Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13907 del 16/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13907 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BECCALLI OSCAR MAURIZIO CLAUDIO N. IL 11/06/1965
TRIPI MAURIZIO N. IL 13/12/1965
avverso la sentenza n. 92/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
31/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 2A ^( 2ì AA-99A
che ha concluso per
(„Lso„u_AA„,-.A21.

Udito, per la pa e civile, l’Avv
Udit i difenso A

Data Udienza: 16/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di riqualificava il fatto contestato agli imputati come
tentata rapina aggravata (laddove il Tribunale aveva invece ritenuto che la
rapina dovesse ritenersi consumata) e condannava gli stessi alla pena di anni sei
di reclusione ed euro 2000 di multa.

2.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore del Beccalli

2.1. violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. si deduceva
che la “riqualifica” del fatto inizialmente contestato come rapina tentata in
rapina consumata sarebbe invece una immutazione del fatto non consentita
all’organo giudicante; sarebbe stata violato anche l’art.. 6 della Convenzione
europea dei diritti umani come interpretata dalla Corte di Strasburgo nel caso
Drassich v. Italia;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
concessione dell’attenuante del fatto di speciale tenuità: l’azione criminosa non
avrebbe prodotto un danno rilevante in quanto era attiva la copertura
assicurativa;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
concessione delle attenuanti generiche. Si deduceva che non sarebbero stati
analizzati tutti gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen. al fine di valutare la
concedibilità delle attenuanti invocate. In particolare non sarebbe stato valutato
lo stato di tossicodipendenza degli imputati, la progettazione estemporanea della
rapina, la lieve entità del danno, il mancato ricorso alla violenza e la condotta
complessiva tenuta dagli imputati, che sarebbe indicativa della volontà di evitare
atti di violenza gratuita. Inoltre non era stato adeguatamente considerato che
il Beccalli era affetto da gravi patologie;
2.3. violazione di legge e vizio dì motivazione nella determinazione della pena
base, che sarebbe stata determinata senza tenere conto della finalità rieducativa
della pena e delle circostanze evidenziate con il precedente motivo di ricorso,
che censurava il diniego di concessione delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il primo motivo inammissibile per carenza di interesse il quanto la Corte di
appello aveva riqualificato nuovamente il fatto come rapina tentata, in coerenza
con la scelta effettuata dal pubblico ministero con l’atto di esercizio dell’azione
2

che deduceva:

penale, non ritenendo legittima la riqualifica effettuata dal primo collegio di
merito.
1.2. Il motivo di ricorso che deduce la illegittimità del diniego della attenuante
del fatto di speciale tenuità è, del pari, inammissibile. La Corte di merito con
valutazione aderente alle emergenze processuali riteneva il danno di “particolare
gravità” tenuto conto dei complessivi effetti dannosi dell’azione criminosa.
Si tratta di una motivazione che non si presta a censure in sede di legittimità in
quanto ostende una valutazione di merito insindacabile nella misura in cui si

senza alcun travisamento delle stesse.
1.3. Anche il motivo di ricorso che deduce la illegittimità del diniego di
concessione della attenuanti generiche è inammissibile.
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli
faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo
disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass. Sez. 6, n. 34364 del
16/06/2010 Rv. 248244; Cass. Sez. 1^ sent. n. 3772 del 11.01.1994 dep.
31.3.1994, rv 196880).
La concessione delle attenuanti generiche richiede infatti l’apprezzamento di
elementi positivi che orientino la discrezionalità affidata al giudice nella
definizione del trattamento sanzionatorio verso la eventuale inflizione di una
sanzione meno gravosa. Nel caso di specie il collegio di merito non rilevava
elementi positivi idonei a legittimare il riconoscimento del beneficio invocato, non
essendo stata ritenuto, tra l’altro, la confessione sintomatica di reale
resipiscenza.
1.4. Infine: sono inammissibili anche le doglianze relative al trattamento
sanzionatorio. La determinazione in concreto della pena è frutto di una
valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità. Al riguardo si condivide
la giurisprudenza della Corte di cassazione secondo cui la graduazione della
pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le
circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di
merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi
enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la
censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Cass. sez. 5, n.
5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142)

3

fonda sull’apprezzamento discrezionale delle emergenze processuali disponibili,

Pertanto il giudice di merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita
valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’articolo 133 cod. pen., assolve
adeguatamente all’obbligo della motivazione; infatti, tale valutazione rientra
nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione dei criteri adottati
per addivenirvi in concreto (Cass. Sez. 2, sent. n. 12749 del 19/03/2008, dep.
26/03/2008, Rv. 239754; Sez. 4, sent. n. 56 del 16/11/1988, dep. 5/1/1989 rv
180075). La determinazione in concreto della pena costituisce, infatti, il risultato
di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi

dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione
alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del
20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n.
117242).

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in C 1500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro 1500.00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 16 marzo 2016
L’estensore

Il Presidente

offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice

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