Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13618 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13618 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ARIO CARMINE N. IL 08/09/1967
avverso l’ordinanza n. 7052/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 16/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
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Data Udienza: 09/01/2014

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N.21892/13-RUOLO N.5 C.C.N.P.(2420)

RITENUTO IN FATTO
1.D’ARIO Carmine, in espiazione pena per più violazioni legge stupefacenti, con
fine pena al 1 ottobre 2015, impugna innanzi a questa Corte per il tramite del
suo difensore l’ordinanza del 16 aprile 2013, con la quale il Tribunale di
Sorveglianza di Torino ha respinto la sua istanza, intesa ad ottenere sia la
detenzione domiciliare per gravi motivi di salute ex art. 47 ter Ord. Pen., sia

2.11 Tribunale, sulla base di due relazioni sanitarie, di cui una del 4 aprile 2013
ed un’altra dell’8 aprile 2013, ha rilevato come l’istante, oltre ad avere un
proiettile ritenuto nel braccio destro, in esito ad una sparatoria, fosse affetto da
esiti di ictus cerebrale intervenuto nel 2006; da deficit della deglutizione con
discinesia peristaltica di origine centrale e da rallentamento ideo motorio; ha
dato atto che l’istante si avvaleva dell’ausilio di un piantone per la cura e l’igiene
personale e per la pulizia della cella ed ha ritenuto che le infermità di cui egli era
affetto fossero compatibili col regime carcerario, essendo le sue condizioni
generali buone e non necessitando le patologie riscontrate di costanti contatti
con i presidi sanitari territoriali e presentando inoltre le cure prospettate una
periodicità molto bassa, pari ad una o due volte all’anno.
Ha altresì ritenuto non provata la sua collaborazione con la giustizia, essendo
stato egli latitante dall’agosto 2010 al maggio 2012 ed essendo da ritenere
attuali i suoi collegamenti con la criminalità organizzata, come da relazione
redatta sul suo conto dalla Questura di Napoli il 25 marzo 2013, anche perché
era stato di recente sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di p.s.

3.D’ARIO deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione
contraddittoria ed illogica, nella parte in cui il provvedimento impugnato aveva
negato il riconoscimento della sua collaborazione con la giustizia, non avendo il
Tribunale di sorveglianza compiutamente analizzato e valutato la
documentazione da lui allegata all’istanza.
Egli aveva prestato attività collaborativa fin dal suo arresto ed aveva tenuto un
comportamento ineccepibile, avendo consentito, con le sue dichiarazioni
accusatorie, di delineare la sua vicenda delittuosa, avendo chiamato in correità
altri imputati; invero gli erano state concesse le attenuanti generiche e
l’attenuante di cui all’art. 74 comma 7 del d.P.R. n. 309 del 1990.

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l’accertamento della condotta collaborativa da lui tenuta.

Il Tribunale era poi incorso in errore nella parte in cui aveva ritenuto la
sussistenza di suoi legami con la criminalità organizzata, avendo fatto un
generico richiamo alla relazione della Questura di Napoli del 25 marzo 2013, la
quale aveva riferito in modo erroneo che egli avesse collegamenti con il clan
Contini e che fosse stato sottoposto di recente a misura di prevenzione.
Sussistevano poi i presupposti per ottenere la detenzione domiciliare per motivi
di salute, essendo egli affetto da esiti di pregresso ictus cerebrale e la direzione
sanitaria del carcere di Asti aveva fatto presente che egli necessitava di cure

struttura; ed infatti era stato disposto il 29 novembre 2012 il suo trasferimento
al CDT delle Vallette di Torino, non effettuato fino ad allora perché in attesa di
posto letto; era poi del tutto generico il riferimento fatto dal provvedimento
impugnato ad un ipotetico pericolo di fuga; ed invero l’a.g. di Milano, nel corso
del processo di primo grado e di appello, gli aveva dapprima concesso gli arresti
domiciliari per le sue precarie condizioni di salute e, poi, gli aveva imposto
l’obbligo di presentazione periodica alla p.g.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto da D’ARI° Carmine è infondato.

2.E’ invero condivisibile la motivazione addotta dall’ordinanza impugnata per
negare al ricorrente la detenzione domiciliare per motivi di salute.

3.11 Tribunale ha infatti rilevato, sulla base di due recenti accertamenti medici,
eseguiti sulla persona del ricorrente il 4 e 1’8 aprile 2013 e quindi meno di un
mese prima dell’udienza di discussione dell’istanza in esame (16 aprile 2013),
che il ricorrente, oltre ad avere un proiettile ritenuto nel braccio destro, in esito
ad una sparatoria, era affetto da esiti di ictus cerebrale intervenuto nel 2006; da
deficit della deglutizione con discinesia peristaltica di origine centrale e da

riabilitative, fisioterapiche e logopediche, che non era possibile erogargli in quella

rallentamento ideo motorio; le relazioni hanno altresì dato atto che l’istante si
avvaleva dell’ausilio di un piantone per la cura e l’igiene personale e per la
pulizia della cella.
Il Tribunale fEse~e, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome
conforme ai canoni della logica e della non contraddizione, ha ritenuto tali
patologie compatibili col regime carcerario, presentando l’istante condizioni
generali di salute buone e non necessitando le patologie riscontrate di costanti
contatti con i presidi sanitari territoriali, essendo bassa la periodicità delle cure
richieste (una o due volte all’anno).
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4.Alla stregua della giurisprudenza di legittimità, la detenzione domiciliare per
motivi di salute può invero essere concesso solo se venga accertata
l’impossibilità di praticare utilmente in ambiente carcerario le cure necessarie nel
corso dell’esecuzione della pena; occorre cioè valutare se le condizioni di salute
del condannato siano o meno compatibili con le finalità rieducative proprie della
pena e con le concrete possibilità di un suo reinserimento sociale, conseguente
all’attività rieducativa svolta, si che l’espiazione della pena può essere
legittimamente differita solo se, per la natura particolarmente grave

avvenuta in aperto dispregio del diritto alla salute ed in violazione dei
fondamentali principi di solidarietà umana, ai quale deve essere improntato il
trattamento dei detenuti, onde evitare di infliggere loro sofferenze eccessive ed
ingiustificate, incompatibili con le finalità rieducative, che la Costituzione
assegna alla pena (cfr. Cass. 1^ 23.9.1996 n. 4690, Rv. 205750; Cass. 1^
18.6.08 n. 28555, Rv. 240602).

5.Nella specie in esame, il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha adeguatamente
svolto tale tipo di accertamento, avendo esso proceduto ad una valutazione delle
infermità sofferte dal ricorrente con due successivi accertamenti medici, onde
stabilire se esse fossero o meno compatibili con il regime carcerario; ed è sulla
scorta delle risultanze di tali recenti accertamenti che le condizioni di salute del
ricorrente sono state ritenute tali da poter essere adeguatamente monitorate in
ambiente carcerario.

6.E’ altresì infondato la doglianza, con la quale il ricorrente lamenta che il
Tribunale di sorveglianza di Torino ha escluso, ai sensi dell’art. 58 ter Ord. Pen.,
lo svolgimento da parte sua di attività collaborativa con la giustizia.
Il provvedimento impugnato ha invero adeguatamente motivato l’esclusione di
detta collaborazione, avendo rilevato come egli, dopo l’emissione della sentenza
di condanna definitiva, fosse rimasto latitante per quasi due anni, dall’agosto
2010 al maggio 2012.
Il ricorrente ha poi solo verbalmente contestato gli esiti della relazione della
Questura di Napoli del 25 marzo 2013, con la quale, tale ultimo ufficio, oltre a
riferire dei suoi perduranti collegamenti con la criminalità organizzata, ha riferito
di una misura di prevenzione adottata nei suoi confronti, citando i relativi numeri
di protocollo e date; il ricorrente ha negato di essere stato mai sottoposto a
misura di prevenzione, tuttavia, in applicazione del principio di autosufficienza,
affermato dalla giurisprudenza civile, in relazione al disposto di cui all’art. 360 n.
5 c.p.c., ma da ritenere operante anche in sede penale, era onere del ricorrente
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dell’infermità del condannato, l’esecuzione della pena possa ritenersi come

suffragare la validità dell’assunto difensivo mediante l’allegazione dell’opportuna
documentazione, attestante l’erroneità dei riferimenti fatti sul punto dalla
Questura di Napoli, dovendosi ritenere precluso a questo giudice di legittimità
l’acquisizione e l’esame della stessa (cfr., in termini, Cass., Sez. I, 18/03/2008,
n. 16706; Cass., Sez. I, 22/01/2009, n. 6112; Cass., Sez. I, 29/11/2007, n.
47499; Cass., Sez. feriale, Sent. 13/09/2007, n. 37368; Cass., Sez. I (Ord.),
18/05/2006, n. 20344).

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Così deciso il 9 gennaio 2014.

7.Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del

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