Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13610 del 09/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13610 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUADAGNUOLO ROBERTO, nato il 26/05/1962
avverso l’ordinanza n. 4867/2012 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
TORINO del 13/11/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Francesco
Salzano, che ha chiesto rigettarsi il ricorso e condannarsi il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Data Udienza: 09/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 novembre 2012, il Tribunale di Sorveglianza di
Torino ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale
terapeutico, avanzata, ai sensi dell’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, da
Guadagnuolo Roberto, in atto detenuto presso la comunità terapeutica Ville San
Secondo di Moncrivello in relazione alla pena di cui al provvedimento di cumulo

Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava la insussistenza dei
presupposti per la concessione del chiesto beneficio, rappresentando che i
numerosi precedenti penali dell’istante inducevano a una prognosi negativa in
ordine al pericolo di recidiva, rimarcando che la misura richiesta appariva
inidonea a fronteggiarne la pericolosità e la spinta antisociale legata alla sua
patologia psichiatrica, ed evidenziando, sotto il profilo strettamente terapeutico,
che il programma di tipo territoriale nei termini in cui era stato predisposto, con
la previsione di somministrazione ambulatoriale di farmaci e di colloqui periodici,
era inadeguato, avuto riguardo alla incapacità dell’istante di mantenere rapporti
significativi e continuativi nel tempo con il servizio, alla necessità di un suo
costante controllo in ambiente protetto con l’ausilio di personale specializzato, e
ai risultati conseguibili sul piano della rieducazione attraverso il trattamento in
atto presso la indicata comunità terapeutica.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, Guadagnuolo Roberto, che ne chiede l’annullamento, sulla
base di unico motivo, con il quale deduce la incorsa violazione dell’art. 94 d.P.R.
n. 309 del 1990 e la carenza di adeguata motivazione.
Secondo il ricorrente, il Tribunale, che ha valorizzato il riferimento ai
numerosissimi precedenti penali, ha omesso di considerare l’entità della pena
residua da espiare inquadrabile nel limite di legge, né, richiamando i
procedimenti penali pendenti a suo carico, ha tenuto conto dello scarso allarme
sociale delle violazioni contestate, peraltro collegate alla incompatibilità della sua
patologia con il regime restrittivo, che ha anche giustificato la concessione in suo
favore della detenzione domiciliare in comunità terapeutica.
Le incongruenze argomentative, ad avviso del ricorrente, sono evidenti in
particolare nella parte relativa all’affermazione della sua pericolosità in rapporto
all’applicazione delle misure di sicurezza, dovendo il giudizio di pericolosità
esprimersi in modo specifico e in termini di attualità, e nella parte relativa alla
valutazione del quadro a lui favorevole, prospettato dagli operatori, richiesti di

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del 9 luglio 2009 della Procura della Repubblica di Firenze.

pronunciarsi, e dallo stesso Procuratore Generale nel suo parere, in rapporto al
disposto rigetto.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per il rigetto del ricorso sul rilievo della sua manifesta
infondatezza, condividendo le argomentazioni del Tribunale e ritenendo
correttamente applicata la norma invocata e contemperata la tutela del fine
rieducativo della pena e delle esigenze curative del ricorrente con le esigenze di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il Tribunale ha rigettato l’istanza di affidamento terapeutico, presentata
da Guadagnuolo Roberto ai sensi dell’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, fondando il
suo convincimento su un giudizio prognostico che, in base ai dati acquisiti,
afferenti ai numerosi precedenti penali, da un lato, e alla patologia psichiatrica
inducente una spinta antisociale, dall’altro, non consentiva di escludere la
possibilità che l’istante commettesse in futuro ulteriori reati.
Nel ritenere inidoneo il chiesto beneficio, il Tribunale, che ha rimarcato che
la pericolosità sociale è stata valorizzata anche in sede di merito al fine
dell’applicazione delle misure di sicurezza, salva la valutazione da compiersi dopo
la espiazione della pena da parte del competente Magistrato di sorveglianza, ha
anche coerentemente apprezzato la inadeguatezza in concreto del proposto
programma terapeutico, richiamando le modalità di esecuzione previste e la
personalità del condannato.
Con argomentazioni ragionevoli e ancorate alle emergenze processuali si è,
in particolare, sottolineato che un programma terapeutico territoriale, incentrato
su esami e colloqui di verifica e sostegno periodici e su somministrazione
ambulatoriale di farmaci, supponeva una, non riscontrata, capacità
dell’interessato di mantenere rapporti con il servizio sociale regolari, continuativi
e significativi, laddove, invece, era coerente con le esigenze curative e
rieducative del medesimo e con gli evidenziati profili della sua pericolosità il
trattamento in atto presso la struttura “protetta” di Moncrivello, caratterizzato
positivamente dal buon inserimento dello stesso nella comunità, incidente sul
suo equilibrio psico-comportamentale, dall’assunzione regolare da parte sua della
terapia farmacologica, dalla attuale stabilità del suo quadro clinico-psichiatrico e
dal costante intervento degli educatori e del personale specializzato.

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tutela della collettività.

3. Tali valutazioni espresse dal Giudice di merito, adeguatamente giustificate
sulla base dei dati fattuali acquisiti in ordine alla pericolosità del condannato, non
contenibile con il chiesto beneficio, e correttamente improntate al principio del
necessario riferimento del giudizio prognostico in ordine all’idoneità o meno del
programma

di

recupero

all’esito

dell’esame

della

personalità

del

tossicodipendente ancorato a elementi oggettivamente sintomatici, affermato
ripetutamente da questa Corte (da ultimo, Sez. 1, n. 9320 del 01/02/2011, dep.
09/03/2011, Matarrese, Rv. 249884), resistono alle censure difensive.

argomentativa alle ragioni poste a fondamento dell’ordinanza impugnata,
propone una rilettura nel merito, non consentita in sede di legittimità, del
contenuto oggettivo dei dati fattuali acquisiti, afferenti alla sua biografia
giudiziaria e incidenti sul giudizio di pericolosità, e oppone la valorizzazione della
entità della pena residua da espiare, priva tuttavia di autonomo rilievo, e la
idoneità del programma terapeutico territoriale, senza correlarsi con la esaustiva
analisi svolta dal Tribunale che, senza salti logici e in coerenza con il quadro
normativo, ha messo in rilievo che i risultati positivi raggiunti con la misura in
corso erano, unitamente ai rilievi in punto pericolosità e anomalie psichiatriche,
dimostrativi della inidoneità del programma proposto sotto il duplice profilo,
preventivo in rapporto al pericolo di reiterazione criminosa e terapeutico in
rapporto alle esigenze curative del medesimo ricorrente.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Il ricorrente, invero, svolgendo deduzioni in chiave di contrapposizione

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