Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 140 del 15/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 140 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA

sui ricorsi proposti separatamente da :
Moussaid Khamiss, nato in Marocco, il 1.1.1987 ;
e da Moussaid Mohammed, nato in Marocco il 5.12.1990 ;
avverso la ordinanza del 1.5.2015 del Tribunale del Riesame di
Firenze ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Mario Pinelli che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso ;
udito per l’imputato l’Avv. Zilletti, in sostituzione dell’Avv.
Cianferoni, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso ;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Firenze, in sede di
riesame, aveva confermato la precedente ordinanza emessa dal Gip
del medesimo Tribunale in data 22 aprile 2005, per i reati di cui
agli articoli 110,588, primo e secondo comma, 584 del codice
penale, ordinanza che disponeva la misura custodiale in carcere
per i due indagati sopra indicati.
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Data Udienza: 15/10/2015

1.2 Avverso la predetta ordinanza ricorre anche l’indagato
Mohammed Moussaid, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa ad un unico motivo di ricorso.
1.3 Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato Mohammed
Moussaid deduce, come unica ragione di doglianza, la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità, ai sensi dell’articolo
606, lett. e, cpp, della motivazione del provvedimento impugnato.
Più in particolare, la parte ricorrente si duole dell’erroneità
della motivazione nella parte in cui il Tribunale del Riesame,
richiamando per relationem la ordinanza emessa in prima istanza
dal Gip, non aveva indicato in modo individualizzante gli indizi a
carico dell’indagato. Rileva la parte ricorrente che l’ordinanza
impugnata sarebbe affetta da aporie logiche anche nella parte in
cui aveva ritenuto attendibili le dichiarazioni dei testi Radouane
e Rachid, i quali, nelle vesti rispettivamente di gestore del
locale ove si era svolta la rissa e di buttafuori, avevano
partecipato attivamente alla colluttazione e dunque non potevano
ritenersi testi attendibili. Osserva infine la parte impugnante
che in realtà la motivazione dell’ordinanza impugnata era
censurabile anche nella parte in cui il Tribunale del Riesame non
aveva preso in considerazione la testimonianza del coindagato
Elamiri Abderrahmane che, quale nipote della vittima e
partecipante agli episodi criminosi, aveva dichiarato di non
ricordarsi la presenza dell’indagato nel gruppo che aveva iniziato
l’aggressione.
1.4 Con memorie depositate dalla difesa per il Mohammed Moussaid
in data 14.10.2015 e per il Khamiss Moussaid in data 13.10.2015,
si proponevano nuovi motivi di doglianza, ai sensi dell’art. 311,
coma 4, cpp. Con riferimento al Mohammed Moussaid si avanzavano
di nuovo censure di illogicità del provvedimento impugnato in
ordine alla ricostruzione della dinamica dei fatti e con
riferimento al Khamiss Moussaid si riproponeva la censura di

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1.1 Con l’unico motivo di ricorso Moussaid Khamiss, per mezzo del
suo difensore, deduce violazione della legge processuale penale e
conseguente nullità della ordinanza impugnata per violazione degli
articoli 143,178 e 292 del codice di rito in relazione alla
mancata traduzione in lingua conosciuta dall’indagato
dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Più in
la parte ricorrente deduce l’erroneità della
particolare,
motivazione della ordinanza impugnata nella parte in cui aveva
ritenuto mancante il presupposto applicativo dell’articolo 143
cpp, e cioè la ignoranza della lingua italiana da parte
dell’indagato, sulla base di due circostanze ( e cioè un verbale
di contestazione di guida senza patente in cui si dava atto che il
fermato conosceva perfettamente la lingua italiana; e una
dichiarazione resa asseritamente all’ufficio matricola del carcere
) che ritiene del tutto inconferenti rispetto agli accertamenti
dovuti in tal senso.

violazione di legge anche in ordine a quanto disposto dalla
Direttiva 2010/64/UE.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 ricorsi sono inammissibili.

2.1.1 Sul punto, va osservato che l’obbligo di traduzione della
ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del cittadino
straniero sussiste a norma dell’art. 143 cod. proc. pen., come
modificato dall’art. l, coma primo, lett. b, D.Lgs. 4 marzo 2014,
n. 32 non discende automaticamente dal mero “status” di straniero
o apolide, essendo la stessa, subordinata all’accertamento
dell’ignoranza della lingua italiana ( Cass., Sez. 3, n. 11514 del
27/02/2015 – dep. 19/03/2015, Morante Zarate ; Cass., Sez. 4, n.
39157 del 18/01/2013 – dep. 23/09/2013, Burkhart ). Ne discende
che l’obbligo per il giudice di disporre la traduzione
dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei
confronti di un cittadino straniero, sussiste solo quando al
momento della emissione e notifica del provvedimento, emerga in
modo certo dagli atti del procedimento la mancata conoscenza della
lingua italiana da parte del cittadino straniero ( Cass., Sez. 3,
n. 26846 del 29/04/2004 – dep. 15/06/2004, Ionascu ).
2.1.2 Ciò posto, osserva subito il Collegio giudicante come nel
caso di specie la ordinanza impugnata abbia correttamente motivato
anche sull’eccepita ed asserita violazione dell’art. 143 cpp,
atteso che il giudice del riesame, facendo buon governo dei
principi processuali sopra indicati così come raffinati dalla
giurisprudenza di questa Corte, ha messo in evidenza la
circostanza che dalla notizia di reato datata 31.3.2014 della
Questura di Prato si evinceva la conoscenza della lingua italiana
da parte del prevenuto. Peraltro, anche la comunicazione da parte
dell’indagato all’ufficio matricola del carcere ove è attualmente
ristretto in via cautelare conferma la conoscenza della lingua
italiana da parte dell’indagato. Per tali motivi anche le
doglianze sollevate dalla difesa dell’indagato con le memorie da
ultimo depositate devono ritenersi manifestamente infondate.
3. Il ricorso presentato da parte dell’indagato Mohammed Moussaid
è del pari inammissibile.
Sul punto, va subito osservato che l’indagato non aveva sollevato
in sede di riesame censure specifiche in ordine alla ordinanza
genetica emessa dal Gip, di talché le doglianze oggi sollevate per
la prima volta innanzi al giudice di legittimità devono ritenersi
oggetto di inevitabile preclusione processuale.
Ne discende che risulta legittima l’ordinanza impugnata anche in
relazione alla esistenza di una motivazione per relationem a
quella già resa dal Gip.
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2.1 Il primo motivo di doglianza sollevato dall’indagato Moussaid
Khamiss è manifestamente infondato.

Così chiariti i limiti di cognizione del giudice di legittimità in
tema di misure cautelari, ritiene questo Collegio che la doglianza
sollevata dalla parte ricorrente è invero inammissibile.
Ritiene la Corte come in realtà le osservazioni e deduzioni
difensive svolte dalla parte ricorrente in ordine alla valutazione
del compendio probatorio svolta dal giudice del merito non possano
essere qui prese in alcuna considerazione, atteso che, anche sulla
scorta dei principi giurisprudenziali affermati da questa Corte
per come sopra ricordati, è inibito al giudice di legittimità la
rivalutazione degli elementi essenziali posti alla base della
decisione dei primi giudici. Ne discende che le osservazioni in
ordine alla valutazione di attendibilità dei testi sopra ricordati
e della mancata valutazione delle dichiarazioni del teste Elamiri
devono ritenersi in questa sede di legittimità del tutto
inammissibili.
Ciò detto, va osservato come in realtà non sia rintracciabile nel
caso di specie alcuna illogicità ovvero contraddittorietà della
motivazione del provvedimento impugnato atteso che, al contrario
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Peraltro, le censure oggi sollevate devono ritenersi inammissibili
anche in ragione della circostanza che le stesse tendono a
sollecitare una nuova valutazione degli elementi indiziari già
valutati dal giudice della cautela. In tema di misure cautelari,
giova ricordare che l’insussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza ai sensi dell’articolo 273 cpp, e delle esigenze
cautelari di cui all’articolo 274 medesimo codice è rilevabile in
cassazione solo se si traduca nella violazione di specifiche norme
di legge ovvero in mancanze o manifeste illogicità della
motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (
art. 606, lett. e ), sotto il profilo della congruità e della
completezza della valenza sintomatica attribuita alle premesse
costituite dagli indizi e dalla coerenza intrinseca delle
conseguenze che se ne traggono in ordine alla prognosi di
probabilità della colpevolezza dell’indagato ( Cass. 25 febbraio
2003, n. 9008 ). Peraltro, va aggiunto, per quanto interessa più
da vicino l’odierna vicenda processuale che la giurisprudenza di
questa Corte ha avuto modo di precisare ulteriormente che, in tema
di difetto di motivazione, il giudice di merito non ha l’obbligo
di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o
probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a
porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato,
risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché
tale valutazione risulti logicamente coerente. Sotto tale profilo,
dunque, la censura di non aver preso in esame tutti i singoli
elementi risultanti in atti, costituisce una censura del merito
della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una
differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di
una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (
Cass. Sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000 – dep. 08/06/2000, PM in
proc. Garasto ).

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del
ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di
una somma che appare equo determinare in euro 1000.
Ricorre nel caso di specie la ipotesi di cui all’art. 94 comma l
ter disp. att. Cpp con necessità pertanto che copia del
provvedimento sia trasmessa a cura della cancelleria al
ricorrente.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno
al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000
in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94
comma l ter disp. att. Cpp.
Così deciso in Roma, il 15.10.2015

di quanto affermato dall’indagato con l’odierno mezzo di
impugnazione, il Tribunale del riesame, facendo riferimento alla
motivazione già esaustivamente resa dal Gip, ha dato puntualmente
conto degli indizi fondanti l’accertamento relativo alla
partecipazione di Mohammed Moussaid alla rissa oggetto di
contestazione. Per tali motivi anche le ulteriori censure da
ultime sollevate con la memoria depositata in data 14.10.2015
devono ritenersi formulate in modo inammissibile.

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