Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13852 del 21/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 13852 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– DI MICHELE MARCO, n. 19/06/1977 a ROMA

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di ROMA in data 19/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite per il ricorrente le conclusioni dell’Avv.

;

Data Udienza: 21/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 19/07/2013, depositata in data 24/07/2013, il tribunale del
riesame di ROMA rigettava l’appello cautelare proposto in data 21/06/2013
avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo,

2. Giova ricordare che il ricorrente è indagato in ordine al reato di cui agli artt.
110 c.p. e 44, lett. b), d.P.R. n. 380/01 per aver realizzato, in assenza di p.d.c.,
una struttura in alluminio di mt. 12,50 x 7,40, con altezza variabile da mt. 3,95
a mt. 2,70, sovrastata da tende motorizzate e provvista di tamponatura laterale
in vetro alta mt. 2,00 circa, struttura realizzata ad una distanza di mt. 1,90 circa
dall’edificio retrostante, per la quale è stata presentata una d.i.a. priva della
dovuta documentazione (CO.QU.E.) e comunque in contrasto con gli strumenti
urbanistici del Comune di Roma.

3. Ha proposto tempestivo ricorso DI MICHELE MARCO, a mezzo del difensore
fiduciario cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta, deducendo un unico,
articolato, motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3.1. Deduce, in particolare, il ricorrente il vizio di mancanza di motivazione sub
specie di apparenza della stessa ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.

b), c.p.p.,

essendo la stessa tale da essere ricompresa nella violazione di legge di cui
all’art. 124 cod. proc. pen.
Premette il ricorrente che la vicenda in esame segue al rilascio di una d.i.a. n.
28565 del 29/09/2011 che lo autorizzava alla installazione di una pergola
autoportante con struttura in alluminio fissata a terra e sormontata da una tenda
retrattile motorizzata in materiale ignifugo classe 2″, comunemente denominata
“pergotenda”, a servizio dell’area di ristoro all’aperto del Ristorante MOMART,
gestito della società SIRIA s.r.I., di cui l’indagato è amministratore. Nel 2004,
peraltro, parte dello spazio esterno in uso alla società SIRIA s.r.I., era stato già
delimitato con pannelli in materiale trasparente e fioriere, giusto rilascio della
d.i.a. n. 12620 del 27/04/2004 e successiva variante n. 33109 del 2/11/04, con
cui si era proceduto a realizzare sistemazioni esterne finalizzate a delimitare
l’area pertinenziale utilizzata come area di ristoro della predetta attività
commerciale di ristorazione. Dette delimitazioni in vetro, rileva il ricorrente,
2

emessa in data 19/06/2013 dal GIP del medesimo tribunale.

rispetto alla c.d. pergotenda sono da considerare del tutto indipendenti ed
autonome tra loro, come documentato davanti al tribunale del riesame mediante
produzione di una relazione del c.t.p. Arch. Smedile, di cui viene allegata copia
(all. 7 al ricorso).
A seguito del disposto sequestro, peraltro, il ricorrente ha provveduto il
13/06/2013 a rimuovere la pergotenda, rispristinando lo status quo ante, come

l’esito dei lavori di ripristino autorizzati dal PM, in cui si attestava “la rimozione
del manufatto preesistente”. Il PM, tuttavia, disattendeva la richiesta di revoca
del sequestro preventivo, formulando il proprio parere contrario al Gip cui
venivano trasmessi gli atti, rilevando che quanto attestato dal ricorrente ed
accertato nel verbale di sopralluogo della PG fosse non oggettivamente
rispondente al vero, in quanto contradetto dagli stessi rilievi fotografici allegati
dalla difesa; il GIP, nel rigettare l’istanza di revoca, inoltre aggiungeva che
permaneva anche il periculum in quanto la rimozione, solo parziale, avrebbe reso
agevolmente realizzabile la struttura per nuova copertura, una volta finita la
stagione estiva e risorte le esigenze di creazione di un ambiente chiuso”.

3.2. In sintesi, si duole il ricorrente per aver il tribunale del riesame, con una
motivazione apparente, illogica e contradittoria, disatteso le deduzioni difensive
che muovevano dal dato secondo cui l’opera abusiva doveva individuarsi
esclusivamente nella c.d. pergotenda di cui alla d.i.a. del 29 settembre 2011,
senza doversi tener conto delle pareti laterali in materiale trasparente già
installate nel 2004 per meglio delimitare l’area pertinenziale, oggetto dalla d.i.a.
rilasciata nel 2004; il tribunale del riesame, ancora, non avrebbe considerato
quanto dedotto dalla difesa con la documentazione prodotta (relazione tecnica
20/12/12 a firma ing. Lancelotti e c.t.p. a firma dell’arch. Smedile: allegati n. 2 e
7 al ricorso), nonché la stessa relazione redatta dalla PG in data 13/06/2013 che
aveva attestato l’avvenuta rimozione del manufatto preesistente.
Il tribunale, dunque, avrebbe fondato la propria decisione su un presupposto del
tutto erroneo, rappresentandosi una situazione di fatto diversa da quella reale, in
ordine all’illegittimità e, dunque, alla disponibilità delle delimitazioni laterali.

3.3. Analoga censura, poi, investe quella parte della motivazione relativa al
periculum,

non avendo il tribunale del riesame fornito alcuna motivazione

effettiva in ordine alla concreta ed attuale pericolosità derivante dal
mantenimento della disponibilità di quanto rimasto all’esito dell’opera di
ripristino, rilevando solo su basi congetturali la sussistenza del periculum “posto
3

accertato anche nel verbale di sopralluogo della PG incaricata del controllo circa

che l’indagato potrebbe agevolmente provvedere all’installazione delle tende
sulla struttura descritta, con l’avvento della stagione invernale”; l’autonomia
della c.d. pergotenda dalle delimitazioni laterali in vetro e, in particolare, la
circostanza che queste ultime siano rimaste in essere sarebbe, secondo il
ricorrente, del tutto ininfluente rispetto ad un’ulteriore ed eventuale installazione
delle tende, essendo comunque necessaria la realizzazione di una nuova

struttura autoportante.

4. Con atto depositato presso la Cancelleria di questa Corte in data 10/01/2014,
il difensore fiduciario del ricorrente ha fatto pervenire dichiarazione di rinuncia al
ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stata

medio tempore

disposta la restituzione di quanto in sequestro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di
interesse.

6. Ed invero, come precisato in premessa, in prossimità dell’udienza davanti a
questa Corte, il ricorrente ha fatto pervenire rituale dichiarazione di rinuncia al
ricorso, specificando che, nelle more della trattazione davanti a questa sede di
legittimità, quanto in sequestro gli era stato restituito.

7. Il ricorso dev’esser, pertanto, dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 589
cod. proc. pen., senza che alla declaratoria di inammissibilità segua la condanna
al pagamento delle spese del procedimento né della somma alla Cassa delle
Ammende.
Ed invero, come già chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, qualora il venir
meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla
sua proposizione, alla declaratoria di inammissibilità non seguono ne’ la
condanna alle spese processuali ne’ quella al pagamento della sanzione
pecuniaria, non essendo configurabile un’ipotesi di soccombenza (Sez. U,
Ordinanza n. 20 del 09/10/1996 – dep. 06/12/1996, Vitale, Rv. 206168; Sez. U,
n. 7 del 25/06/1997 – dep. 18/07/1997, Chiappetta ed altro, Rv. 208166; Sez.
U, n. 31524 del 14/07/2004 – dep. 20/07/2004, Litteri, Rv. 228168).

P.Q.M.
4

t,

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2014

Il Presidente

est.

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