Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13894 del 04/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 13894 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

Data Udienza: 04/03/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Piero Rosiello, nato a Napoli il 21/10/1962
avverso la sentenza del 25/06/2012 del Gip del Tribunale di Napoli,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Alfredo Montagna, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Gip del Tribunale di Napoli con sentenza del 25/06/2012, in
accoglimento della richiesta delle parti, ha applicato la pena di anni uno e mesi
nove di reclusione ed C 5.000 di multa in relazione al reato di cui all’art. 73
comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 nei confronti di Piero Rosiello,
subordinando l’applicazione della sospensione condizionale della pena allo
svolgimento delle attività socialmente utili individuate nella motivazione.
2. Ha proposto ricorso la difesa di Rosiello con il quale si deduce violazione
di legge e vizio di motivazione, nella parte in cui si ritiene necessario disporre lo
svolgimento di lavori socialmente utili per rendere efficace il beneficio della
sospensione condizionale della pena sul mero presupposto della presenza di
ulteriore condanna, evidenziando, sul piano giuridico astratto, la piena
compatibilità tra le due condanne, che conducevano ad una determinazione
complessiva della pena non ostativa all’applicazione del beneficio.
Contestualmente si rileva che le ulteriori considerazioni contenute in
sentenza, attestano lo svolgimento di un giudizio prognostico favorevole,
incompatibile con le limitazioni imposte, che denotano la formulazione di un

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giudizio negativo, che prescinde dalla rilevanza concreta del precedente
risultante a carico dell’interessato, e risulta fondato su mere clausole di stile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2.

Il dettato dell’art. 165 comma 2 cod. pen., nella formulazione

successiva alla novella di cui alla I. 11 giugno 2004 n. 145, pacificamente
prevede che, nell’ipotesi in cui la sospensione

applicabile nella specie,

condizionale della pena sia concessa in favore di chi ne abbia già fruito “deve
essere subordinata all’adempimento di uno degli obblighi previsti dal comma
precedente”, ed ha provveduto alla soppressione dell’inciso esistente nella norma
in vigore in precedenza “salvo che ciò sia impossibile”.
L’innovazione normativa trova la sua giustificazione nella modifica del
comma primo, ove si è previsto, unitamente al risarcimento del danno o alla
eliminazione delle conseguenze dell’illecito, anche la possibilità di subordinare la
sospensione all’esercizio di lavori di pubblica utilità, modalità che, nel superare
l’impossibilità di subordinazione per i casi in cui i reati non ledano interessi
patrimoniali, quali quelli in tema di stupefacenti, di fatto permettono – e nel caso
del secondo comma impongono- per ogni fattispecie la sottoposizione a
subordinazione del beneficio concesso.
Significativamente in tal senso la disposizione richiamata ha richiesto per
l’applicazione di tale condizione la mancata opposizione del condannato, in luogo
che l’espressione del suo consenso, e l’esame degli atti parlamentari evidenzia
che ciò è stato frutto di una precisa scelta, dettata dalla necessità di rendere
concretamente praticabile tale misura, a fronte dell’impossibilità per il nostro
ordinamento di imporre la formulazione di dichiarazioni alla persona sottoposta
ad indagini.
3. Nel caso di specie, contrariamente all’assunto difensivo, è previsto un
implicito consenso del condannato, poiché questi, nel sottoscrivere l’istanza di
applicazione della pena, con richiesta di concessione della sua sospensione,
consapevole dell’esistenza di un precedente, ha di fatto espresso la sua non
opposizione all’applicazione dell’art. 165 comma 2 cod. pen., che esclude
qualsiasi facoltatività per il giudice della subordinazione del beneficio in tale
condizione di fatto.
4. Sulla base di tali circostanze concrete deve valutarsi l’infondatezza del
gravame proposto che, ignorando la sussistenza dell’obbligo per il giudice di
procedere nel senso indicato, individua elementi di contraddizione nella
sentenza, e violazioni di legge, che risultano contraddette dalla lettera della
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Cassazione sezione VI, rg. 29034/2013

(p

disposizione applicata, sopra richiamata, che evidenzia la natura necessitata
della scelta operata dal giudicante e ne esclude l’illegalità della determinazione,
eccepita in ricorso.
Il rigetto del ricorso impone, ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
processuali.
Così deciso il 04/03/2014

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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