Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1396 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1396 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORTINO FILADELFO N. IL 23/10/1977
avverso l’ordinanza n. 869/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
07/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 06/11/2015

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza oggi impugnata il tribunale di Bologna ha confermato
l’ordinanza del gip del tribunale di Rimini in data 7.7.2015 con la quale è stata
applicata nei confronti dell’odierno ricorrente Sortino Filadelfo la misura
cautelare della custodia in carcere per il reato di rapina aggravata e altro.
Contro detta pronunzia ricorre l’indagato contestando violazione di legge e
illogicità e insufficienza della motivazione quanto alla sussistenza delle

indicato espressamente gli elementi di fatto che giustificherebbero
l’applicazione della misura cautelare di massimo rigore, ritenedo integrato il
pericolo di reiterazione dei reati solo sulla base della gravità dei fatti e della
personalità dell’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In generale, giova premettere che l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile
del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro
negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1)
l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Cass.
Sez. 6^ sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più
recenti, Cass. Sez. III, 28.2.2012, n. 12763).
Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi che il tribunale ha esposto
una motivazione ricca e dettagliata sulla necessità di applicare la misura di
massimo rigore (cfr.pp. 5 ss. della motivazione) valutando la modalità
professionale della condotta crimisosa, la notevole gravità dei fatti, la
negativa personalità dell’indagato (valutando negativamente la confessione
intervenutasolo dopo l’evidenza della prova sulla colpevolezza). Il tribunale ha
anche evidenziato come l’indagato nel momento in cui è stato arrestato in
esecuzione del provvedimento del gip, era già agli arresti donniciliari per altra

esigenze cautelari di massimo rigore. Si critica che il tribunale non avrebbe

rapina, il che dimostrerebbe logicamente l’incessante ripetersi da parte
dell’indagato, anche in tempi recenti, delle condotte criminose contestategli.
Il ricorso non si confronta con tale ricca decisione, esprimendo una critica
generica alla ritenuta mancanza del pericolo di reiterazione del reato, invece
dettagliatamente motivato, come visto, nella ordinanza impugnata.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della

emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma

1 ter, delle

disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato
articolo 94.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deliberato il 6.11.2015
Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

Il Presidente
D enico Gaf
ll

Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa

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