Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13976 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13976 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL SAWAH GAMAL SALEM ALY N. IL 24/09/1965
avverso la sentenza n. 4782/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO MANCUSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 25/11/2015

Il Pubblico Ministero, in persona del dott. Giovanni Di Leo,
Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, ha concluso
chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché
il fatto non sussiste.

RITENUTO IN FATTO

maggio 2011, il Tribunale di Milano assolveva Gamal Salem Aly EL
SAWAH dal reato previsto dall’art. 12, comma 5-bis, d.lgs. 286 del 1998,
commesso in Milano fino al 17 febbraio 2009, per aver dato alloggio, a
titolo oneroso, al fine di trarne ingiusto profitto, a cittadini
extracomunitari clandestinamente soggiornanti nel territorio nazionale.

2. In accoglimento del gravame proposto dal Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Milano, e in riforma della predetta
decisione, la Corte di appello di Milano, con sentenza emessa il 15
maggio 2014, depositata il 23 giugno 2014, dichiarava l’imputato
colpevole del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di mesi sei di
reclusione, con i benefici della sospensione condizionale e della non
menzione della condanna.

3. L’avv. Valentina Alberta, difensore dell’imputato, ha proposto
ricorso per cassazione datato 14 ottobre 2014, deducendo erronea
applicazione della legge penale, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione. Sostiene che la Corte distrettuale, basandosi
sull’affermazione che «nessun soggetto in condizioni di regolarità sul
territorio dello Stato avrebbe accettato di occupare un alloggio con
caratteristiche analoghe a quello in discorso, per la spesa di € 150,00
mensili», ha trascurato la ratio sottostante il dato normativo contenuto
nell’art. 12, comma 5-bis, d.lgs. 286 del 1998. Il giudice d’appello non ha
tenuto conto che anche l’imputato, così come l’originario coimputato e il
figlio di uno di loro, abitava nello stesso appartamento in cui era stato
fornito alloggio agli stranieri. In definitiva, non è stato considerato che
l’elemento soggettivo della fattispecie criminosa va ravvisato nel dolo
specifico di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di irregolarità dello
straniero.

2

1. Con sentenza pronunciata il 3 aprile 2011, depositata il 19

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’art. 1 decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, entrato in vigore
il 27 maggio 2008 e convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, ha
introdotto nell’art. 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il
comma 5 bis, che, nel testo originario, puniva la cessione a titolo oneroso

di un immobile ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel

La legge 15 luglio 2009, n. 94, in vigore dal giorno 8 agosto 2009,
ha modificato detto comma 5 bis che, per effetto di tale riforma, punisce

chiunque, a titolo oneroso, al fine di trarne profitto, dà alloggio ovvero
cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di
titolo di soggiorno.
Tra gli elementi differenziali spicca il «fine di trarne profitto», che
non era previsto nel testo originario del citato comma

5 bis e che

circoscrive l’area della punibilità. Per effetto della modifica, le cessioni di
immobili a titolo oneroso, a cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti
nel territorio dello stato, non sono punibili qualora manchi l’evidenziato
quid pluris.
Le condotte integranti estremi di reato ai sensi dell’originario testo
del ripetuto comma 5-bis, commesse sotto la sua vigenza, non sono più
punibili ai sensi dell’art. 2, comma secondo, cod. pen., perché non
integrano gli estremi del reato previsto dalla legge posteriore
riformatrice. Inoltre, dette condotte anteriormente commesse, pur
qualora siano caratterizzate dal fine di trarne profitto richiesto dal nuovo
testo, non sono punibili, perché ciò costituirebbe applicazione retroattiva
della legge penale incriminatrice, vietata dall’art. 2, comma primo, cod.
pen.

2. Nel caso in esame, il fatto non è previsto dalla legge come
reato, perché contestato fino al 17 febbraio 2009, cioè con riferimento ad
epoca anteriore all’entrata in vigore della norma riformatrice del citato
comma 5 bis.

3. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata, perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato.

3

territorio dello Stato.

SmA#1′

4 95,- A&’

401 u 11,01

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma il 25 novembre 2015.

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