Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1366 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1366 Anno 2016
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:

TOCCACELI Luciano, nato a Chiaravalle (An) il 21 gennaio 1953;
REMEDIA Gian Luca, nato a Roma il 27 maggio 1970;

avverso l’ordinanza emessa in data 19 luglio 2013 dalla Corte di appello di Ancona;

letti gli atti di causa, l’ordinanza impugnata ed i ricorsi introduttivi;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Federico SORRENTINO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di
inammissibilità dei ricorsi

1

Data Udienza: 27/05/2015

RITENUTO IN FATTO
i La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 19 luglio 2013, ha
dichiarato inammissibili gli appelli proposti da Toccaceli Luciano e Remedia
Gian Luca avverso la sentenza del 19 giugno 2012 con la quale il Tribunale di
Ancona li aveva condannati alla pena di mesi 8 di reclusione ciascuno, oltre
alle pene accessorie, avendoli riconosciuti colpevoli del reato di cui all’art. 12
del dlgs n. 74 del 2000.

che gli atti impugnatori presentati dai due prevenuti difettavano del
necessario requisito della specificità, richiesto a pena, appunto, di
inammissibilità dal combinato disposto della artt. 581 e 591, comma 1, lettera
c), cod. proc. pen., posto che negli stessi non erano indicati in modo chiaro e
preciso gli elementi posti a base delle censure mosse alla sentenza di primo
grado.
Hanno interposto ricuso per cassazione i due imputati, assistiti dal
medesimo difensore di fiducia, deducendo la nullità della sentenza impugnata
perche emessa in violazione di legge, sia relativamente alla dichiarazione di
inammissibilità sia in relazione alla asserita violazione dei criteri di valutazione
della prova.
In particolare i ricorrenti hanno contestato la affermata genericità dei
motivi di appello, osservando che le censure da loro formulate nei confronti
della sentenza del giudice di prime cure concernevano, con la necessaria
specificità, sia la valutazione delle prove a loro carico sia la determinazione
della pena loro inflitta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per come lo stesso è stato proposto, è risultato inammissibile.
Osserva, infatti, il Colie.gio che i ricorrenti si sono limitati a censurare, in
termini decisamente assertivi e non argomentati, la erroneità della impugnata
sentenza emessa dalla Corte di appello, senza affatto chiarire le ragioni che
avrebbero dovuto condurre il giudice del gravame a ritenere ammissibili, in
quanto specificamente motivate, le lagnanze dedotte dai due ricorrenti in sede
di impugnazione di fronte alla Corte territoriale marchigiana.
Rileva a tale proposito il Collegio che, a fronte di un provvedimento
emesso in sede di gravame, nel quale sono chiaramente indicate le ritenute
carenze dell’atto impugnatorio, consistenti nella generica contestazione
effettuata dalle parti ricorrenti delle conclusioni cui il giudice di prime cure è
pervenuto sulla base del materiale probatorio acquisito agli atti sia in
relazione alla attribuibilità ai due prevenuti della responsabilità penale per i
fatti loro ascritti sia in ordine alla determinazione della pena dai medesimi
2

Il giudice del gravame aveva motivato la propria decisione osservando

meritata, gli odierni ricorrenti si sono limitati a sostenere, esponendo
genericamente un contrario avviso rispetto a quello esposto dalla Corte
territoriale, la idoneità argomentativa delle censure formulate nell’atto di
gravame, senza in alcun modo contrastare, sulla base di elementi obbiettivi, il
contenuto di quanto riferito dalla Corte di appello nella propria ordinanza.
Il ricorso in tal modo confezionato si caratterizza per essere a sua volta
inammissibile stante la evidente genericità dei motivi posti a suo sostegno, e

dei parametri di legittimità fissati dall’art. 606 cod. proc. pen., la rispondenza
o meno della impugnata sentenza ai criteri normativi di cui è stata lamentata
la violazione.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, segue, stante il disposto
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma, così equitativamente determinata, di
1000,00 euro ciascuno, in favore della Cassa delle ammende.
PQM

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 ciascuno in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

non essendo, per tale ragione, possibile per il giudicante verificare, sulla base

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