Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13980 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13980 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRIDA JADER N. IL 08/04/1967
avverso l’ordinanza n. 903/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
BOLOGNA, del 08/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
MINCHELLA;
lette/4-le conclusioni del PG Dott.

de..2

Uditi difensor Avv.;

e, (32

Data Udienza: 29/10/2015

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 26.03.2014 il Magistrato di Sorveglianza di Bologna disponeva
l’aggravamento della libertà vigilata, disposta nei confronti di Grida Jader dal Magistrato di
Sorveglianza di Firenze in data 19.12.2012, in ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario;
il Grida risultava essere stato prosciolto dal delitto di omicidio aggravato commesso nel
1999 ai danni della madre, in quanto affetto da un disturbo schizoaffettivo in disturbo
narcisistico della personalità. Rilevava il menzionato Magistrato di Sorveglianza di Bologna

nemmeno in seguito aveva maturato alcuna coscienza di malattia, manifestando difficoltà
nell’accettazione della terapia farmacologica e rendendosi responsabile di comportamenti
aggressivi e minacciosi nei confronti di una operatrice della Comunità Terapeutica nonché
esternando propositi vendicativi verso il padre. Inoltre il Grida nel gennaio 2014 si era
allontanato dalla struttura di inserimento recandosi arbitrariamente a Napoli, dove aveva
assunto sostanze alcoliche; i servizi territoriali avevano segnalato uno stato di allarme nei
suoi confronti, mentre la struttura evidenziava un elevato pericolo di fuga.
Il provvedimento veniva impugnato: in data 08.07.2014 il Tribunale di Sorveglianza di
Bologna rigettava l’impugnazione e confermava l’ordinanza sopra specificata.
Avverso detta decisione proponeva ricorso l’interessato a mezzo del suo Difensore per
mancanza o manifesta illogicità della motivazione, violazione di legge e contraddittorietà
ed illogicità della motivazione, violazione dell’art. 27 Cost. Il ricorso ripercorreva le vicende
del Grida, sottolineando che la libertà vigilata era stata prorogata nel gennaio 2014 sulla
scorta di ricoveri in SPDC del luglio 2013 e che, se era vero che il Grida si era allontanato
dalla comunità in data 20.01.2014, era anche vero che era tornato spontaneamente in
essa e che l’assunzione di sostanze alcoliche non aveva condotto ad alcun nuovo reato; si
doleva del fatto che il provvedimento non precisava quale fosse la nuova pericolosità
sociale manifestata dal Grida e che il mero allontanamento dalla comunità terapeutica
costituiva una violazione di prescrizioni non sufficiente a ritenere aggravata la pericolosità
sociale; si sosteneva che non erano state privilegiate le esigenze di cura e che la
valutazione del Giudice era stata errata.
Il P.G. si esprime chiedendo che il ricorso venga rigettato: si rileva che i motivi del ricorso
si risolvono in censure di merito relative al giudizio in fatto espresso nel provvedimento
impugnato, che si richiama alla difficile accettazione della terapia, all’assenza di coscienza
di malattia, ai comportamenti aggressivi ed alle violazioni di prescrizioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

1

che nell’anno 2013 il Grida era stato ricoverato per il riacutizzarsi dei sintomi clinici e che

Il ricorso è fondamentalmente fondato per intero su censure di fatto circa le ragioni
dell’aggravamento della misura di sicurezza, per come esplicitate dal Giudice.
Ma la motivazione del provvedimento impugnato non contiene affatto illogicità patenti che
compromettano il percorso logico dell’ordinanza.
Nella fattispecie viene in evidenza il tema dell’applicazione delle misure di sicurezza, il cui
presupposto è la pericolosità sociale.
E’ noto che l’applicazione di una misura di sicurezza deve seguire dapprima il concreto
accertamento, da parte del Giudice, della sussistenza della pericolosità sociale e in seguito

condizione di pericolosità sociale, secondo la regola generale che disciplina le misure di
sicurezza: anteriormente all’entrata in vigore della Legge n° 663/1986 l’art. 204 c.p.
prevedeva specifici casi nei quali la pericolosità sociale era presunta, con conseguente
obbligo del Giudice di applicare una misura di sicurezza. Ma l’art. 31 della Legge n°
663/1986 ha espressamente abrogato l’art. 204 c.p.: di conseguenza, è ora stabilita la
regola generale per cui tutte le misure di sicurezza personali devono essere ordinate
soltanto dopo l’accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente
pericolosa. Il venir meno di tutte le presunzioni di pericolosità sociale ha concluso il ciclo di
revisione della obbligatoria applicazione delle misure di sicurezza sulla base di presunzioni
legali, che aveva avuto inizio con le significative pronunzie nn° 139/1982 e 249/1983 della
Corte Costituzionale (alle quali ha fatto seguito, in questo specifico settore, la sentenza n°
58/1995 della medesima Corte Costituzionale).
La qualità di persona socialmente pericolosa si deve desumere dagli elementi specificati
negli artt. 133 e 203 c.p.
In generale, la pericolosità sociale è sempre ancorata alla perpetrazione di un reato, alla
quale si aggiunge uno sfavorevole giudizio del Giudice in ordine alla probabilità che il
soggetto commetta in futuro nuovi reati e quindi essa pericolosità non può non essere
condizionata dalla effettiva condotta del soggetto nel tempo.
La pericolosità sociale è una qualità, un modo di essere del soggetto, da cui si desume la
probabilità che egli commetta nuovi reati; essa si differenzia dalla capacità criminale, che
esiste sempre in misura più o meno accentuata, per il fatto stesso che il soggetto ha già
commesso il reato e costituisce quindi una attitudine soggettiva alla commissione di reati
stessi. La pericolosità sociale coincide con una dimensione prognostico – preventiva ed il
Magistrato di Sorveglianza, nel disporre una misura di sicurezza o nel revocare una misura
di sicurezza, è tenuto ad accertare la persistenza della pericolosità sociale o l’assenza della
medesima al momento della applicazione della misura. In tale situazione, la mancata
applicazione della misura di sicurezza rimane esclusa se la persona condannata non ha
cessato di essere socialmente pericolosa: la puntuale osservanza di tale regola postula una
sicura e positiva valutazione della cessazione della pericolosità sociale per fatti

2

il concreto accertamento, da parte del Magistrato di Sorveglianza, del permanere della

sopravvenuti e concludenti, non consentendo il mero dubbio al riguardo il superamento
della prognosi già effettuata (Cass. Pen., sez. 1, 10.07.1993 n. 2095).
I parametri valutativi del Magistrato di Sorveglianza circa la formulazione di un giudizio
proiettato nel futuro e relativo alla probabilità che l’interessato possa commettere altri
fatti-reato sono in concreto forniti dagli elementi indicati nel primo e nel secondo comma
dell’art. 133 c.p., nell’ambito di una valutazione globale (Cass. Pen., sez. 1, 11.02.1989 n.
2102).
Nella fattispecie, è stato correttamente evidenziato che il Grida ha legato il temporaneo

personale o della patologia: si è sottolineato che la patologia psichiatrica che lo affligge
sembra essere peggiorata e che appare essersi riacutizzata la pericolosità sociale, atteso
che, negli ultimi tempi, egli ha posto in essere atti di inottemperanza alle prescrizioni e si è
allontanato dalla struttura ove è allocato, ha manifestato intenti di vendetta verso la
residua figura genitoriale e non ha mostrato consapevolezza di malattia.
In linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, va detto che la pericolosità
sociale può desumersi anche da semplici indizi, sempre che questi siano costituiti da
elementi di fatto certi, dai quali sia possibile far discendere, sul piano congetturale, la
formulazione del giudizio probabilistico in ordine alla futura commissione di reati. E
certamente la condotta tenuta nel corso di una misura di sicurezza può costituire elemento
di valutazione.
In definitiva, il Giudice, con argomenti esenti da salti logici, ha valutato un inasprimento
della pericolosità sociale: la misura di sicurezza disposta con l’aggravamento, attuata in
una struttura adeguata alla condizione del condannato, è ispirata ad una preminente
necessità terapeutica, e può assolvere ad un compito di sostegno e controllo, nonchè
imporre regole rigide per effettuare un intervento terapeutico a favore del predetto (il che
elimina in radice ogni considerazione relativa ad asserite violazioni dell’art. 27 Cost.).
L’art. 232 cod.pen., comma 3 ha previsto la sostituzione della libertà vigilata solo con la
casa di cura e di custodia, misura che ex art. 219 cod.pen. è applicabile ai condannati a
pena diminuita per vizio parziale di mente, in quanto, quando la norma è stata formulata,
in caso di assoluzione per vizio totale di mente l’unica misura di sicurezza applicabile era
ex art. 222 cod.pen. il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.
Divenuto possibile disporre invece la libertà vigilata, in seguito all’intervento della Corte
costituzionale con la sentenza 18/7/03 n. 253, oggi applicabile anche in caso di
assoluzione per vizio totale di mente, legittimamente il Giudice di Sorveglianza, avendo
accertato l’accresciuta pericolosità del predetto e avendo ritenuto che per fare fronte alla
nuova situazione era necessario il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ha disposto
l’applicazione di quest’ultima misura consentita dal citato art. 222 cod.pen. (Sez. 1 n.
39804/2010).

3

peggioramento del suo comportamento con un reale peggioramento della sua condizione

Per il resto il ricorso si esaurisce in critiche in linea di fatto e di puro merito, inammissibili
in questa sede, all’adeguato e corretto apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata
in cui si è evidenziato che il Grida, nel corso della libertà vigilata, si era reso autore di
allarmanti comportamenti che, oltre a configurare violazioni delle prescrizioni impostegli,
costituivano prova di accresciuta pericolosità sociale tale da potere essere contenuta
soltanto tramite una misura di sicurezza detentiva, il che aveva trovato conferma nella
relazione trasmessa dalla struttura terapeutica di allocazione, nella quale si attestava il
permanere nel predetto di un nucleo delirante e di disturbi comportamentali di tipo

Chiarito dunque che la motivazione del provvedimento impugnato non si configura né come
mancante né come illogica, va, in sintesi, affermato che il provvedimento impugnato ha
fatto corretto uso dei canoni interpretativi ed applicativi applicabili in questa materia.
Il ricorso finisce per risolversi in una mera istanza di rivisitazione, in senso favorevole al
ricorrente, delle risultanze già congruamente valutate nelle fasi di merito.
Ne consegue che il motivo di ricorso relativo alla illogicità e contraddittorietà della
motivazione è inammissibile.
Parimenti è inammissibile il motivo di ricorso relativo all’asserita violazione di legge poiché,
per come visto supra, il Tribunale di Sorveglianza ha fatto un corretto uso dei parametri
applicativi delle norme in materia.
Inammissibile inoltre è anche la prospettazíone di una incompletezza della motivazione, che
si risolve in una non accettabile sollecitazione rivolta al Giudice della legittimità a sostituire il
proprio apprezzamento di merito alla valutazione, dello stesso genere, già effettuata in
maniera completa e plausibile nella sede competente e pertanto non ulteriormente
sindacabile.
Nel constatare la predisposizione di una motivazione completa, logica e plausibile, il
compito di questa Corte non può che arrestarsi essendo doveroso rilevare che non le è
demandato di valutare nuovamente emergenze istruttorie che hanno formato oggetto di
considerazione debita da parte del Tribunale di Sorveglianza e che non potrebbero trovare
apprezzamento da parte di questa Corte.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto, ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte cost. sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa
delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e
il massimo previsti, in Euro 1.000,00.

P.Q.M

4

aggressivo.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2015.

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