Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1398 del 04/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1398 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
MAZZOLA MILAZZO Paolino n. Leonforte (EN) il 3 novembre 1943
avverso la sentenza emessa il 3 dicembre 2012 dalla Corte di appello di Milano

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Alfredo Montagna,
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 04/10/2013

Considerato in fatto

1.

Con sentenza in data 3 dicembre 2012 la Corte di appello di Milano ha

riformato la sentenza emessa il 27 gennaio 2009 dal Tribunale di Milano con la quale
Mazzola Milazzo Paolino era stato dichiarato colpevole del reato di appropriazione
indebita aggravata dall’abuso di relazioni di ufficio e prestazione d’opera per essersi

assicurazione per conto della Axa Assicurazioni di Vigevano con l’incarico di riscuotere
i premi assicurativi delle polizze stipulate e di versarli alla società assicuratrice previa
decurtazione delle provvigioni, della somma di 90.850,00 euro. L’imputato era stato
condannato, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, alla
pena, interamente condonata ai sensi della legge.n.241/2006, di mesi sei di reclusione
ed euro 800,00 di multa nonché al risarcimento dei danni morali, nella misura di euro
5.000,00, e alla rifusione delle spese in favore della parte civile Valandro Quirino,
agente generale della Axa Assicurazioni di Vigevano all’epoca del fatto.
La Corte territoriale ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per essere
il reato estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili e condannando
l’imputato alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile.
2. Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione.

2.1 Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art.604 c.p.p. per effetto
dell’inosservanza degli artt.521, comma secondo, e 522 c.p.p. in quanto la Corte di
appello, nell’esaminare le censure difensive ai sensi dell’art.578 c.p.p., aveva
sostenuto che la commissione del reato doveva farsi risalire all’epoca in cui era in
corso il rapporto contrattuale tra le parti, e quindi al periodo anteriore alla data del 21
maggio 2003, allorché la società assicuratrice Axa comunicando la risoluzione del
contratto per inadempimento aveva diffidato il Mazzola dall’incassare ulteriori somme
e quantificato il debito in misura anche superiore a quella poi menzionata nella
scrittura in data 15 giugno 2004 (in cui si dava atto che il debito accumulato dal
Mazzola per premi assicurativi ammontava a 90.850,00 euro e il Valandro accettava il
pagamento a saldo e stralcio della minor somma di 35.000,00, impegnandosi al
trasferimento del portafoglio clienti del Mazzola ad altro agente dallo stesso Mazzola
indicato); l’errore del pubblico ministero e del giudice di primo grado nell’indicazione
della data di commissione del reato era stato oggetto del secondo motivo di appello e

appropriato, tra l’ottobre 2003 e l’aprile 2004, nella qualità di mediatore di

3

la Corte territoriale, pur riconoscendo impossibile la condotta di appropriazione
indebita da parte dell’imputato nel periodo indicato nel capo d’imputazione, non aveva
ravvisato in concreto una lesione del diritto di difesa in relazione al reato come
contestato e aveva fatto sul punto dei richiami giurisprudenziali incongruenti; ma,
sostiene il ricorrente, il pubblico ministero nel corso dell’istruttoria dibattimentale
avrebbe dovuto operare una modifica dell’imputazione originariamente contestata ai

2.2

Con il secondo motivo si deduce la mancanza, contraddittorietà e

manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della
circostanza aggravante prevista dall’art.61 n.11 c.p. che, se ritenuta insussistente,
avrebbe reso il reato di appropriazione indebita contestato procedibile a querela (nel
caso di specie la denuncia-querela era stata presentata dal Valandro solo il 15
settembre 2005, ben oltre il termine previsto dall’art.124 c.p.); nel caso di specie non
si era tenuto conto che il rapporto di collaborazione tra l’imputato e il Valandro era
venuto meno antecedentemente alla contestata data di commissione del reato, come
si desumeva dalla scrittura privata del 21 maggio 2003, né avrebbe rilievo
l’interazione tra l’imputato e il Valandro in epoca successiva, in quanto la precedente
condotta di appropriazione non poteva esserne stata favorita.

Ritenuto in diritto
3. Il ricorso va rigettato.
3.1 n primo motivo è infondato.
Come correttamente rilevato dal giudice di appello, con puntuali richiami
giurisprudenziali, l’indicazione in imputazione della somma oggetto di appropriazione e
del titolo in base al quale l’imputato aveva incassato la somma, unitamente alla
produzione in atti di documenti non contestati dalle parti e relativi al rapporto
intercorso tra le stesse, aveva consentito la piena esplicazione del diritto di difesa in
relazione al reato ascritto. Del resto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa
Corte, anche di recente ribadita (Cass. sez.VI 9 novembre 2012 n.6346, Domizi e
altri; sez.III 14 giugno 2011 n.36817, T.D.M.), sussiste violazione del principio di
correlazione tra accusa e sentenza solo se il fatto contestato sia mutato nei suoi
elementi essenziali, così da provocare una situazione di incertezza e di cambiamento
sostanziale della fisionomia dell’ipotesi accusatoria capace di impedire o menomare il
diritto di difesa dell’imputato.

sensi dell’art.516 c.p.p..

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3.2 Il secondo motivo è infondato.
Il principio secondo cui il proscioglimento per mancanza di querela è più
favorevole della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (o amnistia) è
applicabile soltanto in caso di contemporanea sussistenza di una causa di
impromovibilità o di improseguibilità dell’azione penale e di una causa di estinzione del
reato. Nell’ipotesi in cui tale coesistenza non sia attuale ma solo potenziale, vale

di decidere ogni altra questione relativa all’azione penale, salvo che già sussistano gli
estremi per l’assoluzione nel merito (Cass. sez.IV 1° aprile 1985 n.3601, Censi). Nel
caso di specie, peraltro, l’appropriazione indebita è stata fatta risalire dalla Corte
territoriale al periodo in cui era in corso il rapporto contrattuale tra le parti, per cui
non vi era motivo di eswcludere l’aggravante prevista dall’art.61 n.11 c.p..
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 4 ottobre 2013

il cons. est.
Il Presidente

invece la regola secondo cui la causa estintiva toglie al giudice il potere di esaminare e

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