Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13623 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13623 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COLLURA VITALE SALVATORE N. 160920g/1952
avverso la sentenza n. 239/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
21/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
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Data Udienza: 15/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 29.03.2012 il Tribunale di Palermo, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod.proc.pen, aveva accolto l’appello proposto dal pubblico
ministero avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari in sede,
disponendo nei confronti di Collura Vitale Salvatore la misura cautelare della
custodia in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., che era stata
rigettata dal GIP; su ricorso dell’indagato, la Corte di Cassazione con sentenza
13.12.2012 aveva annullato con rinvio l’ordinanza applicativa della misura,

individualizzanti alle dichiarazioni di uno dei collaboratori di giustizia sulla cui
base era stata affermata l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del
Collura per il reato associativo; il Tribunale di Palermo, reinvestito dell’appello
del pubblico ministero, con ordinanza 21.03.2013 dava atto che nel frattempo
era intervenuta sentenza di condanna in primo grado del Collura per il medesimo
reato alla pena di anni 10 di reclusione pronunciata il 19.10.2012 dal GUP del
locale Tribunale, di cui veniva acquisito il dispositivo, e valorizzava l’effetto
preclusivo della rivalutazione in sede cautelare del requisito della gravità
indiziaria che doveva riconoscersi alla sopravvenienza della condanna del giudice
di merito per lo stesso fatto; quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari,
rilevava l’operatività, nella fattispecie, della presunzione di cui all’art. 275
comma 3 cod.proc.pen. in relazione al titolo del reato attribuito al Collura, nei cui
confronti applicava la massima misura cautelare.
2.

Ricorre per cassazione Collura Vitale Salvatore, tramite il difensore,

deducendo violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen., in
relazione agli artt. 627 comma 3 del codice di rito, 5 CEDU, 13 comma 2 e 111
comma 6 Cost.; chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale aveva illegittimamente disatteso il

dictum

della sentenza di annullamento, astenendosi dall’individuare gli elementi di
riscontro delle dichiarazioni del collaborante, sull’erroneo presupposto
dell’esistenza della preclusione processuale derivante dalla sopravvenienza della
sentenza di condanna per il fatto oggetto del procedimento

de libertate,

omettendo di considerare che non si trattava di un elemento nuovo (perché
preesistente alla sentenza di annullamento e dalla stessa considerato) e senza
indicare le ragioni per le quali aveva condiviso la condanna sopravvenuta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve perciò essere dichiarato
inammissibile.
2. Questa Corte ha affermato in modo costante il principio per cui, in tema di
provvedimenti de libertate, la sopravvenienza di una sentenza di condanna
1

ritenendo fondata la censura relativa all’assenza di adeguati riscontri

(anche non definitiva) in ordine ai fatti per i quali sia stata emessa una misura
cautelare personale esonera il giudice di rinvio dall’esame del materiale indiziario
alla stregua dei principi enunciati nella sentenza di annullamento pronunciata
dalla Corte di cassazione, atteso che l’autonomia della decisione cautelare,
inserita nel procedimento incidentale, non può spingersi – in conformità anche a
quanto enunciato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 71 del 1996 – sino al
punto da porsi in contrasto con il contenuto della sentenza, anche non
irrevocabile, emessa nel procedimento principale, stante la relazione strumentale

diversa contestazione del fatto addebitato e di nuovi elementi di fatto, l’avvenuta
condanna in primo grado costituisce una preclusione processuale alla
rivalutazione della gravità degli indizi di colpevolezza in sede di appello
incidentale

de libertate,

trattandosi di una decisione che contiene una

valutazione nel merito così incisiva da assorbire l’apprezzamento del requisito
della gravità indiziaria (Sez. 1 n. 2350 del 22/12/2009, Rv. 246037; Sez. 5 n.
22235 del 7/05/2008, Rv. 240425; Sez. 1 n. 13040 del 23/01/2001, Rv.
218582; e, da ultima, Sez. F n. 41667 del 14/08/2013, Rv. 257355, secondo cui
il giudice dell’appello cautelare, chiamato a intervenire dopo una sentenza di
condanna appellabile relativa agli stessi fatti per i quali sia stata emessa la
misura coercitiva, può valutare, in funzione di verificare la permanenza dei gravi
indizi di colpevolezza, gli eventuali elementi sopravvenuti che siano idonei ad
incidere sul quadro probatorio, ma non quelli che siano in grado di inficiare la
legittimità delle prove su cui la condanna medesima è fondata, circostanze
queste ultime che vanno proposte al giudice d’appello nel giudizio di merito).
3. Di tale principio l’ordinanza impugnata ha fatto puntuale e corretta
applicazione al caso di specie, in quanto il dictum della sentenza 13.12.2012 di
questa Corte, che aveva annullato la misura cautelare precedentemente emessa
nei confronti del ricorrente demandando al giudice del rinvio, nell’ambito del
procedimento incidentale de libertate, la rivalutazione della gravità del quadro
indiziario allora esistente (con particolare riguardo alla sussistenza di adeguati
riscontri individualizzanti alle dichiarazione accusatorie di un collaboratore di
giustizia), è ormai superato dalla sentenza di condanna (alla pena significativa di
anni 10 di reclusione) pronunciata per il medesimo fatto dal GUP del Tribunale di
Palermo il 19.10.2012, che preclude una nuova valutazione – in questa sede
cautelare – del medesimo materiale probatorio, riservata in via esclusiva al
giudice del merito in grado d’appello.
Non è ipotizzabile alcuna violazione dei principi costituzionali (e della CEDU) in
tema di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali de libertate, proprio perchè
la sussistenza dei presupposti indiziari per privare della libertà il ricorrente, in

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esistente tra i due procedimenti, con la conseguenza che, in assenza di una

forza delle motivazioni di una condanna a una consistente pena detentiva, è
stata positivamente apprezzata in un giudizio di merito, contraddistinto da una
valutazione maggiormente piena e stringente – rispetto a quella demandata al
giudice della cautela – della gravità degli elementi che supportano la prova della
colpevolezza del Collura.
Dal testo (compulsabile d’ufficio) della sentenza di annullamento pronunciata da
questa Corte il 13/12/2012, n. 5806, infine, non emerge in alcun modo che la
stessa avesse preso in considerazione l’elemento di novità rappresentato dal

(non potendo una siffatta conclusione ricavarsi dal fatto che la sentenza dia atto,
nelle sue premesse, della mera circostanza di fatto dell’avvenuto deposito in data
5.11.2012 da parte del difensore del Coltura di una memoria e di una “sentenza
relativa al predetto”), che in ogni caso costituiva un elemento sopravvenuto
estraneo al vaglio di legittimità demandato alla Corte, che era limitato alla
correttezza logico-giuridica del provvedimento impugnato emesso il 29.03.2012
dal tribunale del riesame.
4. Dall’inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende
della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 1.000 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
competente Tribunale Distrettuale del riesame di Palermo perchè provveda a
quanto stabilito nell’art. 92 n. att. cod. proc. penale. Manda alla cancelleria per
gli immediati adempimenti a mezzo fax.
Così deciso il 15/01/2014

dispositivo di condanna emesso il 19.10.2012 dal GUP del Tribunale di Palermo

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