Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 138 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 138 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SENESE MICHELE N. IL 18/11/1957
avverso l’ordinanza n. 566/2012 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
28/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
1014e/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 05/12/2012

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza del 28 giugno 2012 il Tribunale del riesame di Roma, costituito ai
sensi dell’art. 310 cod. proc. peri., accoglieva gli appelli proposti dall’indagato Michele
Senese, annullando l’ordinanza della Corte di Appello di Roma in data 16 febbraio 2012

all’esito del giudizio di secondo grado, definito con sentenza del 16 dicembre 2011, che
ne aveva affermato la responsabilità in ordine al solo delitto capo 32) contestato ai sensi
dell’art. 73 D.P.R. 309/90, era stata ripristinata nei suoi confronti la misura coercitiva
della custodia in carcere e disponendo la riapplicazione degli arresti domiciliari secondo le
modalità già in precedenza imposte.
Il Tribunale, rilevato che in pendenza del giudizio di legittimità, instaurato dal ricorso
proposto dall’imputato avverso precedente ordinanza, con la quale lo stesso Tribunale in
data 17 gennaio 2012 aveva accolto l’impugnazione del Procuratore Generale avverso le
ordinanze della Corte di Appello di Roma del 28 luglio e del 12 agosto 2011 di
sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari e ripristinato la misura
custodiale, riteneva preclusa la possibilità per l’accusa di coltivare la domanda cautelare
nei confronti dello stesso imputato per il medesimo fatto di reato ed in assenza di
elementi di novità sopravvenuti, con due contestuali strumenti processuali, l’appello, non
ancora esaurito ed una nuova richiesta cautelare.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il Senese a mezzo del suo
difensore, il quale lamenta: inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità,
inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, con riferimento al combinato disposto dagli
artt. 229, comma 4, e 178, comma 1, lett. b) e 125 cod. proc. peri., comma 3;
inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 274, 275,
299 e 310 cod. proc. pen.; mancanza, contraddittorietà o manifesta Illogicità della
motivazione. A sostegno del gravame rappresenta che il Tribunale, pur avendo accolto la
propria impugnazione, aveva ritenuto di stabilite la sottoposizione a prescrizioni esecutive
della misura degli arresti domiciliari più gravose rispetto a quanto precedentemente
statuito dalla Corte di Appello con l’ordinanza del 28 luglio 2011 laddove aveva imposto
il “divieto di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o lo
assistono e dai difensori” in assenza di qualsiasi motivazione al riguardo.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e va dunque respinto.

1

con la quale, a richiesta del Procuratore Generale presso la stessa Corte di Appello ed

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
Roma, 11,
1.L’impugnazione proposta devolve la sola questione riguardante la legittimità
dell’imposizione da parte del Tribunale del riesame, all’atto del ripristino della misura
coercitiva domiciliare in luogo di quella custodiale, applicata nuovamente con ordinanza
che ha annullato, di prescrizioni esecutive degli arresti domiciliari che il ricorrente assume
non essere state in precedenza imposte e non essere stata la relativa statuizione sorretta
da alcuna motivazione.
In effetti per valutare la fondatezza della doglianza occorrerebbe procedere al
data 28 luglio 201d, onde verificare se l’ordinanza impugnata si sia limitata a confermare
quanto già statuito prima dell’aggravamento della misura che essa ha annullato, oppure
se ha introdotto nuove prescrizioni in precedenza non imposte; detto provvedimento non
è però stato prodotto dall’interessato, né trascritto integralmente nel contesto
dell’impugnazione. Tale carenza preclude a questa Corte ogni possibilità di riscontrare
l’assunto difensivo in conseguenza del difetto di autosufficienza del ricorso, che quindi va
respinto.
Ne discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore
dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, co. 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012.

confronto col contenuto del provvedimento adottato dalla Corte di Appello di Roma in

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