Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13901 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 13901 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BRUSCO CARLO GIUSEPPE

SENTENZA

sutricors4 propost4 da:
DAOUI ABDELHAMID N. IL 08/01/1968
EL ANJARI ZAHRA N. IL 24/11/1976
EL ANJARI ASMAA N. IL 10/02/1990
avverso la sentenza n. 1743/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO
Udito il Procuratore Generale inerti: del Dott.
che ha concluso per f
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Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 16.10.2012, ha confermato
la sentenza di condanna resa dal G.i.p. presso il Tribunale di Pisa in data
27.09.2011, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti di Abdelhamid Daoui, El
Anjari Zahra, El Anjari Asmaa ed altri coimputati; ai prevenuti era stato contestato
il reato di cui agli artt. 73, 80, d.P.R. n. 309/1990, aggravato ex art. 4, legge 16
marzo 2006 n. 146, in riferimento all’importazione dal Marocco in Italia di una

l’importazione di ulteriori 120 chili di hashish (capo B).
Il Collegio ha osservato che andavano condivise le valutazioni effettuate dal
primo giudice, in ordine alla affermazione di penale responsabilità degli imputati; e
che sussisteva sia l’aggravante della ingente quantità, sia quella derivante dalla
natura transnazionale della organizzazione che aveva operato per la riuscita
dell’importazione in Italia della ingente partita di droga.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Firenze hanno
proposto ricorso per Cassazione gli imputati Abdelhamid Daoui, El Anjari Zahra ed
El Anjari Asmaa.

3. Abdelhamid Daoui, a mezzo del difensore, con il primo motivo denuncia la
violazione di legge, in riferimento agli artt. 80, comma 1, lett. b), d.P.R. n.
309/1990, 112 cod. pen. e all’art. 4, legge n. 146/2006.
L’imputato osserva che la Corte territoriale ha omesso di scrutinare il motivo
di censura che era stato dedotto in sede di appello, relativo alla aggravante di aver
promosso od organizzato la cooperazione nel reato. Assume che non sussistono
concreti elementi idonei a ritenere che Daoui abbia svolto un ruolo di primo piano
nella programmazione della attività illecita. E ribadisce che le accertate difficoltà
incontrate dal ricorrente nel reperire la somma di denaro necessaria per acquistare
la partita di droga, evidenziano che Doaui era privo di ogni capacità organizzativa.
Il ricorrente osserva che, contraddittoriamente, la Corte di Appello dopo aver
rilevato che El Anjari Asmaa non era in alcun modo succube del Daoui, ha ritenuto
sussistente l’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. b), cit., nei confronti del
predetto. Rileva che la fonti di prova si esauriscono in frammenti di conversazioni
telefoniche, inidonee a dimostrare il ruolo di organizzatore da parte di Doaui.
Sotto altro aspetto, il deducente contesta la sussistenza dell’aggravante di
cui all’art. 4, legge n. 46/2006, assumendo che tale aggravante avrebbe richiesto la
contestazione dell’ipotesi associativa di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309/1990.

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partita pari a 335 chili di hashish (capo A); e, al solo Abdelhamid Daoui, anche

Con il secondo motivo la parte denuncia l’omessa disamina, da parte della
Corte territoriale, del motivo dedotto nell’atto di appello e relativo alla eccessività
dell’aumento di pena per i reati avvinti in continuazione.

3.1 Abdelhamid Daoui, con ulteriore ricorso proposto personalmente, si
duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e della entità della
pena inflitta. La parte rileva che la Corte di Appello ha contraddittoriamente omesso
di considerare, a tali fini, la condotta collaborativa posta in essere dagli imputati,

anche in riferimento alla circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R.
n. 309/1990.

4. El Anjari Zahra, a mezzo del difensore, con il primo motivo deduce il vizio
motivazionale, in riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante
di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990. La parte ritiene che la Corte di
Appello abbia argomentato, al riguardo, facendo riferimento al dato numerico
relativo al dato ponderale della droga sequestrata. Osserva che le Sezioni Unite
della Suprema Corte hanno chiarito che l’aggravante in parola non può ritenersi
sussistente se la quantità sia inferiore a 2000 volte il valore soglia determinato per
ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11.04.2006; e che, in caso di
superamento di tale parametro, al giudice di merito è demandata la valutazione
discrezionale in ordine alla sussistenza dell’aggravante.
Con il secondo motivo la parte denuncia la carenza di motivazione, in
riferimento alla circostanza aggravante di cui all’art. 4, legge n. 46 del 2006. La
ricorrente osserva che non risultano accertate le ramificazioni della organizzazione
criminale aventi punti di riferimento all’estero; e ritiene che l’esponente sia
estranea all’organizzazione operante a livello transnazionale.

5. El Anjari Asmaa, con il primo motivo, deduce la violazione degli artt. 270,
271 e 191 cod. proc. pen. In particolare la ricorrente osserva che l’impianto
accusatorio risulta basato su intercettazioni telefoniche inutilizzabili, in quanto
indotte da denuncia anonima.
Con il secondo motivo si osserva che il coinvolgimento di El Anjari Asmaa
risulta basato su mere deduzioni e indizi non univoci. Rileva che una volta esclusa
la utilizzabilità delle intercettazioni, per le ragioni indicate al primo motivo di
doglianza, a carico della prevenuta resta solo il fatto di aver intrattenuto una
relazione affettiva con Daoui.
Con il terzo motivo la parte si duole del mancato riconoscimento
dall’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.; osserva che la Corte di Appello ha
addirittura escluso il condizionamento psicologico operato da Daoui nei confronti

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della giovane esponente. E assume di aver intrapreso la relazione affettiva con
Daoui soltanto dopo aver iniziato la propria attività come interprete presso il
Commissariato di Polizia di Pontedera.
Con il quarto motivo l’esponente deduce la mancata applicazione dell’art. 114
cod. pen., in relazione all’art. 112 cod. pen. ed all’art. 4, legge n. 146/2006. La
parte rileva che deve ritenersi bilanciabile la circostanza attenuante di cui all’art.
114 cod. pen., con l’aggravante ex art. 4, legge n. 146/2006. Osserva che nel caso

stante rartigianalità del modus operandi del gruppo che faceva capo a Daoui.
Sia Daoui che El Anjari Asmaa hanno depositato memorie con le quali
insistono per raccoglimento dei motivi di ricorso.

Considerato in diritto

4. I ricorsi sono infondati e devono conseguentemente essere rigettati.

4.1 II ricorso proposto nell’interesse di Abdelhamid Daoui non ha pregio.
Quanto al primo motivo, relativo alla ravvisata aggravante prevista dall’art. 80
comma 1 del d.p.r. stupefacenti, la Corte di Appello ha osservato che l’attività
criminosa era stata posta in essere da un gruppo organizzato per la commissione di
fatti delittuosi, quali l’importazione e la distribuzione di sostanza stupefacente.
Al riguardo, la Corte territoriale sottolinea che l’assunto trova riscontro
proprio nelle accertate modalità esecutive della condotta illecita, evidenziando le
seguenti circostanze: il contatto con soggetti presenti in Marocco; l’acquisto del
veicolo per il trasporto della droga da parte del Daoui; gli accorgimenti impiegati,
quali la presenza di bambini a bordo del mezzo, per mascherare l’attività illecita
come normale viaggio di rientro in Italia di connazionali e l’installazione di un
portabiciclette; la conoscenza di un doganiere, per facilitare le operazioni doganali.
Ciò posto, si osserva che i giudici di merito hanno accertato che, all’interno
del gruppo, i correi operavano secondo una precisa suddivisione dei compiti e dei
ruoli; e sottolinea che i coimputati El Anjari Zahara, El Fiyouz ed El Anjari Asmaa
sono soggetti di minore spessore criminale; e tale affermazione deve essere posta
in relazione al passaggio argomentativo, ove i giudici del gravame evidenziano che,
di converso, era Daoui che aveva organizzato l’operazione di importazione della
partita di 450 chili di hashish, che si era occupato del reperimento del denaro
necessario e che agiva avvalendosi di diversi collaboratori.
Trattasi di argomentazioni esenti da alcuna illogicità che si sottraggono al
vaglio di legittimità essendo irrilevante la circostanza, evidenziata dal ricorrente,

1,

di specie non risulta possibile parlare di gruppo organizzato, operante in più paesi,

che si sarebbe trovato in difficoltà per reperire il danaro occorrente per
l’importazione dello stupefacente.
Analogamente va rigettato il motivo relativo alla ritenuta esistenza
dell’aggravante della transnazionalità; motivo che va trattato congiuntamente a
quelli analoghi proposti dalle due coimputate.
Secondo il ricorrente non potrebbe essere ravvisata l’aggravante in questione
in mancanza della contestazione del reato associativo. In realtà questo problema
non si è mai posto perché divergenti interpretazioni si erano formate non per i reati

fine ma per la ravvisabilità dell’aggravante per il reato associativo; problema risolto
in senso positivo da Cass., sez. un., 31 gennaio 2013 n. 18374, secondo cui la
speciale aggravante della transnazionalità, prevista dall’art. 4 della I. n. 146 del
2006, è applicabile al reato associativo, semprechè il gruppo criminale organizzato
transnazionale non coincida con l’associazione a delinquere.
Si tratta, in tutta evidenza, di circostanza “speciale” – in quanto applicabile
solo a determinati reati, ritenuti gravi siccome puniti con pena non inferiore nel
massimo a quattro anni di reclusione – e, ad un tempo, “ad effetti speciali”, in
ragione dell’entità dell’aumento di pena previsto, superiore ad un terzo, ai sensi
dell’art. 63, comma 3, cod. pen.
Il generico riferimento normativo a qualsiasi reato, purché ad esso si
accompagni la previsione sanzionatoria di cui si è detto, porta allora a ritenere che
l’apporto causale di un gruppo siffatto possa spiegarsi nei confronti di qualsivoglia
espressione delittuosa. Da ciò l’infondatezza del motivo proposto.
All’operatività dell’aggravante è stato esteso il divieto di bilanciamento con
le circostanze attenuanti diverse da quelle di cui agli artt. 98 e 114 cod. pen.,
previsto, per reati connessi ad attività mafiose, dall’art. 7, comma 2, d.l. 13
maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.
203, ad eloquente sottolineatura della particolare pericolosità attribuita dal
legislatore a fatti-reato alla cui realizzazione abbia dato un contributo causale un
gruppo criminale organizzato «impegnato in attività criminali in più di uno Stato».
Questo problema non viene in considerazione in questo processo non essendo state
concesse attenuanti agli imputati.
Il secondo motivo di ricorso, peraltro genericamente proposto, è comunque
infondato atteso che la richiesta di riduzione dell’aumento di pena per la
continuazione era stata proposta in termini generici al giudice di appello che
dunque non aveva l’obbligo di esaminarla.
Il ricorso proposto personalmente da Abdelhamid Daoui è parimenti infondato
perchè la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso di

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considerare che in tema dì valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la determinazione della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227 142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di

criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che certamente non sussiste nel caso di
specie. La Corte di Appello ha infatti chiarito che Daoui era gravato da una recente
condanna per violazione della medesima disciplina in materia di stupefacenti; e che
il prevenuto aveva svolto un ruolo di organizzatore nell’ambito del gruppo dei
coimputati, come sopra evidenziato.
Sul mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 7,
d.P.R. n. 309/19990 la Corte territoriale ha poi specificamente osservato che gli
imputati avevano reso dichiarazioni ammissive, con riguardo ad episodi e
circostanze marginali, all’esito dell’arresto in flagranza di reato. E, con specifico
riferimento alla posizione di Daoui, il Collegio ha sottolineato che costui aveva
pervicacemente negato tutta la vicenda di cui al capo b) della rubrica.
Deve allora osservarsi che l’apprezzamento effettuato dal giudice di merito si
colloca nell’alveo dell’orientamento interpretativo ripetutamente espresso della
giurisprudenza di legittimità. La Suprema Corte, infatti, ha da tempo chiarito che, in
tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 73 comma 7 del d.P.R. n. 309 del 1990, non è
sufficiente la mera indicazione del nominativo di qualche complice (Cass. Sez. 6, Sentenza n.
20799 in data 02.03.2010, dep. 03.06.2010, Rv. 247376).

4.2 Il ricorso proposto nell’interesse di El Anjari Zahra è parimenti destituito
di fondamento. Anzi il primo motivo si pone ai limiti dell’ammissibilità.
Giova evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno da ultimo
chiarito che non è ravvisabile l’aggravante di cui si tratta quando la quantità di
principio attivo sia inferiore a 2000 volte il valore massimo, in milligrammi,
determinato per ogni sostanza dalla tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006; e che,
nel caso in cui tale quantità sia superata, resta ferma la discrezionale valutazione
del giudice al riguardo (cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 36258 del 24.05.2012,

comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai

dep. 20/09/2012, Rv. 253150). Ciò significa, con riferimento alla sostanza
stupefacente di tipo hashish, che la circostanza aggravante di cui all’art. 80,
comma 2, d.P.R. n. 309/1990, può essere ritenuta sussistente quando la quantità
di THC sia superiore a 2 chilogrammi.
Nel caso di specie la Corte di Appello ha riferito che la droga sequestrata era
pari a 335 chili, con una percentuale di principio attivo compresa tra il 7,4 ed il
10%. Si ha, pertanto, che la quantità di principio attivo relativa alla partita di cui si
tratta risulta di poco inferiore a 30 chilogrammi. A fronte di tali dati, il Collegio ha

rilevato: che il quantitativo di principio attivo risultava assai superiore al valore
soglia indicato dalle Sezioni Unite; e che, in particolare, dalla droga sequestrata
risultavano ricavabili quasi un milione di dosi droganti. Ed ha considerato che
doveva trovare applicazione la contestata aggravante della ingente quantità. Deve
osservarsi che il percorso argomentativo sviluppato dal giudice di merito, ora
sinteticamente richiamato, in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante
dell’ingente quantità, risulta del tutto coerente con l’insegnamento espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, proprio in riferimento ai casi in cui risulti accertata la
sussistenza di un quantitativo superiore a 2000 volte il valore soglia.
Il secondo motivo è stato esaminato congiuntamente al primo motivo del
ricorso proposto nell’interesse di Daoui.

4.3 II ricorso proposto da El Anjari Asmaa è parimenti destituito di
fondamento
La Corte di Appello chiarisce espressamente che le indagini hanno preso
avvio da una fonte confidenziale; e rileva che il quadro probatorio si fonda in
principalità sul sequestro della partita di droga che si trovava nel furgone
sottoposto a controllo sulla superstrada Firenze, Pisa Livorno, avvenuto la notte del
21.02.2011; sulle dichiarazioni confessorie rese da taluni degli occupanti il furgone;
e sugli esiti delle effettuate intercettazioni.
Orbene, la valutazione effettuata dai giudici di merito, sul punto di
interesse, risulta conforme all’orientamento interpretativo espresso dalla
giurisprudenza di legittimità, pure a seguito delle modifiche apportate all’art. 267,
cod. proc. pen., dalla legge 1° marzo 2001, n. 63. La novella del 2001, ora citata,
come noto ha previsto l’inserimento nell’art. 267, cod. proc. pen., del comma 1 bis,
ove è stabilito che nella valutazione dei gravi indizi di reato, si applica l’art. 203
cod. proc. pen., norma che sancisce l’inutilizzabilità delle informazioni rese da
informatori anonimi.
Ebbene, la Corte regolatrice ha chiarito che il riferimento alle fonti
confidenziali, acquisite dagli organi di polizia giudiziaria, determina l’inutilizzabilità
delle intercettazioni telefoniche qualora esse rappresentino l’unico elemento

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_detto di valutazione ai fini degli indizi di reità, mentre il loro utilizzo è legittimo
per avviare l’attività investigativa o per estenderne l’ambito alla ricerca di ulteriori
elementi. Nell’affermare il principio ora richiamato, si è in particolare precisato che
gli esiti delle investigazioni che hanno tratto lo spunto da informazioni confidenziali
– come nel caso di specie – ben possono essere corroborati dai risultati delle
susseguenti operazioni di polizia giudiziaria (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1258 del
19/09/2012, dep. 10/01/2013, Rv. 254174). Ne consegue l’infondatezza del motivo

Il secondo motivo è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti
(erronea valutazione delle prove), perché è venuto meno il presupposto su cui si
fonda (l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche) e perché è del tutto
generico. E parimenti inammissibile è il terzo motivo con il quale la ricorrente si
duole del trattamento sanzionatorio senza indicare le ragioni della censura e della
mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen. limitandosi ad invocare l’applicazione
dell’attenuante ma senza neppure spiegare le ragioni in base alle quali la sua
partecipazione avrebbe avuto una “minima importanza” non essendo certamente
sufficiente, a tal fine, la qualità di organizzatore dell’illecito traffico assunta dal
convivente Daoui.
All’inammissibilità dei due motivi indicati è altresì ricollegata l’inammissibilità
del quarto motivo con il quale si invoca il bilanciamento in termini di prevalenza
(peraltro normativamente esclusa), rispetto all’aggravante della transnazionalìtà,
dell’attenuante prevista dall’art. 112 non concessa alla ricorrente.

4.4 Consegue alle considerazioni svolte il rigetto di tutti i ricorsi con le
conseguenti statuizioni in tema di spese processuali.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione IV penale, rigetta i ricorsi e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il giorno 16 gennaio 2014.

in esame.

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