Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13916 del 09/12/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 13916 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
ALFARONE Giuseppina n. Conca dei Marini (SA) il 30 marzo 1953
VELONA’ Pietro Domenico n. Roma il 29 agosto 1992
SCRIVA Francesca n. Africo (RC) il 25 luglio 1968
VELONA’ Giuseppe n. Bruzzano Zeffirio (RC) il 28 novembre 1954
MOLLICA Domenico Antonio n. Melito Porto Salvo (RC) il 10 settembre 1967
MORABITO Maria n. Africo (RC) il 30 giugno 1969
MORABITO Domenico n. Africo (RC) il 9 agosto 1967
DUDULSKA Anna Izabela n. Polonia il 25 aprile 1973
SCRIVA Placido Antonio n. Africo (RC) 111 aprile 1966
avverso l’ordinanza emessa il 18 giugno 2015, depositata il 21 luglio 2015, dal Tribunale di
Roma nel proc.n.1246/2014 R.G. sequestri;

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;

Data Udienza: 09/12/2015

2-

udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Delia Cardia, che ha chiesto il
rigetto dei ricorsi;
sentiti i difensori di fiducia avv. Giuseppe Milicia del foro di Palmi per i ricorrenti Mollica
Domenico Antonio e Morabito Maria, avv. Carmelo Tripodi del foro di Tivoli per il ricorrente
Mollica Domenico Antonio, avv. Eugenio Bruno Minniti del foro di Locri per i ricorrenti Morabito
Domenico, Dudulska, Alfarone, Velonà Giuseppe, avv. Domenico Cartolano del foro di Roma
per i ricorrenti Alfarone, Velonà Giuseppe, Velonà Pietro Domenico e Scriva Francesca, avv.

raccoglimento dei rispettivi ricorsi;
osserva:

Ritenuto in fatto
1.

Con ordinanza emessa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 18 giugno

2015, depositata il 21 luglio 2015, il Tribunale di Roma si è pronunciato sull’appello proposto
dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del 15 dicembre 2014 con la quale il giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Roma aveva, tra l’altro, rigettato le richieste di misura
cautelare personale della custodia in carcere nei confronti di Scriva Placido Antonio, Morabito
Domenico, Ligato Salvatore, Mollica Domenico Antonio e Velonà Giuseppe in ordine ai reati di
cui all’art.12 quinquies 1.356/1992, aggravati ai sensi dell’art.7 d.l. n.152/91, rispettivamente
ascritti e, di conseguenza, le richieste di applicazione del sequestro preventivo ex art.321
comma 1 e comma 2 cod.proc.pen. dei beni riconducibili ai predetti capi di imputazione. Ai
suddetti indagati si contestava una serie di fittizie intestazioni di beni commesse al fine di
sottrarsi a misure di prevenzione patrimoniali, così agevolando la

‘ndrangheta operante in

Calabria e a Roma per il controllo delle attività illecite sul territorio, commesse in concorso con
gli intestatari fittizi (coniugi e figli) e per i capi 5 e 7 in concorso anche tra alcuni di loro (in
particolare nei confronti dello Scriva in ordine al reato di cui al capo 4 per il periodo successivo
al 12 giugno 2013; nei confronti del Morabito in ordine ai reati ascritti ai capi 5 e 7; nei
confronti del Mollica in ordine al reato ascritto al capo 5; nei confronti del Ligato in ordine al
reato ascritto al capo 5; nei confronti del Velonà in ordine ai reati ascritti ai capi 7, 12, 13 e
14).
2.

Il Tribunale -che in pari data con separata ordinanza, accogliendo parzialmente

l’appello del pubblico ministero, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei
confronti dello Scriva, del Morabito, del Mollica e del Velonà e degli arresti domiciliari nei
confronti del Ligato- ha disposto con la predetta ordinanza l’applicazione del sequestro
preventivo ex art.321 comma 1 cod.proc.pen. nonché ex art.321 comma 2 cod.proc.pen. in
relazione all’art.12 sexies d.l. n.306/92 conv. dalla legge n.356/92:

Pasquale Bartolo del foro di Roma per Scriva Antonio Placido, i quali hanno chiesto

nei confronti dello Scriva -in ordine al reato di cui al capo 4 per il periodo successivo al
12 giugno 2013- dell’autovettura Volkswagen Golf targata EA 595 BC;
nei confronti di Morabito Domenico, del Mollica e di Ligato Salvatore -in ordine al reato
ascritto al capo 5- delle quote sociali della Eurofiori s.r.I., con sede legale in Roma, e
dell’autovettura Mercedes ML targata DC306KKT alla stessa società intestata;
nei confronti di Morabito Domenico e di Velonà Giuseppe -in ordine al reato ascritto al

stessa società intestato in cui si svolge l’attività del bar;
nei confronti di Velonà Giuseppe -in ordine ai reati a lui contestati ai capi 12, 13 e 14- di
un’impresa individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio di combustibile per uso
domestico con sede in Morlupo (capo 12), di due immobili siti in Rignano Flaminio (capo 13) e
di altri tre immobili, siti uno in Roma e due in Alghero, di un lastrico solare sito in Alghero e di
un fabbricato rurale e vari terreni siti in Morlupo e Riano (capo 14);
e, inoltre, il sequestro preventivo ex art.321 comma 2 cod.proc.pen. in relazione
all’art.12 sexies d.l. n.306/92 conv. dalla legge n.356/92:
nei confronti di Alfarone Giuseppina di due conti correnti e tre cassette di sicurezza;
nei confronti di Velonà Giuseppe di due conti correnti;
nei confronti di Velonà Pietro Domenico di un conto corrente;
nei confronti di Scriva Francesca di un conto corrente postale e di due libretti postali
cointestati uno con Ligato Pasquale e uno con Velonà Francesca;
nei confronti di Dudulska Anna Izabela di un conto corrente;
nonché delle somme in contanti che sarebbero state rinvenute nella disponibilità di
Ligato Salvatore, Velonà Giuseppe, Scriva Domenico Antonio, Morabito Domenico, Mollica
Domenico Antonio o ai medesimi riconducibili.
2.

Avverso la predetta ordinanza gli indagati, tramite i rispettivi difensori, hanno

proposto ricorso per cassazione.
3.

Con il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato Scriva (avv. Pasquale Bartolo)

si deduce:
1) l’erronea interpretazione ed applicazione degli artt.310 e 568 co.4 cod.proc.pen. e il
vizio della motivazione in quanto il Tribunale non aveva tenuto conto che nei confronti dello
Scriva il giudice per le indagini preliminari aveva applicato la misura cautelare per il periodo
antecedente (dal 10 giugno 2010 al 12 giugno 2013) relativamente all’intestazione fittizia

capo 7- delle quote sociali della BAR GALLERY s.r.I., con sede legale in Morlupo, e del locale alla

dell’autovettura Volkswagen Polo a Spataro Brigida (parte iniziale del capo 4 dell’incolpazione
provvisoria); il reato è uno solo, la misura cautelare era stata applicata e il pubblico ministero
non aveva interesse a ricorrere per l’applicazione della misura cautelare personale anche in
ordine all’intestazione fittizia della stessa autovettura a Mollica Antonietta (seconda parte del
capo 4 dell’incolpazione provvisoria);
2) la mancanza e manifesta illogicità “interna” ed “esterna” della motivazione; il giudice
per le indagini preliminari non aveva ritenuto reato impossibile l’intestazione fittizia ad un

condotta, tenuto conto delle disposizioni in materia di misure di prevenzione che prevedono
indagini patrimoniali nei confronti dei familiari conviventi (art.19 d.lgs. n.159/2011) e
presunzioni di fittizietà delle intestazioni fatte a favore dei familiari conviventi (art.26 d.lgs.
n.159/2011), vi sarebbe una presunzione, relativa ovviamente ben potendosi dimostrare che
con la fittizia intestazione al parente si volesse perseguire un’altra finalità, di inidoneità della
condotta a raggiungere la finalità fraudolenta dell’elusione delle disposizioni in materia di
misure di prevenzione patrimoniale;
3)

l’erronea interpretazione dell’art.12 quinquies d.I.306/92 e l’illogicità e

contraddittorietà della motivazione in quanto l’art.12 quinquies cit. nel fare riferimento alla
finalità di elusione delle norme in materia di misure di prevenzione patrimoniali avrebbe inteso
riferirsi anche agli artt.19 e 26 d.lgs.159/2011, così escludendo che la condotta elusiva possa
sussistere nel caso in cui il bene sia intestato ad un familiare convivente perché in base proprio
agli artt.19 e 26 citati è prevista la sottoposizione ad indagini patrimoniali dei parenti
conviventi e sussiste la presunzione di fittizietà dei trasferimenti fatti dal proposto a detta
categoria di congiunti;
4)

l’errata interpretazione nell’ordinanza impugnata del provvedimento genetico e

l’erronea interpretazione dell’art.12 quinquies d.I.306/92 nella parte in cui esclude che lo
stesso contenga un espresso rinvio ad una norma di legge statuale (mentre rinvia alle
disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione) e nella parte in cui esclude che le
indagini patrimoniali a carico dei familiari conviventi siano un obbligo per il solo fatto che non è
prevista alcuna sanzione;
5) la violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento alla sussistenza del
dolo specifico, tenuto anche conto del fatto che l’autovettura era già intestata a terza persona
(Spataro Brigida) e che la moglie, successiva intestataria, nel caso di applicazione della misura
di prevenzione sarebbe stata oggetto di indagini patrimoniali;
6) la violazione degli artt.273, 274 e 310 cod.proc.pen. e la mancanza di motivazione in
quanto “il Tribunale, accogliendo l’appello del pubblico ministero, ha applicato la misura
cautelare della custodia in carcere nei confronti dello Scriva, travisando molti dei fatti e delle

familiare convivente (come affermato dal Tribunale), ma aveva sostenuto che per tale

pronunce a cui ha fatto riferimento al fine di ricostruire la cd. caratura criminale, e omettendo
di valutare compiutamente la sussistenza delle esigenze caute/ari”
In data 7 dicembre 2015 sono stati depositati motivi aggiunti a sostegno dei ricorsi per
cassazione (n.36119/15 e n.37373/15 R.G. Cass.) riguardanti le separate ordinanze con le
quali nella stessa data il Tribunale di Roma aveva accolto l’appello del pubblico ministero
avverso il mancato accoglimento della richiesta di applicazione di misura cautelare personale e
di misura cautelare realenei confronti dello Scriva in ordine al reato contestato al capo 4 dopo il

1) l’erronea interpretazione e applicazione dell’art.12 quinquies d.l. n.306/1992 nonché
degli artt.24 e 26 d.lgs. n.159/2011, dell’art.273 co.1 e co.1 bis cod.proc.pen. nella parte in
cui rinvia all’art.192 co.3 e 4 cod.proc.pen. e la carenza e illogicità della motivazione non
essendosi fatto cenno nell’ordinanza impugnata al fatto che la presunta fittizia intestataria era
ed è la moglie convivente del ricorrente e che il reato contestato (commesso, secondo la
contestazione, il 12 giugno 2013) sarebbe un reato impossibile, posto che l’art.26 del d.lgs.
n.159/2011 prevede al comma 2 la presunzione di fittizietà dei trasferimenti e delle
intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuate nei due anni antecedenti la proposta della
misura di prevenzione nei confronti, tra gli altri, del coniuge;
2)

l’erronea interpretazione e applicazione dell’art.12 quinquies d.l. n.306/1992 nonché

degli artt.24 e 26 d.lgs. n.159/2011, dell’art.273 co.1 e co.1 bis cod.proc.pen. nella parte in
cui rinvia all’art.192 co.3 e 4 cod.proc.pen. e la carenza e illogicità della motivazione quanto
alla gravità indiziaria circa la disponibilità da parte dello Scriva dell’autovettura intestata alla
moglie convivente, alla provenienza illecita del denaro utilizzato per l’acquisto del bene e alla
sussistenza del dolo specifico di elusione delle disposizioni di legge in materia di misure di
prevenzione patrimoniali;
3) la violazione degli artt.274 e 275 cod.proc.pen. e la mancanza di motivazione in
ordine alle esigenze cautelari e ai requisiti di proporzionalità e adeguatezza della misura in
relazione al reato contestato in questo procedimento cautelare ed indipendentemente dai fatti
presi in considerazione ai fini dell’emanazione del provvedimento genetico.
4.

Con il ricorso proposto nell’interesse degli indagati Morabito Domenico e

Dudulska Anna Izabela (avv. Eugenio Minniti), si deduce la violazione degli artt.321 co.1 e co.2
cod.proc.pen. e dell’art.12 sexies d.l. n.306/92; si sostiene che nell’ordinanza impugnata la
motivazione sul periculum in mora è apparente, che nulla si dice sulla natura dei proventi
utilizzati per l’acquisizione dei beni sequestrati e sulla capacità reddituale degli acquirenti e,
infine, che la motivazione sarebbe carente anche sul dolo specifico.
4.1. Sono stati depositati il 18 novembre 2015 motivi aggiunti nell’interesse della
ricorrente Dudulska (avv. Eugenio Minniti e avv. Alessandro Diddi) con i quali si deduce la

12 giugno 2013. Con i predetti motivi aggiunti si deduce:

violazione degli artt.127 e 310 cod.proc.pen. per l’omessa notifica dell’avviso di fissazione
dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale di Roma.
5.

Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato Velonà Giuseppe e Alfarone

Giuseppina (avv. Eugenio Minniti) contiene le medesime deduzioni formulate nel ricorso
presentato dallo stesso legale nell’interesse degli indagati Morabito Domenico e Dudulska Anna
Izabela.
Con il ricorso proposto nell’interesse di Alfarone Giuseppina (avv. Domenico

Cartolano) si deduce:
1)

la nullità dell’ordinanza impugnata con riferimento all’art.178 cod.proc.pen. in

relazione agli artt.127 e 310 cod.proc.pen. per l’omesso avviso di fissazione dell’udienza
camerale a seguito di appello del pubblico ministero;
2)

la violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento alla sussistenza

dell’aggravante prevista dall’art.7 d.l. n.152/91, stante la genericità sul punto dell’appello del
pubblico ministero; mancherebbero il fumus dell’attività di interposizione fittizia e il dolo
specifico;
3)

la violazione dell’art.2 cod.pen. (e 25 Cost.) con riferimento all’acquisto

dell’appartamento sito in Roma alla via Balzani (capo 14) ceduto il 28 dicembre 1991 (e non
24 gennaio 1990) all’Alfarone dal padre, prima dell’entrata in vigore della legge n.356/92 e,
quindi, in data in cui il fatto non era previsto dalla legge come reato;
4)

la violazione dell’art.157 cod.pen. perché era stata disattesa, senza alcuna

motivazione, l’eccezione (ff.42,43) di prescrizione per i beni indicati al capo 14;
5)

la violazione di legge e il vizio della motivazione sul fumus commissi delicti, sul

periculum in mora, sul criterio della sproporzione previsto dall’art.12 sexies d.l. n.306/92; la
ricorrente si duole dell’omessa valutazione delle deduzioni difensive sulla lecita provenienza
della provvista per gli acquisti immobiliari; si sostiene che la mancata notifica dell’avviso per
l’udienza fissata dal Tribunale per l’appello cautelare ha impedito all’Alfarone di fornire le sue
giustificazioni; mancherebbe la motivazione sulla perimetrazione cronologica dei beni
suscettibili del provvedimento ablatorio sulla base della pericolosità sociale; mancherebbe la
motivazione sul periculum in mora;
6)

la violazione dell’art.321 co.2 cod.proc.pen. in relazione all’art.12 sexies d.l.

n.306/92; erano stati sequestrati i conti correnti, senza tener conto che su uno di essi era
accreditato lo stipendio di dipendente statale della ricorrente; nelle cassette di sicurezza
sequestrate erano conservati gioielli di famiglia.

6.

q7.

Con il ricorso proposto nell’interesse di Velonà Pietro Domenico (avv. Domenico

Cartolano) vengono dedotte con

il primo, il secondo e il terzo e il quarto dei motivi le

medesime doglianze formulate rispettivamente nel primo, nel secondo, nel quinto e nel sesto
dei motivi del ricorso presentato nell’interesse di Alfarone Giuseppina. Il ricorrente, figlio di
Velonà Giuseppe e Alfarone Giuseppina sostiene con riferimento al reato contestatogli al capo
12 in concorso con i genitori, di essere stato titolare di un’impresa individuale dal

10 giugno

2011, successivamente alla carcerazione del padre iniziata l’8 marzo 2011 e sostituita con gli

regolare comunicazione all’Agenzia delle Entrate e al comune di Morlupo, dell’impresa
individuale (la cui attività era cessata nel dicembre 2013), perché il padre si trovava in
carcere; quanto ai due immobili sequestrati in relazione al reato contestato al capo 13, uno era
stato acquistato dalla madre che aveva contratto allo scopo un mutuo bancario; il denaro
depositato sul conto corrente sequestrato gli serviva per le necessità di studente fuori sede.
7.

Con il ricorso proposto nell’interesse di Velonà Giuseppe si deducono cinque

motivi che corrispondono pressoché integralmente al secondo, terzo, quarto, quinto e sesto dei
motivi presentati dallo stesso avv. Cartolano nell’interesse di Alfarone Giuseppina.
8.

Con il ricorso proposto nell’interesse di Scriva Francesca si deducono cinque

motivi che corrispondono pressoché integralmente al primo, secondo, terzo, quarto, quinto e
sesto dei motivi presentati dallo stesso avv. Cartolano nell’interesse di Alfarone Giuseppina. Si
sostiene, in particolare, che alla Scriva era stato sequestrato un conto corrente intestato al
suocero Ligato Pasquale, invalido civile, e alla stessa Scriva cointestato e, inoltre, due libretti
postali, di cui uno inattivo da anni, in cui “transitavano” le pensioni dei suoceri.
9.

Sono stati depositati il 23 novembre 2015 motivi aggiunti sottoscritti dall’avv.

Minniti e dall’avv. Domenico Cartolano nell’interesse di Velonà Giuseppe, Ligato Salvatore,
Alfarone Giuseppina e Scriva Francesca, con allegata una consulenza sulla capacità reddituale
dell’Alfarone dal 2002 ad oggi; si sostiene che Ligato e Velonà non potevano ritenersi possibili
destinatari di misure di prevenzione, si contesta la qualificazione e valutazione della condotta
dei ricorrenti come idonea a configurare il reato; si evidenzia un contrasto giurisprudenziale tra
la prima e la seconda sezione penale della Corte.
11. Con il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato Mollica e di Morabito Maria (avv.
Giuseppe Milicia), si deduce:
1) la violazione degli artt.321 cod.proc.pen. e 12 quinquies e sexies d.l. n.306/92 e il
difetto di motivazione sulla finalità elusiva delle misure di prevenzione patrimoniali perseguita
dall’indagato attraverso l’attribuzione fittizia delle quote della società Eurofiori; non sarebbe
stata affrontata la questione della provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto delle quote
societarie perché la configurabilità del reato ex art.12 quinquies cit. postula che l’operazione

arresti domiciliari il 23 gennaio 2013; era stato necessaria l’intestazione a suo nome, con

negoziale attenga a soggetti e a beni suscettibili in concreto di confisca a titolo di misura di
prevenzione patrimoniale (Cass. sez.I 20 febbraio 2014 n.17605 ribaditi in sentenze Tornese e
Crea 2015 della I sez.penale; si è ignorato che il bene non era suscettibile di confisca a titolo di
misura di prevenzione patrimoniale perché la relativa confisca penale era stata revocata sulla
base della non accertata provenienza da delitto della somma utilizzata per l’acquisto, con
conseguente violazione del principio del ne bis in idem; la pericolosità sociale del Mollica
cessata pericolosità sociale;

Morabito Maria, coniuge convivente;
3) la motivazione apparente sul periculum in mora.

Considerato in diritto

1.

Va premesso che -secondo quanto affermato più volte da questa Corte,

anche a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 29 maggio 2008 n.25932, Ivanov; 28 gennaio
2004 n.5876, p.c.Ferrazzi in proc. Bevilacqua; 28 maggio 2003 n.25080, Pellegrino)- il
ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma degli artt.322 bis e 324
c.p.p. in materia di sequestro preventivo e di sequestro probatorio (in quest’ultimo
caso per effetto del rinvio operato dall’art.257 c.p.p. all’art.324 c.p.p.) può essere
proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge, comprendente sia
l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale
(art.606 co.1 lett.b e c c.p.p.) sia il difetto di motivazione che si traduca, a sua volta,
in una violazione della legge processuale (art.125 co.3 c.p.p.) perché l’apparato
argomentativo manchi completamente o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l’iter logico
posto a fondamento del provvedimento impugnato (motivazione meramente
apparente). E’ pertanto preclusa alla Corte una valutazione che possa risolversi in
un’anticipata decisione della questione di merito e quindi in una verifica in concreto
della fondatezza della tesi accusatoria. Il sindacato sulle condizioni di legittimità della
misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una delibazione sommaria della
congruità degli elementi rappresentati in cui, senza prescindere dalle concrete
risultanze processuali e dalle contestazioni difensive (Cass. sez.IV 14 marzo 2012
n.15448, Vecchione; sez.VI 21 giugno 2012 n.35786, Buttini; sez.V 26 gennaio 2010
n.18078, De Stefani; sez.II 2 ottobre 2008 n.2808, Bedino; sez.V 15 luglio 2008
n.37695, Cecchi Gori; sez.IV 29 gennaio 2007 n.10979, Veronese; sez.I 19 dicembre
2003 n.1885, Cantoni; sez.II 21 ottobre 2003 n.47402, Di Gioia; sez.III 11 giugno

2) la mancanza di motivazione sulla finalità elusiva attraverso l’intestazione del bene a

5
2002 n.36538, Pianelli; sez.VI 3 marzo 1998 n.731, Campo; Sez. Un.20 novembre
1996 n.23, Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale e
fattispecie reale solo se ravvisabili ictu °cui/.
Nell’esame dei ricorsi si prescinderà quindi dai dedotti vizi di motivazione, la cui
deduzione è inammissibile in questa sede.
2.

I ricorsi proposti nell’interesse di Scriva Antonio Placido, Morabito Domenico,

abbia presentato ricorso, benché figuri tra i soggetti nel cui interesse sono stati presentati
motivi aggiunti in data 23 novembre 2015 dagli avv.ti Minniti e Cartolano.
3.

Quanto al ricorso dello Scriva, la Corte osserva quanto segue.

3.1. Il primo motivo è infondato poiché la condotta del delitto di trasferimento
fraudolento di valori (art. 12 quínquies D.L. n. 306 del 1992, conv. in I. n. 356 del 1992), che
ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti, può ben articolarsi in una pluralità di
concatenate attribuzioni fittizie tendenti all’unico fine di eludere le disposizioni in materia di
misure di prevenzione (Cass. sez.I 28 maggio 2010 n.23266, Martiradonna; sez.II 5 ottobre
2011 n.39756, Ciancimino; sez.II 19 novembre 2015 n.47452, Iannazzo). Si è anche
condivisibilmente affermato (Cass. sez.II 20 aprile 2012 n.23197, Modica) che deve escludersi
la configurabilità di un mero “postfatto” non punibile nel caso in cui, ad una prima condotta di
fittizia attribuzione di beni od utilità, seguano operazioni volte a creare o trasformare nuove
società ovvero ad attribuire fittiziamente nuove utilità agli stessi o a diversi soggetti, sempre
che si tratti di operazioni dirette al medesimo scopo elusivo.
3.2. Il secondo, il terzo e il quarto dei motivi del ricorso principale -relativi alla
configurabilità del reato contestato nel caso, come quello di specie, in cui il fittizio intestatario
sia il coniuge- sono infondati.
Il giudice dell’appello cautelare (ff.9-12 dell’ordinanza impugnata) ha ritenuto,
richiamando una recente pronuncia di questa Corte condivisa dal collegio (Cass. sez.VI 6
maggio 2014 n.37375, P:T in proc.Filardo), che, al contrario di quanto sostenuto dal giudice
per le indagini preliminari nell’ordinanza appellata dal pubblico ministero, ai fini della
configurabilità del reato previsto dall’art. 12-quinquies della I. n. 356 del 1992 è sufficiente
l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità
anche nel caso in cui i beni siano stati intestati ad un familiare di un soggetto sottoposto o
sottoponibile ad una misura di prevenzione patrimoniale. L’art. 2 ter, ultimo comma, della
legge n. 575 del 1965 -ora sostituito dall’art. 26, comma secondo, del d. Igs. n. 159 del 2011nel prevedere presunzioni d’interposizione fittizia destinate a favorire l’applicazione di misure di
prevenzioni patrimoniali antimafia non impedisce, infatti, di configurare, eventualmente anche

Velonà Giuseppe e Mollica Domenico Antonio vanno rigettati. Non risulta che Ligato Salvatore

2,0

a titolo di concorso, il delitto di cui all’art. 12 quinquies I. n. 356 del 1992, trattandosi di norme
relative a situazioni aventi presupposti operativi ad effetti completamente differenti (Cass.
sez.VI 6 maggio 2014 n.20769, P.M. in proc.Barresi). In particolare la Corte ha ritenuto che il
reato di cui al citato art. 12 quinques si manifesta attraverso una condotta comunque capace
di mettere in pericolo l’interesse protetto dello Stato, tenuto conto “che l’esistenza di una mera
presunzione relativa di elusività nella intestazione di beni ai familiari del proposto (ai sensi
della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter) non è certo elemento idoneo ad escludere ex se

deliberato scopo di eludere, appunto attraverso la propria interposizione fittizia, la efficacia di
adottande misure di prevenzione patrimoniale” (Cass. sez.I n. 31884 del 06/07/2011, Asaro,
non nriass.).DNon bisogna quindi confondere gli elementi integranti la fattispecie incriminatrice
in esame con i criteri di giudizio ovvero con le presunzioni iuris tantum previste dalla disciplina
delle misure di prevenzione reale ai fini dell’adozione di siffatti provvedimenti di natura
ablatoria, anche perché assimilare le due “situazioni”, aventi presupposti operativi ed effetti
completamente differenti, finirebbe per comportare l’arbitraria, e perciò inammissibile,
creazione di una causa di esclusione della punibilità a norma del menzionato art. 12
quinquies.12La Corte in altra pronuncia (Cass. sez.II 27 ottobre 2011 n.5595, Cuscinà e altro),
anch’essa condivisa dal collegio, ha precisato che l’ambito di operatività del predetto art. 2-ter
è squisitamente processuale, poiché la disposizione regolamenta particolari aspetti del
procedimento di prevenzione per le misure patrimoniali, mentre quello dell’art. 12- quinquies è
penale sostanziale, poiché la disposizione punisce con la reclusione la fittizia intestazione comunque commessa- di un bene ad un qualsiasi soggetto terzo, al fine di eludere le
disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, con la conseguenza che
l’applicazione dell’una non esclude l’applicazione dell’altra. La tesi secondo la quale, per la
sussistenza del reato de quo, non basterebbe la sola fittizietà della intestazione in favore di
uno dei suddetti soggetti, ma occorrerebbe la presenza di ulteriori elementi di fatto che siano
capaci di concretizzare la capacità elusiva dell’operazione (Cass. sez.V 9 luglio 2013 n. 45145,
Femia, non mass.; sez.I 2 aprile 2012 n. 17064, Ficara, non mass.), non viene invece
condivisa in quanto tale esegesi finirebbe per richiedere la sussistenza di elementi costitutivi
della fattispecie incriminatrice non previsti dall’art. 12

quinquies, attribuendo tale veste a

elementi fattuali che potrebbero avere solo una rilevanza ai fini della verifica della esistenza
del necessario elemento psicologico del delitto. Né appare oltremodo valorizzabile la
circostanza che la legge n. 575 del 1965, art. 2 ter, u.c., – ora sostituito dalla disposizione di
analogo contenuto del d.Lgs. n. 159 del 2011, art. 26, comma 2, – stabilisce che, fino a prova
contraria, si presumono fittizi i trasferimenti e le intestazioni effettuati nei due anni precedenti
alla proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente e del
coniuge (Cass. sez.I 9 novembre 2012 n. 4703, Lo Giudice, non mass.), anche considerato che
questa forma di presunzione iuris tantum, destinata ad operare nell’ambito del già avviato
procedimento di prevenzione e solo per un limitato arco temporale, era stato introdotta con il

l’offensività del contestato delitto ex art. 12 quinquies legge n.356/1992, commesso al

X4

d.l. n. 92 del 2008, convertito nella I. n. 125 del 2008, in epoca di gran lunga successiva alla
data di entrata in vigore della disposizione incriminatrice in argomento, per la cui applicabilità
non è neppure necessario che un procedimento di prevenzione sia stato avviato, posto che
l’oggetto giuridico del delitto di trasferimento fraudolento di valori si indentifica con l’interesse
ad evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di
prevenzione (Cass. sez.VI 4 luglio 2011, Barbieri).

In relazione ai provvedimenti che dispongono misure di cautela reale, nella valutazione
del fumus commissi delicti può rilevare anche l’eventuale difetto dell’elemento soggettivo del
reato, purché di immediata evidenza (Cass. sez.VI 6 febbraio 2014 n.16153, Di Salvo; sez.II 2
ottobre 2008 n.2808, Bedino), insussistente nel caso in esame essendosi la difesa limitata a
prospettare solo una finalità diversa da quella che caratterizza il dolo del reato in contestazione
e che nel provvedimento oggetto di ricorso è stato motivatamente ritenuto sussistente.
3.4. Il sesto motivo e i motivi aggiunti non sono coerenti con il provvedimento
impugnato, riguardando specificamente la misura cautelare personale e non quella reale.
4. I ricorsi proposti dall’avv. Minniti nell’interesse degli indagati Morabito e Dudulska e
degli indagati Velonà Giuseppe e Alfarone Giuseppina sono in gran parte generici
comprendendo censure formulate in modo stereotipato, senza riferimenti alla fattispecie
concreta e senza alcun collegamento con i passaggi della motivazione dell’ordinanza
impugnata, risolvendosi in una serie di doglianze prive di contenuto specifico che non
consentono il controllo di legittimità; peraltro nell’ordinanza impugnata sono stati indicati in
relazione ai singoli reati gli elementi di gravità indiziaria emersi nei confronti sia del Morabito
che del Velonà, nei cui confronti è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere in
accoglimento dell’appello del pubblico ministero.
4.1. E’ del tutto generica invece la motivazione dell’ordinanza impugnata circa la
sussistenza del periculum in mora per quanto riguarda l’unico bene direttamente sequestrato
alla Dudulska (conto corrente n.3833 presso la banca di Credito cooperativo di Riano), per il
quale si ritiene di dover emettere sentenza di annullamento con rinvio. Il periculum in mora
deve, infatti, essere concretamente individuato sia pure in termini di semplice probabilità del
collegamento del bene sequestrato con la contestata condotta di interposizione fittizia, sotto il
profilo della sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del
soggetto e della mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi in ordine alla
quale le difese con il ricorso per cassazione hanno fornito giustificazioni non del tutto
implausibili e meritevoli di verifica.
4.2. Il motivo aggiunto presentato nell’interesse della ricorrente Dudulska con il quale si
deduce la violazione degli artt.127 e 310 cod.proc.pen., per l’omessa notifica dell’avviso di

3.3. Il quinto motivo è del pari infondato.

42
fissazione dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale di Roma, è inammissibile. La Corte rileva
che l’ordinanza impugnata non risulta essere stata oggetto di ricorso per cassazione con il
ricorso principale sotto questo profilo e che, secondo la consolidata giurisprudenza di
legittimità, in tema di ricorso per cassazione contro provvedimenti

de libertate emessi dal

giudice del riesame, l’art. 311, comma quarto, cod. proc. pen. non introduce alcuna deroga al
principio generale della necessaria connessione tra i motivi originariamente dedotti nel ricorso
principale e quelli nuovi, ma modifica soltanto il termine per la presentazione di questi ultimi

discussione (Cass. sez.I 14 luglio 2011 n.46711, Colitti; sez.III 13 novembre 2007 n.2923,
Picone; Cass. Sez.Un.25 febbraio 1998 n.4683, Bono ed altri; sez.I 5 giugno 1997 n.969,
Marraffa). Peraltro la doglianza è infondata, come si vedrà nell’esame di analogo motivo
dedotto da altri ricorrenti (Alfarone, Velonà Pietro Domenico, Scriva Francesca).
5. Il ricorso presentato nell’interesse di Alfarone Giuseppina è parzialmente fondato.
5.1. Il primo motivo è infondato.
Il collegio condivide la giurisprudenza, anche di questa sezione (Cass. sez.II 22
febbraio 2013 n.22153, Ucci e altri; sez.V 27 gennaio 2012 n.19890, Costanzo; sez.III 27
gennaio 2010 n.8179, Calonaci; sez. V 15 luglio 2008 n.37695, Cecchi Gori e altro), secondo la
quale il sistema complessivamente previsto dagli artt. 310 e 322 cod.proc.pen tende a limitare
la partecipazione dei potenziali interessati alle procedure camerali instaurate a seguito di
istanza di riesame o di appello, anche in considerazione della rilevanza che nel corso delle
indagini preliminari assumono le esigenze di semplicità e speditezza della procedura. Va quindi
escluso che in caso di appello del pubblico ministero avverso il provvedimento del giudice delle
indagini preliminari in tema di sequestro preventivo il tribunale investito della decisione debba
dare avviso a tutte le persone che possono considerarsi come “terzi” interessati. Tale soluzione
non comporta alcuna violazione indebita dei diritti dei terzi, così come non la comporta il
decreto di sequestro emesso inaudita altera parte dal giudice delle indagini preliminari. Del
resto la partecipazione dei terzi al solo giudizio di appello li priverebbe della possibilità del
doppio esame ad opera del giudice di merito, mentre deve escludersi che nei confronti del
terzo non partecipe della procedura possa essere opposta qualsiasi forma di preclusione, con la
conseguenza che nell’ipotesi di adozione della misura cautelare egli potrà far valere
considerazioni critiche concernenti sia il fumus di reato sia l’esistenza di specifiche esigenze
cautelari.
5.2.

Il secondo motivo è infondato.

L’eccezione generica di inammissibilità dell’appello proposto dal pubblico ministero è
stata motivatamente disattesa (ff. 5,6) essendosi correttamente ravvisato l’interesse del
pubblico ministero a dolersi del provvedimento del giudice per le indagini preliminari nel fine di

che non è più quello generale di quindici giorni prima dell’udienza ma è spostato all’inizio della

perseguire il mantenimento, la modifica o l’imposizione di una misura cautelare che lo legittima
ad agire. Con specifico riferimento alla sussistenza dell’aggravante prevista dall’art.7 d.l.
n.152/91, la Corte osserva che il pubblico ministero, come si desume dallo stesso testo
dell’ordinanza impugnata, con l’appello dava atto che il giudice per le indagini preliminari aveva
riconosciuto per tutti i capi oggetto del gravame (4 limitatamente al periodo successivo al 12
giugno 2013, 5, 7, 12, 13 e 14) la gravità indiziaria “in ordine all’attribuzione fittizia in sé, così
come contestata”, comprensiva quindi dell’aggravante in questione, rinviando integralmente a

configurabilità, negata dal giudice per le indagini preliminari, del reato contestato nel caso,
come quello di specie, in cui i fittizi intestatari fossero coniugi o figli dei ricorrenti. A f.45
dell’ordinanza impugnata, quindi nel contesto del medesimo provvedimento impugnato,
l’analoga doglianza formulata dalla difesa del Velonà è stata ritenuta infondata con motivazione
che può riferirsi anche all’Alfarone (“Il Collegio ritiene infondata la dedotta mancata espressa
impugnazione dell’aggravante da parte del P.M. il cui appello è limitato ai capi di imputazione
integralmente e perfettamente coincidenti con quelli originariamente formulati nella richiesta di
misura cautelare parzialmente rigettata dal G.I.P., comprensivi, quindi, anche della suddetta
aggravante la cui cognizione è, pertanto, integralmente devoluta a questo giudice”).
5.3.

Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo appaiono fondati esclusivamente

nella parte in cui si deduce il mancato esame delle allegazioni in atti in ordine specificamente
all’acquisto, avvenuto con atto pubblico del 24 gennaio 1990 come risulta dall’ordinanza
impugnata (f.42), della nuda proprietà da parte dell’Alfarone dell’immobile sito in Roma alla via
Balzani 67 e agli acquisti di altri beni immobili (f.42 dell’ordinanza impugnata) acquistati
nell’anno 1996, nonché alla disponibilità di due conti correnti e tre cassette di sicurezza. La
motivazione dell’ordinanza è apparente nella parte in cui si dispone, relativamente a tali beni
immobili, il sequestro (unitamente ad altri immobili indicati nel capo 14), senza valutare
adeguatamente l’epoca in cui furono effettuati gli acquisti immobiliari e le relative provviste e
senza verificare se l’Alfarone oltre lo stipendio di dipendente pubblica avesse avuto nel corso
degli anni entrate tali che le potessero consentire di effettuare gli acquisti suddetti con risorse
proprie o provenienti dalla famiglia di origine. Analogamente appare essenziale verificare se
uno dei conti sequestrati fosse effettivamente utilizzato dalla ricorrente per l’accreditamento
dei suoi emolumenti mensili. Un accertamento rigoroso al riguardo si imponeva, tanto più che
l’interessata non era stata avvisata per l’udienza camerale e non aveva avuto modo di
interloquire. E’ pertanto indispensabile un approfondimento da parte del giudice di merito, in
sede di rinvio, in ordine al bene immobile sopra indicato e ai conti correnti e alle cassette di
sicurezza riferibili alla ricorrente di cui è stato disposto il sequestro preventivo, alla luce delle
allegazioni esistenti in atti e della documentazione integrativa eventualmente prodotta dalla
difesa sulla base di accertamenti in ordine alla capacità reddituale autonoma dell’indagata e
alle eventuali risorse della stessa non provenienti dal reddito.

quanto evidenziato nella stessa ordinanza. L’appello riguardava quindi lo specifico punto della

44
Quanto all’eccepita prescrizione la Corte rileva che il reato contestato è aggravato
dall’art.7 d.l. n.152/91 e che i termini di prescrizione sono raddoppiati ai sensi degli artt.157
cod.pen. e 51 co.3 bis cod.proc.pen.
6. Relativamente ai ricorsi proposti nell’interesse di Velonà Pietro Domenico (figlio di
Velonà Giuseppe) e Scriva Francesca (nuora di Velonà Giuseppe) la Corte osserva

che

le

doglianze oggetto del primo motivo dei ricorsi in questione (mancato avviso ex art.310
cod.proc.pen ai ricorrenti) sono infondate per le ragioni indicate nell’esaminare il primo motivo

ricorsi in questione (violazione di legge in ordine all’inammissibilità dell’appello del pubblico
ministero con riferimento alla richiesta di provvedimenti cautelari reali e all’aggravante prevista
dall’art.7 1.203/91). Il terzo motivo proposto dalla ricorrente Scriva (prescrizione del reato) è
infondato in quanto il reato contestato è aggravato dall’art.7 d.l. n.152/91 (sotto il profilo
dell’agevolazione ad associazione mafiosa) e i termini di prescrizione sono raddoppiati ai sensi
degli artt.157 cod.pen. e 51 co.3 bis cod.proc.pen.
Quanto al terzo motivo proposto nell’interesse di Velonà Pietro Domenico e al quarto
motivo proposto nell’interesse di Scriva Francesca, lo stesso è infondato attese le inequivocabili
emergenze investigative (intercettazioni ff.33-41 per Velonà; ff.15-29 per Scriva F.)
dell’ordinanza impugnata che giustificano la ritenuta sussistenza del

fumus

dei reati

rispettivamente contestati ai ricorrenti. Velonà Giuseppe è risultato prestanome del padre
nella gestione dell’impresa individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio di
combustibile per uso domestico e fittizio intestatario di due appartamenti siti in Rignano
Flaminio cui provvedeva personalmente, anche in stato di detenzione, il genitore dando
disposizioni come effettivo proprietario (v, in particolare ff.40, 41). La Scriva, moglie di Ligato
Salvatore, agiva quale fittizia intestataria di quote sociali della Eurofiori, di cui in realtà non si
era mai interessata essendo il marito, il Morabito e il Mollica i veri titolari della società.
Il quarto motivo proposto nell’interesse di Velonà Pietro Domenico, quanto al sequestro
del conto corrente, e il quinto motivo dedotto nell’interesse della Scriva, quanto al sequestro di
un conto corrente postale e di due libretti postali (cointestati sia il conto che i libretti) sono
invece fondati. Il periculum in mora deve essere concretamente individuato sia pure in termini
di semplice probabilità del collegamento del bene sequestrato con la contestata condotta di
interposizione fittizia, sotto il profilo della sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o
alle attività economiche del soggetto e della mancata giustificazione della lecita provenienza
dei beni stessi in ordine alla quale le difese con il ricorso per cassazione hanno fornito
giustificazioni non del tutto implausibili e meritevoli di verifica.
7.

Il ricorso proposto nell’interesse di Velonà Giuseppe dall’avv. Cartolano è

infondato. Il primo motivo è infondato per la stessa motivazione esposta in relazione alla

(ÌA-

del ricorso dell’Alfarone. Analogamente va detto per quanto riguarda il secondo motivo dei

/(5

ritenuta infondatezza del secondo motivo di ricorso proposto dalla ricorrente Alfarone
Giuseppina.
Il secondo (indicato come terzo), il terzo e il sesto motivo corrispondono agli analoghi
motivi dedotti nell’interesse di Alfarone Giuseppina (per la cui posizione è stata emessa
pronuncia di parziale annullamento con rinvio, relativamente ad alcuni dei beni sequestrati di
cui è stata ipotizzata la fittizia intestazione) e infondati per quanto riguarda i restanti beni
sequestrati a Velonà Giuseppe, per i quali le censure risultano generiche. Quanto all’eccepita

termini di prescrizione sono raddoppiati ai sensi degli artt.157 cod.pen. e 51 co.3 bis
cod.proc.pen.
Il quarto motivo è del tutto generico ed è smentito dalla dettagliata, comunque non
inesistente, motivazione dell’ordinanza impugnata quanto al sequestro disposto nei confronti
del ricorrente quanto al fumus commissi delicti e al periculum in mora.
Il quinto motivo non è elencato, passandosi nel testo del ricorso direttamente dal quarto
al sesto motivo riguardante essenzialmente la posizione dell’Alfarone.
8. Quanto al ricorso di Mollica Domenico Antonio e di Morabito Maria (nella qualità di
indagata e interessata alla restituzione del bene), la Corte osserva quanto segue.
8.1. Il primo motivo è infondato quanto alla dedotta carenza assoluta di motivazione in
ordine al fumus poiché nell’ordinanza impugnata ampio spazio (ff.14-29) è dedicato ai plurimi
e gravi elementi indiziari emersi dalle indagini (intercettazioni, dichiarazioni di vari soggetti in
rapporti commerciali con la società Eurofiori) e posti a fondamento dell’ordinanza cautelare
personale emessa in sede di appello cautelare a carico tra gli altri del Mollica. Costui era
risultato effettivo socio della Eurofiori s.r.l. il cui assetto sociale era mutato negli anni e
nell’anno 2009 vedeva Morabito Maria, sua moglie e sorella di Morabito Domenico, socia al
33% pur non essendosi mai occupata della società in cui il marito, unitamente al Morabito e al
Ligato, svolgeva invece parte attiva risultandone tuttavia solo dipendente. Quanto
all’intestazione fittizia a scopo elusivo, va ricordato che lo “scopo elusivo” che connota il dolo
specifico del reato contestato prescinde dalla concreta possibilità dell’adozione di misure di
prevenzione patrimoniali all’esito del relativo procedimento, essendo integrato anche soltanto
dal fondato timore dell’inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito
(Cass. sez.II 30 settembre 2014 n.52614, P.M. in proc. Lapelosa). I trascorsi giudiziari del
Mollica -già sottoposto a misura di prevenzione personale, ancorché revocata nell’anno 2007,
dopo aver riportato una condanna, irrevocabile nell’anno 2000, ad otto anni di reclusione per
associazione mafiosa- e il contesto familiare e sociale di riferimento, descritto nel
provvedimento impugnato, rendevano concreto il timore dell’avvio di un procedimento di
prevenzione patrimoniale, al di là delle pronunce pur favorevoli.

prescrizione la Corte rileva che il reato contestato è aggravato dall’art.7 d.l. n.152/91 e che i

,{c
8.2. Il secondo motivo è infondato per le stesse considerazioni espresse nell’analizzare
gli analoghi motivi proposti nell’interesse del ricorrente Scriva in ordine alla configurabilità del
reato contestato nel caso che l’intestazione fittizia riguardi il coniuge o i figli conviventi.
8.3. Il terzo motivo è infondato.
Quanto alla revoca della confisca in precedenza disposta ex art.12 sexies d.l. n.306/92
in relazione alla quota della società Eurofiori da parte della Corte di appello di Reggio Calabria,

che hanno dato luogo anche all’applicazione di misure cautelari personali nei confronti del
Mollica sulla base della ritenuta gravità indiziaria in ordine ad analoghi reati, con
provvedimento passato anche al vaglio di questa Corte (gravità indiziaria che va al di là del
mero fumus necessario per disporre il sequestro preventivo, nel caso di specie disposto anche
ai sensi dell’art.321 comma 1 cod.proc.pen). Nel ricorso, peraltro, non si indica quale sarebbe
la finalità, diversa da quella elusiva contestata, perseguita dal ricorrente attraverso la condotta
di interposizione messa in atto attraverso ripetute trasferimenti di quote di una società in cui
ha sempre figurato (fino al “licenziamento” del novembre 2012) come mero dipendente pur
svolgendo un’attività di fatto imprenditoriale, mentre la moglie Morabito Maria risultava essere
solo formalmente socia della medesima società al 33%. Nei confronti di Morabito Maria nulla
risulta essere stato direttamente sequestrato ai sensi dell’art.321 comma 2 cod.proc.pen.,
mentre nei soli confronti del Mollica risulta essere stato disposto il sequestro ai sensi
dell’art.321 commi 1 e 2 delle quote sociali della Eurofiori s.r. e di un’autovettura Mercedes
intestata alla predetta società.
9.

L’ordinanza impugnata va quindi annullata nei confronti di Alfarone Giuseppina,

Velonà Pietro Domenico, Scriva Francesca, Dududlska Anna Izabela e Morabito Maria (nei
confronti di quest’ultima non risulta disposto in realtà alcun sequestro e la rivalutazione della
sua posizione, ove necessaria, non potrà comunque riguardare il sequestro delle quote sociali e
dell’autovettura di cui è stato disposto il sequestro personalmente nei confronti del coindagato
Mollica Domenico Antonio), con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame in ordine alle
rispettive deduzioni difensive (v. 5.3. per Alfarone; 6. Per Velonà Pietro Domenico e Scriva
Francesca, 4.1. per Dudulska; 8.3 per Morabito Maria).
10.

Al rigetto dei ricorsi di Scriva Antonio Placido, Velonà Giuseppe, Morabito

Domenico, Mollica Domenico Antonio consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rileva che nel ricorso non si tiene conto del fatto nuovo costituito dalle recenti indagini

d

i_

annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di Alfarone Giuseppina, Velonà Pietro Domenica,
Scriva Francesca, Morabito Maria e Dudulska Anna Izabela con rinvio al Tribunale del riesame
di Roma per nuovo esame.
Rigetta i ricorsi di Scriva Antonio Placido, Velonà Giuseppe, Morabito Domenico, Mollica
Domenico Antonio, che condanna al pagamento delle spese processuali.

il cons. est.

Roma 9 dicembre 2015

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA