Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13889 del 07/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13889 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sul ricorso proposti da:

COPPINI GIANLUCA CRISTOFER, nato a Milano il 21/02/1967;

avverso la sentenza n. 7671/2013 della CORTE di APPELLO di MILANO,
del 21/05/2014;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Marilia Di Nardo,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

Data Udienza: 07/01/2016

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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21/5/2014 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza
pronunciata dal Tribunale di Como, sezione distaccata di Cantù, in data 18/7/2013, all’esito di
giudizio abbreviato, con la quale era stata accertata la penale responsabilità di Coppini
Gianluca Cristofer in ordine al reato di truffa, per aver indotto in errore Lacava Sabrina
facendosi ricaricare da questa la propria carta postepay per un valore di euro 250,00,
asserendo di doversi recare all’interno della propria vettura per prelevare il denaro necessario

di indurla all’erroneo convincimento che egli sarebbe rientrato nel locale per il pagamento; con
le attenuanti generiche e la diminuente del rito il Coppini era stato condannato alla pena di
mesi due e giorni venti di reclusione ed euro sessanta di multa.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato,
chiedendone l’annullamento e sollevando, quale motivo di impugnazione, la violazione dell’art.
606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 640, 641, 62 n. 4 cod. pen. e 53
legge n. 689/1981:
a) per avere la Corte territoriale erroneamente qualificato come truffa la condotta del
ricorrente che, limitatosi a dissimulare uno stato di insolvenza senza porre in essere artifici o
raggiri prima del conseguimento dell’ingiusto profitto costituito dalla ricarica della postepay,
andava invece qualificata come insolvenza fraudolenta;
b) per non aver riconosciuto la Corte l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4) cod. pen., pur a
fronte di un danno di euro 250,00 arrecato ad un esercizio pubblico dalle entrate economiche
ben più rilevanti;
c) per l’illogicità della motivazione, laddove questa ha ritenuto insussistenti i presupposti
per la sostituzione della pena detentiva con la sanzione pecuniaria ex art. 53 I. 689/1981,
argomentando che non risultava la solvibilità dell’imputato, avendo questi dichiarato di essersi
determinato al reato per difficoltà economiche, senza considerare i cinque anni trascorsi tra il
fatto e la pronunzia della Corte di Appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è parzialmente fondato.
3.1 In primo luogo, infatti, nella sentenza impugnata non possono ravvisarsi i vizi
denunciati nel ricorso in ordine alla qualificazione giuridica del fatto: la ricostruzione del fatto
commesso dal Coppini, quale ritenuta dai giudici di appello, risulta essere stata correttamente
inquadrata nell’ambito della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 640 cod. pen., atteso che la
Corte territoriale ha ben evidenziato gli artifici e raggiri posti in essere dal ricorrente,
presentandosi come un normale avventore nell’esercizio commerciale della persona offesa ed
effettuando consumazioni al bancone, prima ancora di conseguire l’ingiusto profitto costituito
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al pagamento, e lasciando alla persona offesa delle bollette da pagare e delle schedine, al fine

dalla ricarica della postepay e, poi, dopo aver ottenuto tale ricarica, lasciando delle bollette e
delle schedine del Superenalotto da giocare, così da indurre la persona offesa all’erroneo
convincimento che egli sarebbe rientrato nel locale per il pagamento. Non si tratta, pertanto,
della mera dissimulazione dello stato di insolvenza, bensì di una pluralità di artifizi e raggiri,
anche precedenti la ricarica della postepay, per indurre in errore la persona offesa sulla sua
volontà di pagare l’importo della ricarica richiesta.
3.2. Il secondo motivo di impugnazione è, invece, inammissibile perché l’accertamento
sulla configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità comporta un apprezzamento

giuridici (sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, rv. 265685; sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, rv.
247363), sicché, avendo la Corte territoriale escluso l’attenuante in parola in considerazione
dell’entità della somma, ritenuta “di apprezzabile valore oggettivo”, l’assenza di vizi logicogiuridici di tale valutazione preclude ogni sindacato sul punto da parte di questa Corte di
legittimità.
3.3. E’ fondato, invece, il terzo ed ultimo motivo di impugnazione.
La Corte territoriale, infatti, ha negato la sostituzione della pena detentiva con la pena
pecuniaria corrispondente assumendo non risultare una solvibilità dell’imputato che, anzi – per
dichiarazione dello stesso – si sarebbe determinato al reato per difficoltà economiche, così però
utilizzando parametri di valutazione non consentiti dalla normativa in vigore. Come
riconosciuto dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, anche a sezioni unite,
infatti, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene
pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tener conto dei criteri indicati dall’art. 133 cod. pen.,
tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale
dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche; conseguentemente, la
sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a
condanna a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di
inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, legge
24/11/1981 n. 689, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate
da prescrizioni, ossia alla semidetenzione ed alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria,
che non prevede alcuna particolare prescrizione (sez. U. n. 24476 del 22/4/2010, rv. 247274).
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al rigetto della richiesta di
applicazione di sanzione pecuniaria sostitutiva, con rinvio ad altra sezione della Corte
territoriale.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al rigetto della richiesta di applicazione di
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riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-

sanzione pecuniaria sostitutiva con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano;
rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso nella camera di consiglio del 7 gennaio 2016.

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