Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13853 del 04/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 13853 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso
la corte d’appello di Milano;
avverso la sentenza emessa il 12 ottobre 2012 dal Gip del tribunale di Pavia, nei confronti di Grove Villar Rodolfo Nelson;
udita nella udienza in camera di consiglio del 4 febbraio 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore generale dott.ssa M. Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con
trasmissione degli atti al Gip;
Svolgimento del processo
Il Gip del tribunale di Pavia, con la sentenza in epigrafe, dichiarò non doversi procedere, ex art. 129 cod. proc. pen., nei confronti di Grove Villar Rodolfo Nelson, in ordine al reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre
1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, per avere omesso il versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti in alcuni mesi del 2007 e 2008.
Osservò il giudice che le omissioni contributive avevano ad oggetto somme talmente esigue da non consentire di esercitare proficuamente l’azione penale stante la sostanziale inoffensività della condotta e l’assenza di piena prova
dell’elemento soggettivo del reato.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Milano propone ricorso per cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge. Osserva che la sentenza è priva di qualsiasi supporto motivazionale
non specificando il primo giudice in che modo il quantum della omissione possa incidere sull’antigiuridicità della condotta e sull’elemento soggettivo del reato. E’ inoltre manifestamente illogica sia perché considera particolarmente esiguo —tanto da non ritenerlo penalmente rilevante – un importo ,come quello della violazione accertata,con cui devono vivere molti nuclei familiari sia perché

Data Udienza: 04/02/2014

introduce arbitrariamente una soglia di punibilità — rimessa all’arbitrario apprezzamento del giudice – estranea alla lettera e ratio della fattispecie normativa
contestata.
Motivi della decisione
Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha rilevato quanto segue:
«Giova preliminarmente rilevare la ritualità della proposizione della impugnazione a mezzo di ricorso per cassazione, posto che nella specie si verte in
una situazione di pronuncia della sentenza di proscioglimento in relazione a richiesta di decreto penale di condanna, dapprima accolta dal GIP con emissione
del decreto, che veniva però poi revocato dal medesimo GIP con la sentenza di
proscioglimento (emessa dopo l’insorgere di difficoltà di notifica del decreto alla Pezzi all’indirizzo risultante in atti); revoca intervenuta dunque senza che
fosse stata proposta opposizione e instaurato uno dei riti costituenti il fisiologico sviluppo del procedimento, conseguente alla proposizione della opposizione.
Si è così in presenza di una pronuncia emessa de plano a seguito di mera
richiesta da parte del P.M. di decreto penale di condanna, situazione analoga a
quella esaminata e risolta nel senso della proponibilità, quale unico mezzo di
impugnazione, del ricorso per cassazione, dalle Sezioni Unite di codesta Suprema Corte, con recente pronuncia, non rilevando dunque in senso contrario la
deduzione, tra i motivi di gravame, oltre che della violazione di legge, anche del
vizio di motivazione (cfr. Cass. Pen. Sez. Un.. 30/9/2010, Dalla Serra).
Il ricorso è altresì fondato.
Il GIP, con minima ed apodittica motivazione, ha desunto l’assenza del dolo e l’inoffensività della condotta dalla ritenuta “esiguità” delle omissioni contributive.
Trattasi di motivazione correttamente censurata dal P.G. in ragione:
– della contraddittorietà insita nel definire esiguo un omesso versamento
accertato per importo per importo corrispondente a quello accertato in atti;
– della non ravvisabilità del collegamento dedotto dal GIP, in assenza dì
ogni motivazione, tra detto importo e il dubbio circa la sussistenza del dolo,
considerato anche che per l’integrarsi dell’elemento soggettivo del reato, con riferimento alla fattispecie in esame, è sufficiente il mero dolo generico, dato dalla consapevolezza e volontà della omissione (cfr. Cass. Pen. Sez. 3, 19/10/2009,
Riitano);
– della arbitrarietà, in ogni caso, della introduzione di una soglia di punibilità, non contemplata da alcuna disposizione di legge ed in relazione ad un obbligo posto nell’interesse collettivo dei lavoratori.
In rito, va rilevato che la sentenza è stata pronunciata de plano, dopo l’emissione di precedente decreto penale, che è stato con essa revocato in assenza
di opposizione e al di fuori delle contemplate ipotesi di possibile revoca (non
essendo stata effettivamente accertata neppure l’irreperibilità dell’imputata, che
tra l’altro, qualora emersa, avrebbe comportato, ai sensi dell’art. 460 co. 4 c.p.p..
la revoca del decreto e la restituzione degli atti al P.M., senza possibilità di riesame nel merito da parte dello stesso GIP in funzione della pronuncia di proscioglimento).

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Ciò comporta il configurarsi di una palese abnormità della sentenza di proscioglimento, con l’evidenziarsi di una questione di diritto da ritenersi rilevabile
di ufficio pur in assenza di specifica censura in tal senso da parte del P.G. impugnante, il quale si è limitato a chiedere l’annullamento della sentenza per
violazione di legge e vizio di motivazione; rilevabilità di ufficio del resto
ritenuta anche con pronuncia della Corte di Cassazione a Sez. Un., 23/5/2010,
in proc. Zedda, in cui la Corte è pervenuta al rilievo di abnormità della sentenza
di proscioglimento, perché emessa dal GIP in carenza di potere, dopo e
nonostante l’opposizione a decreto penale di condanna, annullando per tal
ragione il provvedimento impugnato, pur a seguito di impugnazione del P.G.,
basata sulla evidenziazione di diverse violazioni di legge e vizi di motivazione.
Si ravvisano pertanto gli estremi per chiedere l’annullamento senza rinvio
dell’impugnata sentenza (così riconducendosi il procedimento alla fase, antecedente la presente pronuncia, raggiunta con la fisiologica emissione del decreto
penale), con trasmissione degli atti al GIP».
La Corte condivide integralmente le su riportate considerazioni e conclusioni del Procuratore generale e la fa integralmente proprie.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
tribunale di Pavia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 4
febbraio 2014.

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