Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13886 del 18/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13886 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
– Maccariello Antonio, nato a Casal di Principe 11 agosto 1970;
– Maccariello Domenico, nato a Casal di Principe il 6 novembre 1965;
– Corvino Paolo, nato a Casa! di Principe 1’11 marzo 1965;
– Mastrominico Gennaro nato a Frattaminore,

gennaio 1972;

– Schiavone Carmine, nato a Loreto, il 25 giugno 1983;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 24 marzo 2015 con la
quale è stata confermata la sentenza di condanna del G.U.P. del tribunale di Napoli in data 14 aprile 2014 in ordine ai reati di estorsione e tentata estorsione
aggravata continuata loro rispettivamente ascritti ;
Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;

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Data Udienza: 18/12/2015

Udite le conclusioni del RG. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Stefano Tocci, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
Sentiti gli avv.ti Cincioni Giuseppe del foro di Roma, di fiducia per Corvino Paolo,Cantelli Giovanni del foro di S.Maria Capua Vetere,in sostituzione dell’avv.to
Diana Alessandro di fiducia per Maccariello Domenico e Maccariello Antonio, e di
fiducia per Mastrominico Gennaro, l’avv.to Trasacco Ferdinando del foro di
S.Maria Capua Vetere di fiducia per Corvino Paolo che insistono tutti per

RITENUTO IN FATTO
Maccariello Antonio, Maccariello Domenico, Corvino Paolo, Mastrominico Gennaro
– Schiavone Carmine hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte d’appello di Napoli in data 24 marzo 2015 con la quale è stata confermata la sentenza di condanna del G.U.P. del tribunale di Napoli in data 14
aprile 2014 in ordine ai reati di estorsione e tentata estorsione aggravata continuata loro rispettivamente ascritti ;
– Maccariello Antonio e Maccariello Domenico a sostegno del ricorso hanno
dedotto:
a)

Violazione ex art. 606, lett. c) ed e) c.p.p. in relazione

all’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese .
I ricorrenti lamentano che le parti offese Schiavone Alfonso e Caterino Giovanni
erroneamente siano stati sentiti senza le garanzie difensive ai sensi dell’art. 63
c.p.p. , in quanto indagabili per il reato di favoreggiamento personale.
b)

Violazione ex art. 606 lett. b) in relazione all’art. 629 c.p. e in rela-

zione all’art. 7 I. n. 203/91 Violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p.
I ricorrenti censurano la valutazione relativa all’inquadramento della loro attività
estorsiva all’interno di una attività camorristica e di conseguenza la sussistenza d
egli elementi dell’aggravante contestata. Nessuno dei molti collaboratori di giustizia avrebbe fatto riferimento ai fratelli Maccariello come soggetti intranei al
clan camorristico o comunque a disposizione del clan.
c) Violazione dell’art. 606, c. 1 lett. b) c.p.p. mancata concessione delle
attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. e mancanza e illogicità ella motivazione;
d) Per Maccariello Domenico Violazione dell’art. 606, c. 1 lett. b) c.p.p.
mancata concessione dell’ attenuante di cui all’art. 62 n.6 c.p. e mancanza e illogicità della motivazione.
Mastrominico Gennaro e Corvino Paolo hanno dedotto:

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l’accoglimento dei ricorsi

a) Violazione dell’art. 606, lett. c) ed e) c.p.p. in relazione alla valutazione
e all’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese.
Il Mastrominico sottolinea la superficiale valutazione delle medesime da
parte dei giudici di merito e la sovrastinnata deposizione del coimputato Tartarone a sostegno delle dichiarazioni delle stesso p.o., nonché l’inattendibilità intrinseca dei collaboratori di giustizia
b) Esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/91
Il ricorrente lamenta la valutazione incongrua operata dai giudici di merito

metodo mafioso.
c) Nullità d ella sentenza per violazione degli artt. 606 lett. e) e B), art.
114, 133, 62 bis in relazione ai reati contestati.
Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 114 c.,p., i criteri utilizzati per la dosimetria della pena e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
Il Corvino ha dedotto:
a) Violazione ex art. 606, lett. c) ed e) c.p.p. in relazione all’inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dalle persone offese .
Il ricorrente lamenta che le parti offese Schiavone Alfonso e Caterino Giovanni erroneamente siano stati sentiti senza le garanzie difensive ai sensi
dell’art. 63 c.p.p. , in quanto indagabili per il reato di favoreggiamento personale
avendo prima negato di essere state vittime di estorsione e poi successivamente
ammesso il fatto;
b) violazione degli artt. 606 lett. e) e b) in relazione agli artt. 192 e 210
c.p.p.
Il ricorrente lamenta l’erronea valutazione delle dichiarazioni dei 21 collaboratori di giustizia tra i quali solo tre avrebbero riferito genericamente della
contiguità dello stesso al clan camorristico e dove la stessa p.o. Schiavone avrebbe riferito dei contatti con lo stesso Corvino, escludendo in realtà qualsiasi
minaccia da parte dello stesso.
c)

Esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/91

Il ricorrente lamenta la valutazione incongrua operata dai giudici di merito
in ordine agli elementi in base ai quali è stata afferrmata la sussistenza di un
metodo mafioso.
d) Violazione dell’art. 606 lett. b) e d e) in relazione all’art. 628, c. 3 e
629 c.p.

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in ordine agli elementi in base ai quali è stata affermata la sussistenza di un

Il ricorrente lamenta l’insussistenza della circostanza aggravante delle più
persone riunite al momento della minaccia
e) Nullità della sentenza per violazione degli artt. 606 lett. e) e b), art. 62
bis in relazione ai reati contestati.
Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, stante l’incensuratezza dell’imputato.
Schiavone Carmine ha dedotto:
a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p.,

mento di una prova certa del ruolo di capo clan de i casalesi e di mandante della
condotta estorsiva.
Il ricorrente censura la valutazione operata dai giudici di merito con riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed al ruolo allo stesso attribuito all’interno del clan dopo l’arresto del fratello Nicola Schiavone.
b) Violazione ex art. 606, lett. c) ed e) c.p.p. in relazione all’inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dalle persone offese .
Il ricorrente lamenta che le parti offese Schiavone Alfonso e Caterino Giovanni erroneamente siano stati sentiti senza le garanzie difensive ai sensi
dell’art. 63 c.p.p. , in quanto indagabili per il reato di favoreggiamento personale, avendo prima negato e poi ammesso l’azione estorsiva cui sono stati sottoposti.
c) Violazione ex art. 606, lett. c) ed e) c.p.p. in relazione alle dichiarazioni rese Schiavone Carmine con riferimento alle dichiarazioni delle p.o. e alla conseguente richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in relazione alla
interposizione fittizia delle quote intestate a favore di Schiavone Alfonso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

I ricorsi sono infondati.

2. Osserva preliminarmente la Corte che il motivo, comune ai ricorrenti,
concernente l’attendibilità delle parti offese è generico e manifestamente infondato. Le dichiarazioni delle persone offese sono state vagliate criticamente dai
giudici di merito che hanno evidenziato l’esistenza importante anche del riscontro
derivante dalle dichiarazioni del coimputato Tartarone,per Mastrominico nonchè
le dichiarazioni dei plurimi collaboratori di giustizia (v. pagg. 12 e 13 della sentenza d’appello). Manifestamente infondata è inoltre la censura relativa alla inutilizzabilità delle dichiarazioni delle p.o. Correttamente la Corte ha fatto applicazione nel caso di specie del consolidato principio giurisprudenziale in base al qua4

mancanza e illogicità manifesta della motivazione con riferimento al raggiungi-

le la qualità di indagato non può essere stabilita dal giudice in via presuntiva, in
quanto essa va desunta dall’iscrizione nell’apposito registro a seguito di specifica
iniziativa posta in essere dal pubblico ministero o da un fatto investigativo, come
l’arresto o il fermo, che qualifichi di per sè il soggetto come persona sottoposta
ad indagini, con la conseguenza che la persona offesa che ha reso alla polizia
giudiziaria versioni contrastanti sui fatti, non può, per ciò solo, essere considerata indagata di favoreggiamento personale, da intendersi collegato a quello per
cui si procede, ai sensi dell’art. 371, comma secondo, lettera b), cod. proc. pen.

nesso e della conseguente valutazione di utilizzabilità delle dichiarazioni rese, il
giudice deve tenere conto di eventuali cause di giustificazione, ove queste siano
di evidente ed immediata applicazione senza la necessità di particolari indagini o
verifiche (Sez. 1, n. 41467 del 18/07/2013 – dep. 07/10/2013, Rocca, Rv.
257602)Pertanto deve escludersi nel caso di specie che le parti offese abbiano
assunto la qualità di indagato di favoreggiamento in ordine a un delitto di estorsione o di tentata estorsione, perpetrato ai loro danni (Sez. 2, n. 40575 del
24/09/2014 – dep. 01/10/2014, Carpentieri, Rv. 260362). Le censure dedotte
appaiono dunque non puntuali e il ragionamento dei giudici di merito appare esente da censure logico – giuridiche. La censura collegata avanzata dall’imputato
Schiavone, in ordine alla mancata rinnovazione del dibattimento, appare infondata stante l’esaustività della motivazione relativa al diniego espressa dalla Corte
d’appello (v. pag. 12 della sentenza d’appello).
3. Anche le censure specificamete dedotte dal Corvino in ordine
all’inattendibilità delle persone offese appaiono infondate. A suo carico, vi è anche un riconoscimento fotografico, oltre la precisa e puntuale dichiarazione in
ordine alla reiterazione delle richieste estorsive„ e la ritenuta sussistenza della
aggravante di cui all’art. 628 , c.3 c.p. (v. pag. 13 della sentenza d’appello). Peraltro, ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità
“ex officio” in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva
formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di
riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la
impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606, terzo
comma, ultima parte, cod. proc. pen.”. ( Cass. pen., sez 6, 25.1.94, Paolicelli,
197748). Nel caso in esame viene nuovamente riproposta anche la questione relativa alla credibilità intrinseca ed estrinseca della chiamata in correità operata

Infatti ai fini della verifica della qualità di testimone o di indagato di reato con-

nei confronti del ricorrente da parte dei collaboratori di giustizia, ed in ordine alla
quale i giudici del merito hanno fornito una valutazione ed una analisi corretta ,
che non merita censure logico giuridiche. Analogamente appare motivata in modo corretto l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, in base
alla qualità dei fatti commessi, al comportamento del prevenuto , alla ritenuta
sussistenza del metodo mafioso utilizzato (v. pag. 29 della sent. 10 grado e pag.
16 della sentenza d’appello).
4. Anche per i motivi dedotti dai ricorrenti Maccariello Domenico e Maccariel-

parti offese e alla corretta valutazione degli elementi probatori che hanno portato
all’affermazione della loro responsabilità ( si valuti altresì che il processo in primo
grado si è svolto per tutti gli imputati ricorrenti con il rito abbreviato). Anche con
riferimento in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n.
152/90 in realtà i ricorrenti con il ricorso, in apparenza deducono vizi della motivazione ma, in realtà, prospettano una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito
preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da
vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità.
(Cass. sez. 4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv
216260)( v. l’esaustiva motivazione della Corte d’appello a pag. 16 della sentenza). Tali ragioni vanno estese anche agli altri coimputati che hanno sollevato il
medesimo motivo, tra cui il Mastrominico.
5. Manifestamente infondata è la censura sollevata da Maccariello Domenico
in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante dell’intervenuto risarcimento
del danno. La motivazione della Corte sul punto è ampia ed esaustiva, in particolare per quanto riguarda l’insufficienza della somma rispetto al danno patrimoniale cagionato.
6. Per quanto riguarda la posizione del Mastrominico, ferme restando le considerazioni in ordine ai motivi di censura comuni tra i ricorrenti, assolutamente
generica appare la richiesta del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114
c.p. rispetto alle considerazioni coerenti e puntuali svolte dalla Corte d’appello
anche rispetto ai criteri di dosimetria della pena (v. pag. 14 della sentenza
d’appello) e come tale deve ritenersi inammissibile.
7. Per quanto riguarda l’infondatezza dei motivi dedotti da Schiavone Carmine si rinvia alle valutazioni operate in relazione ai motivi dedotti sugli stessi punti
6

lo Antonio valgono le considerazioni già esposte in ordine all’attendibilità delle

dagli altri ricorrenti e concernenti l’attendibilità delle parti offese, l’utilizzabilità
delleloro dichiarazioni, le plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la
completezza della motivazione in base alla quale è stata rigettata la richiesta di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
8. Alla luce delle suesposte considerazioni tutti i ricorsi devono essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali

Il C41Ì. r.liere est.

Il Presidente t

Così deciso in Roma, 18 dicembre 2015

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