di ogni altro provvedimento correlato. 3. All'odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità degli avvisi di rito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato oggetto dell'appello, la mediante lettura in udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso di SPADAFORA GIUSEPPE è fondato limitatamente alla sospensione condizionale della pena, ed è, nel complesso, infondato nel resto; sono, nel complesso, infondati anche i ricorsi di FRANCO PAOLO e BEVILACQUA FRANCESCO. 3 4 4 I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA' SULLA MOTIVAZIONE 1. E' necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p., come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, che, a parere di questo collegio, la predetta novella non ha comportato la discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per giustificare il suo convincimento. 1.1. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. «travisamento della prova» (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato. 1.1.1. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. intenda far valere il vizio di «travisamento della prova» deve, a pena di inammissibilità (Cass. pen., Sez. I, sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n. 234115; Sez. VI, sentenza n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass. n. 4... 249035): 4 possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un'indagine sul 5 (a) identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza; (b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata; (c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento; (d) indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilità" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato. 1.1.2. In proposito, può ritenersi ormai consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio della c.d. "autosufficienza del ricorso", inizialmente elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte Suprema. Valorizzando dapprima la formulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (a norma del quale le sentenze pronunziate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per Cassazione: «(...) 5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio»; la disposizione stabilisce attualmente, all'esito delle modifiche apportate dall'art. 54 d.l. n. 83 del 2012, convertito in I. n. 134 del 2012, che l*e sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione «(...) 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»), ed attualmente la formulazione (introdotta dal D. Lgs. n. 40 del 2006) dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. (a norma del quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità: «(...) 6) la specifica indicazione degli atti 5 probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale 6 processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda»), si è osservato che il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell'autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l'esposizione dei motivi del gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte (Cass. civ. Sez. II, sentenza 2 dicembre 2005, n. 26234, CED Cass. n. 585217; Sez. lav., sentenza 17 agosto 2012, n. 14561, CED Cass. n. 623618). Tenuto conto dei principi e delle finalità complessivamente sottesi al giudizio di legittimità, questa Corte Suprema ha già ritenuto che «la teoria dell'autosufficienza del ricorso elaborata in sede civile debba essere recepita e applicata anche in sede penale con la conseguenza che, quando la doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti specificamente indicati (ovviamente nei limiti di quanto era stato già dedotto in precedenza), posto che anche in sede penale - in virtù del principio di autosufficienza del ricorso come sopra formulato e richiamato -deve ritenersi precluso a questa Corte l'esame diretto degli atti del processo, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all'evidenza dalla stessa articolazione del ricorso» (Sez. I, sentenza n. 16706 del 18 marzo - 22 aprile 2008, CED Cass. n. 240123; Sez. I, sentenza n. 6112 del 22 gennaio - 12 febbraio 2009, CED Cass. n. 243225; Sez. V, sentenza n. 11910 del 22 gennaio - 26 marzo 2010, CED Cass. n. 246552, per la quale è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur + richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale 6 7 trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze; Sez. VI, sentenza n. 29263 dell' 8 - 26 luglio 2010, CED Cass. n. 248192, per la quale il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità e in forza del principio di autosufficienza, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e esame diretto è alla stessa precluso; Sez. II, sentenza n. 25315 del 20 marzo - 27 giugno 2012, CED Cass. n. 253073, per la quale in tema di ricorso per cassazione, è onere del ricorrente, che lamenti l'omessa o travisata valutazione dei risultati delle intercettazioni effettuate, indicare l'atto asseritamene affetto dal vizio denunciato, curando che esso sia effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità o anche provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione). In proposito, va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: «In tema di ricorso per cassazione, va recepita e applicata anche in sede penale la teoria della "autosufficienza del ricorso", elaborata in sede civile; ne consegue che, quando i motivi riguardino specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante l'allegazione o la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti specificamente indicati, non potendo egli limitarsi ad invitare la Corte Suprema alla lettura degli atti indicati, posto che anche in sede penale è precluso al giudice di legittimità l'esame diretto degli atti del processo>>

1.2. La mancanza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione,

come vizi denunciabili in sede di legittimità, devono risultare di spessore
tale da risultare percepibili ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità
al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando
ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le

7

non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui

8
deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza
vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere
tuttora condivisi, i principi affermati da questa Corte Suprema, Sez. un.,
sentenza n. 24 del 24 novembre 1999, CED Cass. n. 214794; Sez. un.,
sentenza n. 12 del 31 maggio 2000, CED Cass. n. 216260; Sez. un.,

Devono tuttora escludersi la possibilità, per il giudice di legittimità, di
«un’analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i
singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire
risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi» (Cass.
pen., Sez. VI, sentenza n. 14624 del 20 marzo 2006, CED Cass. n.
233621; Sez. II, sentenza n. 18163 del 22 aprile 2008, CED Cass. n.
239789), e di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione o dell’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. VI, sentenza n. 27429 del 4
luglio 2006, CED Cass. n. 234559; Sez. VI, sentenza n. 25255 del 14
febbraio 2012, CED Cass. n. 253099).

1.3. Il giudice di legittimità ha, pertanto, ai sensi del novellato art.

606 c.p.p., il compito di accertare (Cass. pen., Sez. VI, sentenza n.
35964 del 28 settembre 2006, CED Cass. n. 234622; Sez. III, sentenza
n. 39729 del 18 giugno 2009, CED Cass. n. 244623; Sez. V, sentenza n.
39048 del 25 settembre 2007, CED Cass. n. 238215; Sez. II, sentenza

sentenza n. 47289 del 24 settembre 2003, CED Cass. n. 226074).

n. 18163 del 22 aprile 2008, CED Cass. n. 239789):
(a) il contenuto del ricorso (che deve contenere gli elementi sopra
individuati);
(b) la decisività del materiale probatorio richiamato (che deve essere
tale da disarticolare l’intero ragionamento del giudicante o da
determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione);
(c) l’esistenza di una radicale incompatibilità con l’iter motivazionale
seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto;

8

er

(d) la sussistenza di una prova omessa od inventata, e del c.d.
«travisamento del fatto», ma solo qualora la difformità della realtà
storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu ocu/i ed assuma anche
carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi
probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è
sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e,

1.4. Va, infine, evidenziato che non è denunciabile il vizio di
motivazione con riferimento a questioni di diritto.

1.4.1. Invero, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa
Corte Suprema (Sez. II, sentenze n. 3706 del 21. – 27 gennaio 2009,
CED Cass. n. 242634, e n. 19696 del 20 – 25 maggio 2010, CED Cass.
n. 247123), anche sotto la vigenza dell’abrogato codice di rito (Sez. IV,
sentenza n. 6243 del 7 marzo – 24 maggio 1988, CED Cass. n. 178442),
il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello
attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste
ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od
illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può
sussistere ragione alcuna di doglianza, mentre, viceversa, ove tale
soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se e quali
argomenti la sorreggano.
E, d’altro canto, l’interesse all’impugnazione potrebbe nascere solo
dall’errata soluzione di una questione giuridica, non dall’eventuale

quindi, anche contraddittorio).

erroneità degli argomenti posti a fondamento giustificativo della
soluzione comunque corretta di una siffatta questione (Sez. IV, sentenza
n. 4173 del 22 febbraio – 13 aprile 1994, CED Cass. n. 197993).

Va, pertanto, ribadito il seguente principio di diritto:

«nel giudizio di legittimità il vizio di motivazione non è
denunciabile con riferimento alle questioni di diritto decise dal giudice di
to_r_
merito, allorquando la soluzione di esse sia giuridicamente corretta.
D’altro canto, l’interesse all’impugnazione potrebbe nascere soltan
9

10
dall’errata soluzione delle suddette questioni, non dall’indicazione di
ragioni errate a sostegno di una soluzione comunque giuridicamente
corretta).

LA NECESSARIA SPECIFICITA’ DEL RICORSO PER CASSAZIONE
2.

La giurisprudenza di questa Corte Suprema è, condivisibilmente,

ricorso presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento
impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa
(Sez. VI, sentenza n. 32227 del 16 luglio 2010, CED Cass. n. 248037:
nella fattispecie il ricorrente aveva lamentato la “mancanza e/o
insufficienza e/o illogicità della motivazione” in ordine alla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a
fondamento di un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale;
Sez. VI, sentenza n. 800 del 6 dicembre 2011 – 12 gennaio 2012,
Bidognetti ed altri, CED Cass. n. 251528).
Invero, l’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. stabilisce che i
provvedimenti sono ricorribili per

«mancanza, contraddittorietà o

manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del
provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo
specificamente indicati nei motivi di gravame».
La disposizione, se letta in combinazione con l’art. 581, comma 1,
lett. c), c.p.p. (a norma del quale è onere del ricorrente «enunciare i
motivi del ricorso, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta») evidenzia che
non può ritenersi consentita l’enunciazione perplessa ed alternativa dei
motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente di specificare con
precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla
mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una
pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle
varie parti della motivazione censurata.
Il principio è stato più recentemente accolto anche da questa sezione,
a parere della quale «È inammissibile, per difetto di specificità, il
ricorso nel quale siano prospettati vizi di motivazione del provvedimento

10

orientata nel senso dell’inammissibilità, per difetto di specificità, del

11
impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa,
essendo onere del ricorrente specificare con precisione se le censure
siano riferite alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta
illogicità ovvero a più di uno tra tali vizi, che vanno indicati
specificamente in relazione alle parti della motivazione oggetto di
gravame» (Sez. II, sentenza n. 31811 dell’8 maggio 2012, CED Cass.

Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva
della necessaria specificità, il che rende il ricorso inammissibile.

2.1. Infine, secondo altro consolidato e condivisibile orientamento di
questa Corte Suprema (per tutte, Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22
febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n.
34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), è
inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga
pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al più con
l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente
assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata)
senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in
virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti.

2.1.1. Si è, infatti, esattamente osservato (Sez. VI, sentenza n. 8700
del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584) che «La
funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata
avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si
realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di
inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente
le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto
e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazion

11

n. 254329).

12
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso)
con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta).

2.1.2. Il motivo di ricorso in cassazione è caratterizzato da una
“duplice specificità”: «Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581
c.p.p., lett. C (e quindi contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al

sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in
modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente
sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decísività
rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere
alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente»
(Sez. VI, sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED
Cass. n. 254584).

2.1.3. Risulta, pertanto, evidente che, «se il motivo di ricorso si
limita a riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina
all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale
è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto
che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente
‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata,
è di fatto del tutto ignorato. Nè tale forma di redazione del motivo di
ricorso (la riproduzione grafica del motivo d’appello) potrebbe essere
invocata come implicita denuncia del vizio di omessa motivazione da
parte del giudice d’appello in ordine a quanto devolutogli nell’atto di
impugnazione. Infatti, quand’anche effettivamente il giudice d’appello
abbia omesso una risposta, comunque la mera riproduzione grafica del
motivo d’appello condanna il motivo di ricorso all’inammissibilità. E ciò
per almeno due ragioni. È censura di merito. Ma soprattutto (il che vale
anche per l’ipotesi delle censure in diritto contenute nei motivi d’appello)
non è mediata dalla necessaria specifica e argomentata denuncia del
vizio di omessa motivazione (e tanto più nel caso della motivazione
cosiddetta apparente che, a differenza della mancanza “grafica”,

12

giudice dell’impugnazione); ma quando “attacca” le ragioni che

13
pretende la dimostrazione della sua mera “apparenza” rispetto ai temi
tempestivamente e specificamente dedotti); denuncia che, come detto,
è pure onerata dell’obbligo di argomentare la decisívítà del vizio, tale da
imporre diversa conclusione del caso».

2.1.4. Può, pertanto, concludersi che «la riproduzione, totale o
parziale, del motivo d’appello ben può essere presente nel motivo di

dell’adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso), ma solo
quando ciò serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con
autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che, ancora
indefettíbilmente, si riferisce al provvedimento impugnato con il ricorso e
con la sua integrale motivazione si confronta. A ben vedere, si tratta dei
principi consolidati in materia di “motivazione per relazione” nei
provvedimenti giurisdizionali e che, con la mera sostituzione dei
parametri della prima sentenza con i motivi d’appello e della seconda
sentenza con i motivi di ricorso per cassazione, trovano piena
applicazione anche in ordine agli atti di impugnazione»

(Sez. VI,

sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n.
254584).

LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA D’APPELLO
3. Anche il giudice d’appello non è tenuto a rispondere a tutte le
argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente

iter

motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione

ricorso (ed in alcune circostanze costituisce incombente essenziale

effettuata (per tutte, Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 1307 del 26
settembre 2002 – 14 gennaio 2003, CED Cass. n. 223061).

3.1.

In presenza di una doppia conforma affermazione di

responsabilità, va, peraltro, ritenuta l’ammissibilità della motivazione
della sentenza d’appello

per relationem

a quella della decisione

impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo
grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già

13

r_…

r

14
esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell’effettuazione
del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza
impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite
dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il
primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici,
non specificamente e criticamente censurate.
In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di

organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per
giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici
dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli
usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle
determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione,
sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano
una sola entità (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 1309 del 22 novembre
1993 – 4 febbraio 1994, CED Cass. n. 197250; Sez. III, sentenza n.
13926 del 10 dicembre 2011 – 12 aprile 2012, CED Cass. n. 252615).

L’AFFERMAZIONE DI RESPONSABILITA’ <>.
4. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione
«oltre ogni ragionevole dubbio», presente nel testo novellato dell’art.
533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente
all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare
che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone,
ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione

appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato

di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è
permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha
una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in
precedenza, il «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza dell’imputato
ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530,
comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso
criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentementet

14

15
adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in
precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed
ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di
questa Corte Suprema – per tutte, Sez. un., sentenza n. 30328 del 10
luglio 2002, CED Cass. n. 222139 -, e solo successivamente recepita nel
testo novellato dell’art. 533 c.p.p.), secondo cui la condanna è possibile
soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della

21 aprile 2006, CED Cass. n. 233785; Sez. II, sentenza n. 16357 del 2
aprile 2008, CED Cass. n. 239795).
In argomento, si è più recentemente, e conclusivamente, affermato
(Sez. II, sentenza n. 7035 del 9 novembre 2012 – 13 febbraio 2013,
CED Cass. n. 254025) che «La previsione normativa della regola di
giudizio dell’ “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che trova fondamento
nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha
introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova
ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di
condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità
dell’imputato».

I RICORSI
5. Alla luce di queste necessarie premesse vanno esaminati gli

odierni ricorsi.

6.. Il primo ed il secondo motivo del ricorso FRANCO, il primo ed il

secondo motivo del ricorso SPATAFORA ed il motivo del ricorso
BEVILACQUA possono essere esaminati congiuntamente; essi risultano
in parte generici e manifestamente infondati, in parte infondati.

6.1.

Deve premettersi che, come anticipato nel § 2 di queste

Considerazioni in diritto, la censura la censura alternativa ed
indifferenziata di contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione (II motivo FRANCO) risulta priva della necessaria
specificità, il che rende il ricorso inammissibile.

15

responsabilità dell’imputato (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 19575 del

16

6.2. Ciò premesso, deve rilevarsi l’infondatezza, nel merito, delle

ulteriori comuni doglianze degli imputati.
La Corte di appello, richiamando le argomentazioni del Tribunale
(come si è visto essere fisiologico in presenza di una doppia conforme
affermazione di responsabilità), ha valorizzato, a fondamento delle
affermazioni di responsabilità, gli esiti dell’istruttoria dibattimentale, ed

primo grado da essa richiamata) gli esiti degli accertamenti svolti sui
tabulati telefonici e sugli abbinamenti tra la scheda telefonica de qua e
gli apparecchi cellulari – individuati attraverso il codice IMEI – nei quali
essa era stata inserita, riferiti dall’isp. CORTESE:

«la PG, sulla base

dell’abbinamento del numero di scheda intestata al MAGNO [il derubato]
al numero seriale identificativo dei singoli telefoni cellulari intestati agli
odierni imputati risaliva a questi ultimi quali utilizzatori della scheda
telefonica del MAGNO per porre in essere le molestie telefoniche ai danni
di BEVILACQUA ROSALBA [che avevano poi dato il via alle indagini in
ordine alle odierne vicende]; (…) dalla deposizione dell’isp. CORTESE,
infatti, risulta che la scheda rubata al MAGNO fu utilizzata a turno e per
numerose volte – anche sette od otto volte – dai cellulari intestati ai tre
odierni imputati ed anche a breve distanza di tempo (a pochi minuti
l’uno dall’altro) proprio per porre [in essere] le molestie telefoniche in
danno di BEVILACQUA ROSALBA».
Sul display dell’apparecchio della BEVILACQUA era ripetutamente
apparso, infatti, il numero di una utenza cellulare corrispondente ad una
di quelle che risultavano appartenenti (e sottratte) al MAGNO.
La Corte di appello ha, inoltre, motivatamente ritenuto attendibili le
dichiarazioni del derubato MAGNO, il quale aveva ricordato che, mentre
dormiva a bordo del suo camion, aveva subito il furto di un telefono e di
due schede telefoniche, ed aveva spiegato

«che aveva all’epoca

omesso di indicare tutte le SIM che gli erano state rubate ed in
particolare quella utilizzata dagli imputati, in quanto non ricordava il
numero»,

conclusivamente ritenendo accertata

«la sicura

provenienza furtiva delle SIM e del telefono, per come accertato dalla
P.G. procedente» .

16

in particolare (f. 4 s. della sentenza impugnata, nonché sentenza di

17

Quanto all’elemento psicologico, ha valorizzato il dato del difetto di
plausibili spiegazioni in ordine alla disponibilità della predetta res furtiva
da parte degli imputati, «che non offrivano alcun ulteriore elemento
per orientare diversamente le indagini».

6.2.1. Tale motivazione non è censurabile in questa sede, poiché il

del delitto di ricettazione, in assenza di elementi probatori indicativi
della riconducibilità del possesso alla commissione del furto.
Nel caso di specie, all’elemento della accertata utilizzazione di una
delle schede sottratte, il giudice di merito, con apprezzamento
insindacabile in questa sede di legittimità, contrappone l’assenza di
giustificazioni sulla disponibilità di essa da parte degli imputati: in tal
modo, non si richiede ad essi di provare la provenienza del possesso
delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine
del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio,
bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire
l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del
giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di
merito secondo i comuni principi del libero convincimento (in tal senso,
Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 35535 del 12 luglio – 26 settembre
2007, CED Cass. n. 236914).
D’altro canto, questa Corte Suprema ha già osservato, con
orientamento ormai consolidato, in difetto di voci difformi (per tutte,
Sez. II, sentenza n. 29198 del 25 maggio 2010, CED Cass. n. 248265)
che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova
dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base
dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.
Nel caso di specie, la Corte di appello si è correttamente conformata
a questo orientamento, con motivazione fondata su argomentazioni
esaurienti, logiche e non contraddittorie, che risulta, pertanto, esente da 4….
vizi rilevabili in questa sede.

17

mero possesso ingiustificato di cose sottratte consente la configurazione

18
6.2.2.

I rilievi che precedono evidenziano l’infondatezza delle

doglianze difensive, essendo gli imputati stati condannati sulla base non
di un mero indizio, ma della acquisita prova della disponibilità della res
furtiva e della consapevolezza della sua provenienza illecita (I e II
motivo FRANCO; I motivo SPADAFORA), ed essendo stata acquisita la
prova (non frutto di travisamento, non allegato né, comunque,
documentato nei modi di rito, come premesso nei §§ 1.1. ss. di queste

inserimento della scheda SIM di provenienza furtiva – per molestare la
BEVILACQUA fossero in disponibilità dei tre odierni ricorrenti (II motivo
SPADAFORA; I motivo BEVILACQUA).

6.3. Il terzo motivo del ricorso FRANCO è manifestamente infondato:

pur se si volesse computare la decorrenza del termine di prescrizione a
partire dalla data di denunzia del furto (22 gennaio 1999) il reato non
sarebbe, infatti, prescritto, poiché il relativo termine è pari a 15 anni e
sarebbe in scadenza a partire dal 22 gennaio 2014.
Detto termine deve, infatti, essere determinato secondo la
formulazione degli artt. 157 ss. c.p. vigente prima delle modifiche
apportate alle predette disposizioni dalla I. n. 251 del 2005, in quanto la
sentenza di primo grado risale al 2 aprile 2004, e, pertanto, alla data di
entrata in vigore della novella il procedimento pendeva in grado di
appello, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema:
«Ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova
disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di primo grado,
indipendentemente dall’esito di condanna o di assoluzione, determina la
pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione
retroattiva delle norme più favorevoli» (Sez. un., sentenza n. 15933
del 24 novembre 2011 – 24 aprile 2012, CED Cass. n. 252012).

6.4. Il terzo motivo del ricorso SPATAFORA è fondato.

18

Considerazioni in diritto) che i tre telefoni cellulari utilizzati – previo

19
6.4.1.

Dalla sentenza impugnata risulta che uno dei motivi

dell’appello presentato nel conto del predetto imputato riguardava la
concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena (f.
3), e che lo SPADAFORA era incensurato (f. 5), il che esclude la
possibilità di un rigetto implicito dell’appello per insussistenza di uno dei
presupposti richiesti dagli artt. 163 ss. c.p. per la concessione del

Risulta, altresì, che la Corte ha esaminato, rigettandolo, un motivo di
appello tendente alla concessione dello stesso beneficio, presentato
nell’interesse del coimputato BEVILACQUA, rimanendo del tutto ed
immotivatamente silente su quello presentato nell’interesse dello
SPADAFORA.

6.4.2. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata nei confronti di

SPADAFORA GIUSEPPE limitatamente alla sospensione condizionale della
pena, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio
Calabria per nuovo giudizio sul punto.

6.4.3. In applicazione di quanto previsto dall’art. 624, comma 2,

c.p.p., deve dichiararsi che questa sentenza ha, nei confronti dello
SPADAFORA, autorità di giudicato quanto all’affermazione di
responsabilità ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio.

beneficio de quo.

7. Il rigetto totale dei ricorsi di FRANCO PAOLO e BEVILACQUA

FRANCESCO comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di SPADAFORA
GIUSEPPE limitatamente alla sospensione condizionale della pena, con

19

4_

20
rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per
nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso del predetto
imputato.
Rigetta i ricorsi di FRANCO PAOLO e BEVILACQUA FRANCESCO, che
condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, udienza pubblica 5 novembre 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA