Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13616 del 15/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13616 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NIZZA FABRIZIO N. IL 09/03/1975
avverso l’ordinanza n. 597/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
18/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
itette/sentite le conclusioni del PG Dott. !`/IcA i/ì;,..,„—,t,
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Data Udienza: 15/11/2013

N.34875/13-RUOLO N.30 C.C.P. (2379)

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 18 aprile 2013, il Tribunale del riesame di Catania, adito ai
sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame, proposta
da NIZZA Fabrizio avverso il provvedimento del G.I.P. in sede del 20 marzo
2013, con il quale gli era stata applicata la misura cautelare della custodia in
carcere, siccome gravemente indiziato, in concorso con SAITTA Lorenzo e col

Pietro, detto “Piero u pisciaru” aggravato dalla premeditazione e dal fine di
agevolare l’attività dell’associazione mafiosa nella quale era inserito, oltre che dei
connessi delitti di detenzione e porto in luogo pubblico della pistola utilizzata per
l’omicidio.

2.L’omicidio di GIUFFRIDA Pietro è avvenuto in Catania il 22 ottobre 1999
all’interno di una sala giochi ubicata al civico 20 di via SS. Trinità, dove la
vittima era stato raggiunto da ben 11 colpi di pistola, che ne avevano
determinato il decesso immediato.
Il relativo procedimento penale, dapprima archiviato per non essere stati
identificati gli autori del delitto, era stato riaperto a distanza di anni, a seguito
delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia LA CAUSA Santo e MIRABILE
Giuseppe, ritenute attendibili sia per la loro credibilità soggettiva, sia per
l’attendibilità intrinseca del loro narrato, sia per la presenza di riscontri estrinseci
individualizzanti, costituiti dalla convergenza delle dichiarazioni da essi rese, tali
da fornirsi reciproco riscontro (c.d. convergenza del molteplice).
Il Tribunale ha ritenuto quale fonte dichiarativa privilegiata il collaborante
MIRABILE Giuseppe, che aveva appreso i fatti dagli autori materiali dell’omicidio
(SAITTA Lorenzo e NIZZA Fabrizio), oltre che da ZUCCARO Maurizio e GIUFFRIDA
Salvatore, zio della vittima.
Secondo le sue propalazioni, l’omicidio di GIUFFRIDA Pietro era avvenuto su
iniziativa dei fratelli NIZZA nell’ambito di un contrasto insorto fra i NIZZA ed i
GIUFFRIDA per alcune somme di danaro date in prestito da GIUFFRIDA
Salvatore, zio dell’ucciso, ad uno zio dei NIZZA; quest’ultimo non aveva una
prima volta restituito le somme ricevute, costringendo i NIZZA ad intervenire per
pagare il debito del proprio zio, con l’intesa che i GIUFFRIDA non prestassero più
danaro al proprio parente; tuttavia GIUFFRIDA Salvatore aveva continuato a fare
prestiti allo zio dei NIZZA, il quale aveva continuato a non adempiere; dal che
erano sorti nuovi contrasti fra i GIUFFRIDA ed i NIZZA, che questi ultimi avevano
deciso autonomamente di risolvere con l’omicidio in esame.
1

ruolo di esecutore materiale, del delitto di omicidio volontario di GIUFFRIDA

Il collaborante LA CAUSA Santo aveva dichiarato a sua volta di aver saputo
dell’omicidio di GIUFFRIDA Pietro dai giornali, mentre era detenuto e che, una
volta tornato in libertà, avere appreso dettagli sull’evento omicidiario da
COCIMANO Benedetto, inserito nel gruppo malavitoso facente capo a ZUCCARO
Maurizio, gruppo al quale anche il LA CAUSA era vicino; quest’ultimo aveva
dichiarato che fra lo ZUCCARO ed il GIUFFRIDA erano sorti contrasti per

il

comportamento poco riguardoso tenuto da quest’ultimo nei confronti del primo;
che ad eseguire l’omicidio di GIUFFRIDA Pietro era stato SAITTA Lorenzo assieme

formalmente preso le distanze dall’omicidio per motivi tattici e cioè per non
inimicarsi i parenti dell’ucciso.

3.NIZZA Fabrizio impugna per il tramite del suo difensore detto provvedimento
del Tribunale del riesame di Catania con un unico ed articolato motivo di ricorso,
con il quale deduce erronea applicazione della legge penale e motivazione
inadeguata, per non essere state tenute nel debito conto le divergenze e le
contraddizioni rinvenibili nel narrato dei due pentiti circa il contesto in cui il fatto
era maturato, il mandante ed il movente dell’omicidio.
Non era stato tenuto conto che nell’immediatezza del fatto ben cinque telefonate
anonime avevano indicato in altre persone gli esecutori materiali del delitto in
esame ed il mandante; che un altro collaborante, ZANTI Sebastiano, aveva
indicato come esecutore materiale del delitto non esso ricorrente, ma SAITTA
Lorenzo; che le propalazioni dei due pentiti, intervenute a distanza di 13 anni dai
fatti, erano qualificabili quali chiamate in reità de relato, non avendo avuto
entrambi i dichiaranti conoscenza diretta dei fatti; che fra di esse erano
rinvenibili contrasti circa l’indicazione del movente e del mandante, tali da
escludere la loro complessiva convergenza nei loro nuclei fondamentali.
Il Tribunale aveva ritenuto come nucleo fondamentale dell’accusa nei suoi
confronti le dichiarazioni del MIRABILE, alle quali le dichiarazioni del LA CAUSA
avrebbero fornito riscontro estrinseco individualizzante; tuttavia il LA CAUSA
aveva conosciuto i fatti dai giornali e le informazioni dal medesimo ricevute dal
COCIMANO erano riferite al mandante ed al movente; ed era su tali argomenti
che sussisteva la divergenza dichiarativa con quanto rappresentato dal
MIRABILE, si che le dichiarazioni del LA CAUSA non erano dotate di quella
struttura tipica della chiamata di reità intesa quale indizio di accusa, anche
perché un terzo collaborante ZANTI Sebastiano aveva escluso che egli fosse stato
l’esecutore materiale dell’omicidio, indicandone un altro.
Le dichiarazioni rese dai due pentiti presentavano quindi rilevanti smagliature e
discrasie, tali da farne venir meno l’affidabilità complessive.
2

all’odierno ricorrente su ordine dello ZUCCARO, il quale tuttavia in seguito aveva

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposti da NIZZA Fabrizio è infondato.

2.Va invero rilevato che gli indizi di colpevolezza posti a suo carico sono costituiti
dalle dichiarazioni rese dai pentiti LA CAUSA Santo e MIRABILE Giuseppe.

3.La giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere che le dichiarazioni di

fonte di convincimento circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza,
qualora le stesse abbiano trovato riscontro in elementi esterni, anche di natura
logica, che siano tali da rendere verosimile il contenuto della chiamata in reità; e
detti riscontri esterni, idonei a confermare attendibilità alle dichiarazioni di un
collaboratore di giustizia, ben possono essere costituiti, come nella specie in
esame, da altre dichiarazioni convergenti, rese in piena autonomia rispetto alla
precedenti da altro collaboratore di giustizia, con modalità tali da escludere il
dubbio che esse siano state reciprocamente influenze (Cass., Sez. I, 09/04/2010,
n. 16792; Cass., Sez. I, 10/10/2001, n. 49523).

4.Dunque le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia possono costituire
gravi indizi di colpevolezza, idonei a giustificare la misura cautelare della
custodia in carcere, se intrinsecamente attendibili in sé e corroborati da riscontri
esterni, idonei a provare l’attribuzione del fatto reato al soggetto destinatario di
esse e che possono anche consistere in ulteriori dichiarazioni accusatorie rese da
altri collaboratori di giustizia, le quali devono a loro volta essere caratterizzate:
-dall’essere esse convergenti in ordine al fatto oggetto della narrazione;
-dall’essere state esse rese senza pregresse intese fraudolenti e senza
suggestioni o condizionamenti reciproci, tali da inficiarne la rilevata concordanza;
-dalla loro specificità, che tuttavia non può ritenersi estesa fino alla loro
completa sovrapponibilità agli elementi d’accusa forniti dagli altri dichiaranti,
dovendo piuttosto privilegiarsi l’aspetto essenziale della loro concordanza sul
nucleo essenziale dei fatti da provare (cfr., in termini, Cass.6^, 26.11.08 n.
1091; Cass. 2^, 4.3.08 n. 13473; Cass.1^ 20.7.09 n. 30084).

5.Applicando tali principi giurisprudenziali alla fattispecie in esame, va rilevato
che i due collaboratori di giustizia innanzi indicati, entrambi certamente in
possesso di rilevante caratura criminale, tale da farli ritenere entrambi
soggettivamente attendibili, non hanno riferito in ordine a fatti da essi conosciuti
per avervi preso parte, si che le loro dichiarazioni erano particolarmente
3

un collaborante, se precise, coerenti e circostanziate, ben possono costituire

bisognevoli di essere adeguatamente corroborate e confermate da validi riscontri
esterni, che potevano anche consistere nelle dichiarazioni rese da ciascuno di
essi, purché fossero state tali da confermare le esternazioni dell’altro e da
concordare fra di loro almeno nelle linee essenziali.

6.0ra, il collaborante MIRABILE Giuseppe, indicato dal Tribunale del riesame
come l’autore delle fondamentali esternazioni a carico del ricorrente, ha riferito
che l’omicidio di GIUFFRIDA Pietro era avvenuto su iniziativa dei fratelli NIZZA

di danaro date in prestito da GIUFFRIDA Salvatore, zio dell’ucciso, ad uno zio dei
NIZZA; quest’ultimo non aveva una prima volta restituito le somme ricevute,
costringendo i NIZZA ad intervenire per pagare il debito del proprio zio, con
l’intesa che i GIUFFRIDA non prestassero più danaro al proprio parente; tuttavia
GIUFFRIDA Salvatore aveva continuato a fare prestiti allo zio dei NIZZA, il quale
aveva continuato a non adempiere; dal che erano sorti nuovi contrasti fra i
GIUFFRIDA ed i NIZZA, che questi ultimi avevano deciso autonomamente di
risolvere con l’omicidio in esame.

7.11 collaborante LA CAUSA Santo da parte sua, pur avendo utilizzato un percorso
argomentativo diverso quanto a premesse e cause prossime dell’omicidio, ha
finito con il convergere con il primo circa la descrizione dell’evento omicidiario in
sé; ed i dettagli da lui apportati, specialmente riferiti all’ambiguo comportamento
tenuto da ZUCCARO Maurizio, che prima aveva ordinato l’agguato omicida, poi
aveva sfumato il suo ruolo per evidenti motivi tattici, lungi dall’essere
incompatibili con le dichiarazioni del MIRABILE, forniscono al contrario preziosi
dettagli, tali da consentire di percepire i fatti nella loro intierezza e complessità.
Non può pertanto ritenersi che le dichiarazioni rese dai due pentiti anzidetti siano
da qualificare come contraddittorie su punti fondamentali, si da non poter
fungere da riscontro esterno individualizzante reciproco.

8.Va poi dato atto che il Tribunale ha adeguatamente confutato l’attendibilità del
propalato del collaborante ZANTI, sottolineandone la sua scarsa attendibilità con
riferimento all’omicidio del GIUFFRIDA, in quanto non aveva ricordato il nome
della vittima ed aveva indicato fonti di conoscenza diverse nel suo primo e nel
suo secondo interrogatorio; ha infine correttamente rilevato come le telefonate
anonime fatte subito dopo il verificarsi dell’omicidio in esame non potevaegvere
alcun peso indiziario nella presente sede cautelare.

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nell’ambito di un contrasto insorto fra i NIZZA ed i GIUFFRIDA per alcune somme

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L3-8 0 9t4 332
9- 4
–Roma, li
9.Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

10.Si provveda all’adempimento di cui all’art. 94 comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione cod. proc. pen.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter disp. att.
c.p.p.
Così deciso il 15 novembre 2013.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al

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