Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13930 del 03/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13930 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARIANO SALVATORE N. IL 17/04/1971
MARIANO RAFFAELE N. IL 05/07/1975

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avverso l’ordinanza n. 5238/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
09/10/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. (9_, _
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Data Udienza: 03/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1.

Il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame delle misure coercitive,

confermava la applicazione della misura cautelare applicata, Mariano Salvatore
e Mariano Raffaele per il reato di partecipazione al clan camorristico Mariano
agente a Napoli, nel territorio dei quartieri spagnoli.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di

2.1. con riferimento a Mariano Salvatore si deduceva la carenza di gravi indizi in
ordine alla partecipazione alla associazione contestata nonché la mancanza di
attualità delle esigenze cautelari. In particolare si deduceva che l’impegno nella
vendita di latticini non sarebbe in alcun modo indicativo della partecipazione al
clan camorristico;
2.2. con riferimento a Mariano Raffaele mancherebbero i gravi indizi di
colpevolezza essendo emerso che lo stesso era in condizione di
tossicodipendenza e consumava reati comuni connessi a tale stato; sarebbero
carenti anche le esigenze cautelari delle quali non sarebbe stata dimostrata
l’attualità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso proposto nell’interesse di Mariano Salvatore e Mariano Raffaele è
inammissibile.
1.1. Nel ricorso si propone una generica critica alla consistenza del quadro
indiziario senza indicare fratture logiche manifeste e decisive del percorso
motivazionale. in particolare, con riguardo al Mariano Salvatore si svalutava il
valore indiziante dell’impegno dell’indagato nel commercio dei latticini: la
censura non coglie nel segno in quanto dal complesso dell’attività investigativa
valutata dai giudici di merito emergeva che ì prodotti caseari erano “imposti”
dal can e non semplicemente commercializzati.
Del pari non sono conducenti le critiche rivolte nei confronti del compendio
indiziario a carico di Mariano Raffaele; in particolare: risulta inconsistente il
tentativo di depotenziare l’efficacia dimostrativa della conversazione intercettata
nel corso della quale altri sodali criticavano il temperamento troppo impetuoso
dell’indagato ed il suo facile ricorso alle armi, conversazione che il collegio di
merito riteneva invece indicativa della partecipazione dell’indagato al sodalizio.
1.2. Anche le doglianze in ordine alla insussistenza delle esigenze cautelari sono
inammissibili, dato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non
2

Mariano Raffaele e Salvatore che deduceva:

sono emersi, né sono stati allegati dalla difesa, elementi indicativi del recesso
degli indagati dal sodalizio, o indicativi della inesistenza delle esigenze cautelari.
In materia di esigenze cautelari ed associazione a delinquere di stampo mafioso
il collegio condivide l’orientamento secondo cui quando si riconosce la gravità
indiziaria in relazione al reato di associazione mafiosa l’onere motivazionale
gravante sul giudice in materia di riconoscimento delle esigenze cautelari e di
conseguente valutazione della adeguatezza della cautela carceraria patisce una
significativa attenuazione in quanto è limitato alla valutazione di elementi di

Considerata la nota stabilità delle mafie storiche (mafia siciliana, camorra,
`ndrangheta, Sacra Corona unita, anche nelle manifestazioni delocalizzate
presenti nel Nord Italia) il tempo dalla consumazione del reato non è
elemento da solo idoneo ad annullare le esigenze cautelari, ritenute dal
legislatore immanenti all’accertamento della gravità indiziaria in ordine alla
condotta di partecipazione. Del pari: quando si riconoscano i gravi indizi della
partecipazione ad una mafia storica, non può ritenersi che la presunzione di
esistenza delle esigenze cautelari patisca alcuna attenuazione conseguente alla
necessita di valutare attualità e concretezza del pericolo di reiterazione, attributi
questi che sono immanenti alla partecipazione alla associazione mafiosa.
Si ritiene cioè che gli attributi della attualità e della concretezza del pericolo di
reiterazione richiesti (in generale) dalla legge n. 47 del 2015 siano impliciti alla
verifica della ragionevole probabilità di colpevolezza ad associazioni mafiose e
che dunque la (speciale) presunzione assoluta prevista dall’art. 275 comma 3
cod. proc. pen., con la conseguente attenuazione degli oneri motivazionali non
risulti incisa dalla recente modifica normativa.
Nel caso di specie il tribunale rilevava che non erano emersi dalle indagini
elementi indicativi della interruzione della condotta criminosa e la non influenza
della documentazione che attestava lo stato di tossicodipendenza sulla
valutazione del quadro cautelare: si tratta di una motivazione aderente alle
emergenze procedimentali e coerente con le indicazioni della giurisprudenza di
legittimità che si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità.

2.Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che
si determina equitativamente in C 1000,00 ciascuno.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dei
ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa
3

fatto che indichino in concreto la assenza delle esigenze cautelari.

al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile qricorsbe condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp att. cod. proc.
pen.

Il Presidente

Così deciso in Roma, il giorno 3 marzo 2016

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