Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13640 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13640 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
ZUCCARO Maurizio, nato a Catania il 25/08/1961,
avverso l’ordinanza in data 8 agosto 2013 del Tribunale del riesame di Catania
nel proc. n. 1375/2013.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
sentito il pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in persona del
sostituto procuratore generale, Roberto Aniello, il quale ha chiesto il rigetto del
ricorso;
rilevato che il difensore del ricorrente, avvocato Giuseppe Rapisarda, non è
comparso per dichiarata adesione all’astensione dalle udienze proclamata
dall’Unione delle camere penali, ritenuta dalla Corte incompatibile con il
procedimento de quo attinente a misura cautelare personale, come da verbale di
udienza.

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.,
giusta operata riqualificazione della richiesta di riesame come appello, con

Data Udienza: 15/01/2014

ordinanza deliberata in data 8 agosto 2013, ha confermato l’ordinanza emessa il
20 luglio 2013 dal Giudice per le indagini preliminari della sede nei confronti di
Zuccaro Maurizio, ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., con la quale era stata
disposta la custodia cautelare presso un centro diagnostico terapeutico (CDT)
dell’amministrazione penitenziaria, in sostituzione della misura degli arresti in
ospedale, nei confronti dello Zuccaro, sottoposto ad indagini per omicidio
pluriaggravato di Bonanno Vito anche ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991,

convertito nella legge n. 203 del 1991.
Il Tribunale ha ricostruito la vicenda cautelare dell’indagato, già sottoposto
alla misura coercitiva di massimo rigore, giusta ordinanza genetica del 20 marzo
2013, trasferito quindi a distanza di un mese presso il CDT della casa di
reclusione di Milano Opera in ragione di un quadro patologico che non consentiva
la sua permanenza in regime carcerario ordinario, e successivamente posto agli
arresti ospedalieri, a norma dell’art. 275, comma 4-ter, cod. proc. pen., giusta
ordinanza del Tribunale del riesame in data 17 giugno 2013 a seguito di ulteriori
accertamenti peritali delle sue condizioni di salute.
Ricoverato, in esecuzione di quest’ultima ordinanza, presso la divisione di
ematologia dell’ospedale Ferrarotto di Catania, lo Zuccaro aveva subito
l’aggravamento della misura coercitiva, poiché il responsabile della medesima
divisione, con nota del 18 luglio 2013, aveva comunicato all’autorità giudiziaria
un miglioramento delle condizioni di salute dello Zuccaro, tale da consentirne la
dimissione per la prosecuzione dell’iter terapeutico in regime ambulatoriale, e il
giudice, ritenuta la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, non
salvaguardabili con la misura degli arresti domiciliari, in accoglimento della
richiesta del pubblico ministero, aveva disposto il ripristino della custodia
cautelare presso il CDT di Milano Opera, con ordinanza del 20 luglio 2013,
oggetto di appello dell’indagato al Tribunale distrettuale che lo aveva respinto
con il provvedimento dell’8 agosto 2013, qui impugnato.
Nelle more della decisione del Tribunale, sussistendo gravi indizi a carico di
ignoti del delitto di cui all’art. 374-bis cod. pen. (false dichiarazioni o attestazioni
in atti destinati all’autorità giudiziaria circa le condizioni di salute dello Zuccaro),
aggravato ai sensi dell’art. 7 della legge n. 203 del 1991, erano state disposte
dal pubblico ministero, con decreto d’urgenza tempestivamente convalidato dal
giudice per le indagini preliminari, intercettazioni delle comunicazioni tra presenti
e videoriprese presso la stanza di ospedale occupata dallo Zuccaro o presso la
cella che sarebbe stata utilizzata dallo stesso nella struttura penitenziaria di
destinazione, all’esito delle quali era emerso che lo Zuccaro si era sottoposto ad
operazioni di autosalasso, procurandosi la fuoriuscita di sangue dal polso sinistro

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(in due interventi il 5 agosto) e da zone del corpo prossime all’inguine (in due
distinti momenti il 6 agosto e in altre due occasioni il 7 agosto), con
rinvenimento, nella stanza dell’indagato, anche del materiale usato per
l’esecuzione degli autosalassi (braccialetti elastici, ago da siringa, alcuni
accendini ed altro materiale).
Sentito all’udienza in data 8 agosto 2013, davanti al Tribunale dell’appello

situazione fisica, perché stanco di subire trasferimenti e perizie e di essere
custodito in luoghi lontani dai suoi familiari.
Il Tribunale, pertanto, evidenziato che delle due patologie diagnosticate
all’indagato -polineuropatia infiammatoria demielinizzante cronica (CIDP), con
forti limitazioni nei movimenti per la presenza di menomazioni a livello
muscolare e osteoarticolare, e anemia cronica ipocromica microcitica- solo la
seconda era stata apprezzata come incompatibile con il regime carcerario perché
implicante costante supporto terapeutico e immediati interventi emotrasfusionali
alla bisogna, e rilevato che lo Zuccaro aveva sempre rifiutato i necessari
approfondimenti strumentali per accertare la causa della sua anemia cronica, di
cui i sanitari curanti già avevano rilevato l’assenza di idonea giustificazione, ha
ritenuto non sussistenti le condizioni di incompatibilità del quadro patologico,
alterato dagli atti autolesivi compiuti dallo stesso Zuccaro con la probabile
compiacenza del personale in servizio nei luoghi di detenzione, con il regime
carcerario di custodia e ha, quindi, ripristinato la misura coercitiva più rigorosa,
permanendo le esigenze cautelari di speciale prevenzione in grado elevato anche
per il ruolo apicale rivestito dall’indagato nell’associazione per delinquere di tipo
mafioso, denominata Santapaola, affiliata a Cosa Nostra.
In particolare, esclusa l’applicabilità dell’art. 275, comma 4-ter, cod. proc.
pen., per l’insussistenza di condizioni di salute incompatibili con la restrizione in
carcere, il Tribunale ha confermato il ripristino della misura di massimo rigore
sulla base della disposizione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo
Zuccaro tramite il difensore, avvocato Giuseppe Rapisarda, il quale denuncia il
vizio di motivazione e l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 275,
comma 4-ter, e ss., cod. proc. pen.
2.1. Il Tribunale avrebbe trascurato di esaminare la vicenda patologica dello
Zuccaro nel suo complesso, focalizzando il suo giudizio solo sullmanemia cronica
ipocromica microcitica”, sofferta dall’indagato, e ignorando l’ulteriore patologia
costituita dalla “polineuropatia infiammatoria demielinizzante cronica (CIDP)”;
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cautelare, lo Zuccaro aveva ammesso di aver cercato di aggravare la sua

avallando acriticamente le conclusioni del Giudice per le indagini preliminari e
valorizzando solo le risultanze peritali, senza tener conto delle opposte
conclusioni del consulente di parte e senza disporre autonoma perizia sul
complessivo quadro clinico, al fine di chiarire gli aspetti controversi della vicenda.
2.2. Il Tribunale, in contrasto con le sue premesse circa il cedimento delle
esigenze di prevenzione, pur di massimo rilievo, di fronte alla tutela del diritto

all’art. 275, commi 4-quater e quinquies, cod. proc. pen., che comunque vietano
la custodia cautelare in carcere quando la malattia si trova in una fase così
avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alla terapie curative.
E di tale gravissima condizione patologica costituirebbe conferma il
provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Catania, in data 17 aprile 2013,
pur citato nell’ordinanza impugnata, che, nell’ambito di altro procedimento già
definito, ha disposto nei riguardi dello Zuccaro, sulla base di perizia collegiale, la
detenzione domiciliare a tempo, ritenendo inidoneo alle condizioni di salute dello
stesso non solo il regime carcerario ordinario, ma anche la detenzione all’interno
di un centro diagnostico terapeutico dell’amministrazione penitenziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
1.1. Contrariamente all’assunto difensivo il Tribunale non ha operato una
valutazione parziale delle patologie sofferte dallo Zuccaro, poiché ha considerato
sia la polineuropatia infiammatoria dennielinizzante cronica (CIDP), con forti
limitazioni nei movimenti per la presenza di menomazioni a livello muscolare e
osteoarticolare, sia l’anemia cronica ipocromica microcitica, correttamente
attribuendo solo a quest’ultima l’eventuale incompatibilità con la condizione di
restrizione carceraria, sulla base di cospicua documentazione sanitaria sia
interna che esterna alla struttura sanitaria penitenziaria.
Gli accertamenti medici che, numerosi, si sono susseguiti nei riguardi dello
Zuccaro non sono stati inadeguati ma, al contrario, come sottolineato nel
provvedimento impugnato, risultano approfonditi e hanno giustificato le
perplessità dei medici curanti per l’inspiegabile causa delle improvvise gravi
anemie riscontrate nel paziente, tali da imporre immediati interventi
emotrasfusionali.
L’enigma, come bene spiegato dal Tribunale, è stato sciolto dalle
videoriprese disposte all’interno dell’ospedale dove era ricoverato lo Zuccaro,
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fondamentale del detenuto alla salute, avrebbe violato le disposizioni di cui

Trasmessa copia ex art. 23
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rivelatosi autore della sua stessa anemia che si procurava con rudimentali
pratiche di autosalasso.
Correttamente, pertanto, il Tribunale ha escluso l’incompatibilità delle
condizioni di salute del detenuto con la restrizione in carcere, poiché l’unica
patologia che avrebbe potuto determinare tale incompatibilità, per l’urgenza di
sottoporre lo Zuccaro ad interventi emotrasfusionali, era strumentalmente

riconosciuto dallo Zuccaro nell’udienza dell’8 agosto 2013.
1.2. Conseguentemente non vi è stata alcuna violazione delle disposizioni di
cui all’art. 275, commi 4-quater e 4-quinquies, cod. proc. pen., e la circostanza
che il Tribunale di sorveglianza, per diverso titolo di condanna definitiva, abbia
ammesso lo Zuccaro alla misura della detenzione domiciliare ex art. 47ter,
comma 1-ter, Ord. Pen., giusta ordinanza del 17 aprile 2013, non è significativa
in senso contrario, sia per l’autonomia del presente procedimento cautelare dal
procedimento di sorveglianza, sia perché la suddetta misura risulta disposta
prima della scoperta, nell’agosto 2013, delle pratiche di autosalasso cui lo
Zuccaro si sottoponeva.

2. Alla luce delle osservazioni che precedono il ricorso deve essere,
pertanto, respinto con la condanna del ricorrente, a norma dell’art. 616, comma
1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria curerà la trasmissione del presente provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario in cui è ristretto il ricorrente, ai sensi dell’art. 94,
comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
cod. proc. pen.

Così deciso, in Roma, il 15 gennaio 2014.

1-ter, disp. att.

indotta dallo stesso indagato per evitare la custodia in carcere, come

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