Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1395 del 04/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1395 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
ORLANDO Salvatore n. Palermo il 2 settembre 1960
avverso la sentenza emessa il 26 marzo 2012 dalla Corte di appello di Palermo

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Alfredo Montagna,
che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore, avv. Francesca Romana De Vita del foro di Palermo, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 04/10/2013

L.

Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 26 marzo 2012 la Corte di appello di Palermo ha
parzialmente riformato la sentenza emessa il 2 marzo 2010 dal giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Palermo con la quale Orlando Salvatore, all’esito del
giudizio abbreviato condizionato, era stato dichiarato colpevole dei nove reati di usura
continuata ascrittigli -per il capo A limitatamente alle condotte messe in atto ai danni

insussistenza del fatto in ordine alle condotte anteriori)- nonché in ordine al reato
continuato di intermediazione finanziaria abusiva (artt.81 cpv. c.p., 132 comma 1 in
rel. all’art.106 D.L.vo n.385/93) ed era stato condannato, ritenuta la continuazione,
con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e con la
riduzione per il rito, alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro
6.000,00 di multa, con la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici
uffici e con l’ordine di confisca ex art.12 sexies 1.356/92 di due unità immobiliari, di un
gommone carenato e cabinato ed accessori già oggetto di sequestro preventivo
disposto il 26 settembre 2007. La Corte territoriale ha ridotto la pena ad anni tre,
mesi quattro, giorni venti di reclusione ed euro 5.120,00 di multa, confermando le
restanti statuizioni.
2. Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione.

2.1 Con il primo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio della
motivazione in relazione all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art.644,
comma quinto n.3, c.p. in relazione al reato di usura contestato al capo H ai danni di
Galati Giordano Maria Rosa, vicina di casa dell’imputato; non risulterebbe infatti
adeguatamente motivato il riconoscimento della situazione di bisogno della persona
offesa (situazione di bisogno fatta derivare dalla necessità della donna di provvedere
alle cure per il coniuge malato e ad altri, non meglio precisati, bisogni essenziali), con
particolare riferimento alla consapevolezza che poteva averne l’imputato nonostante il
rapporto di vicinato; i prestiti, peraltro, erano relativi a somme modeste, circostanza
che spiegherebbe la non trascurabile misura degli interessi pretesi.

2.2

Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio della

motivazione in relazione all’art.12 sexies della legge n.356/92 e alla disposta confisca
dei beni sequestrati in quanto la perizia disposta dal giudice di primo grado non

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di Franzone Antonino dal mese di marzo 2005 (l’Orlando veniva assolto per

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avrebbe tenuto adeguato conto della redditività del lido balneare Due Palme, gestito
dall’imputato, per il quale l’Orlando aveva ricevuto, per due anni, il canone di affitto
annuo di 30.000,00 euro a partire dall’anno 2007.

2.3

Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge e il vizio della

motivazione in relazione all’art.597, comma terzo, c.p.p. quanto all’aumento di pena
per la continuazione determinato dalla Corte di appello in mesi uno e giorni quindici di

giudice di primo grado, invece, aveva indicato l’aumento di pena in mesi uno, giorni
dodici di reclusione ed euro 140,00 di multa) e per il reato di cui all’art.132 comma
primo D.L.vo385/93.

Ritenuto in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1 II primo motivo tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti
alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito. Nella sentenza impugnata si osserva,
quanto alla sussistenza dell’aggravante dello stato di bisogno della persona offesa
Galati Maria Rosa in relazione al reato di usura contestato al capo

H, che dalle

emergenze processuali risultava il frequente ricorso della Galati all’imputato per piccoli
prestiti a causa essenzialmente della malattia del marito, bisognoso di cure da
effettuare a Milano, con l’indicazione delle esplicite conversazioni telefoniche
intercettate in cui la donna diceva, tra l’altro, di “essere in mezzo ad una strada” e
palesava l’urgenza di ottenere il denaro richiesto. Nella motivazione della sentenza di
appello si fa inoltre specifico riferimento ai rapporti personali dell’imputato con la
Galati, sua vicina di casa, e alla conseguente e ragionevole esclusione che l’Orlando
fosse ignaro della situazione di estremo bisogno della donna e della malattia del
marito. Le conclusioni circa la sussistenza dell’aggravante risultano quindi
adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione
delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze
logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata
incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare
direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a
verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso
esauriente e plausibile.

reclusione ed euro 140,00 di multa per ciascuno dei reati di usura in continuazione (il

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3.2

n secondo motivo attiene anch’esso al merito ed è, comunque,

manifestamente infondato.
I rilievi difensivi circa le conclusioni della perizia in ordine alla redditività
dell’attività di gestione dello stabilimento balneare sono stati infatti adeguatamente
valutati nella motivazione della sentenza impugnata, in cui il giudice di merito ha
rilevato che per il periodo 2002-2006 solo nell’anno 2003 l’imputato aveva dichiarato

flessione del 30% negli anni successivi e negli anni 2002 e 2006 un reddito d’impresa
addirittura negativo “ciò significando che i costi per l’esercizio dell’impresa sono stati
maggiori delle entrate”.

La Corte territoriale non ha mancato di prendere in

considerazione il corrispettivo biennale di complessivi 60.000,00 euro concordato per l’
affitto dell’attività imprenditoriale alla società Motor Jet s.a.s. di Gabriele Cuccia & C. a
partire dall’anno 2007, ritenendolo tuttavia ininfluente per giustificare le acquisizioni
mobiliari e immobiliari effettuate negli anni precedenti allorché i redditi prodotti erano
pressoché nulli (peraltro nel settembre 2007 l’Orlando era stato arrestato). Va a
questo riguardo evidenziato che il sindacato demandato alla Corte di Cassazione è
limitato -per espressa volontà del legislatore- a riscontrare l’esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Cass. S.U. 30-4- 1997 n. 6402, Dessimone).
3.3 Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Dalla motivazione della sentenza impugnata si desume che la pena base per il
reato più grave sub A è stata determinata in anni quattro di reclusione ed euro
6.000,00 di multa, ritenuta l’equivalenza delle circostanze attenuanti generiche, ed è
stata aumentata di un mese e giorni quindici di reclusione ed euro 200,00 di multa per
ciascuno degli altri otto reati continuati di usura e di un mese di reclusione ed euro
80,00 di multa per il reato ascritto al capo J, operando sulla pena complessiva di anni
cinque, mesi uno di reclusione ed euro 7.680,00 di multa la riduzione di un terzo per il
rito abbreviato. Nella sentenza di primo grado sia la pena base (anni quattro, mesi tre

un volume di affari appena superiore ai 30.000,00 euro, registrandosi invece una

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di reclusione ed euro 7.200,00 di multa) e che gli aumenti per la continuazione con gli
altri otto reati di usura (mesi tre, giorni cinque ed euro 210,00 ciascuno) e con il reato
scritto al capo J (mesi uno, giorni venti ed euro 120,00) erano superiori.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 4 ottobre 2013

il cons. est.

euro 1.000,00.

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