Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1361 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1361 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CAMMARATA VINCENZO ROBERTO PIO, nato a Catania il 18.5.1948

avverso la sentenza del 13.3.2013 del Tribunale di Enna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott.ssa Paola Filippi che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Edoardo Bonasera che ha concluso riportandosi ai
motivi del ricorso.

Data Udienza: 25/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13.3.2013, il Tribunale di Enna, pronunciando nei
confronti dell’odierno ricorrente Cammarata Vincenzo Roberto Pio, assolvendolo
dalle restanti imputazioni, dichiarava il predetto responsabile dei reati di cui
all’art. 181 d.lgs. n. 42/2004 ed all’art. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001
limitatamente alla realizzazione di “un colonnato con sovrastante struttura in
profilati di ferro, con tamponatura perimetrale con muretto” su terreno

ed in difetto di permesso di costruire e, ritenuta la continuazione tra i reati, lo
condannava, riconosciutegli le circostanze attenuanti generiche, alla pena di
nove mesi di reclusione ed al pagamento delle spese processuali, concedendogli
il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con sentenza del 30.10.2014, la Corte di appello di Caltanisetta confermava
la sentenza del Tribunale di Enna e condannava l’imputato alle ulteriori spese del
grado.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione Cammarata
Vincenzo Roberto Pio, tramite il difensore di fiducia, articolando i motivi di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come
disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
a. Mancanza, contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione in
ordine alla richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto.
Il ricorrente deduce che con i motivi di appello aveva chiesto di essere
assolto per non aver commesso il fatto, in quanto, imputato quale
amministratore unico della società “centro Agricolo Mediterraneo srl”, aveva
rivestito la predetta carica solo a far data dal 29.1.2007, circostanza della quale
dava atto il Giudice di primo grado nella sentenza appellata.
Lamenta, quindi, l’errata valutazione delle dichiarazioni rese dai testi
Orlando, Falzetta, Pecora e Di Gennaro e che la motivazione sulla quale la Corte
territoriale fondava l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato era
soltanto apparente ed in contrasto con dati documentali ritualmente acquisiti al
fascicolo dibattimentale.
b. Intervenuta prescrizione del reato contestato all’imputato.
Il ricorrente deduce che la Corte territoriale errava nel ritenere non
maturata la prescrizione del reato, in quanto la data di accertamento del reato
doveva coincidere con quella del verbale di sopralluogo della Polizia Municipale di
Piazza Armerina del 15.4.2008 e dai periodi di sospensione considerati doveva
essere detratto quello relativo al rinvio dal 12.6.2014 al 30.10.2014, disposto

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sottoposto a vincolo paesaggistico ex art. 142 comma 1 lett. c) d.lgs. n. 42/2004

perché il decreto di fissazione di udienza non era stato notificato al codifensore
dell’imputato avv. Gaetano Cantaro.
3. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza con le conseguenti
statuizioni di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.

giudice di secondo grado, nell’effettuare il controllo in ordine alla fondatezza
degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è chiamato ad un
puntuale riesame di quelle questioni riportate nei motivi di gravame, sulle quali
si sia già soffermato il prima giudice, con argomentazioni che vengano ritenute
esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate.
In tale caso, infatti, le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella
di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico
ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano
esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo
grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi
logico-giuridici della decisione, cosicché le motivazioni delle sentenze dei due
gradi di merito costituiscano una sola entità (confronta l’univoca giurisprudenza
di questa Corte: per tutte Sez. 2, n. 34891 del 16.05.2013, Vecchia, Rv.
256096; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, Valerio, Rv.
252615; Sez. 2, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2.1994, Albergamo ed altri, Rv.
197250).
Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è
tenuto, inoltre, a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti
e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in
modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver
tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono
considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione
adottata (cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri, Rv.254107).
Nella specie, le motivazioni delle due sentenze di affermazione della
responsabilità dell’imputato si saldano fornendo un’unica e complessa trama
argomentativa, non scalfita dalle censure mosse dal ricorrente che ripropone gli
stessi motivi dedotti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado.

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Va ricordato che, in caso di conforme affermazione di responsabilità, il

La Corte di appello di Caltanisetta, inoltre, non si è limitata a richiamare la
sentenza di primo grado, ma ha risposto punto per punto alle doglianze oggi
riproposte, con argomentazioni adeguate e logiche e, quindi, esenti da censure
in questa sede.
In particolare, con riferimento alle deduzioni difensive relative alla
assunzione della carica di amministratore della società soltanto a far data dal
29.1.2007, la Corte territoriale ha fornito adeguata e logica motivazione in
ordine alla irrilevanza di tale elemento a fronte delle ulteriori acquisizioni

La Corte ha dato rilievo alle circostanze che tutte le istanze di condono sono
state presentate dall’imputato, che il predetto, in qualità di proprietario era
presente al momento del sopralluogo effettuato dai funzionari della
Soprintendenza e che lo stesso aveva comunicato al Sindaco di Piazza Armerina
di volere procedere alla bonifica del sito in contestazione (pag. 5 della sentenza).
Il ricorrente, peraltro, si limita sostanzialmente a proporre una lettura
alternativa del materiale probatorio posto a fondamento della affermazione di
responsabilità penale, dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non
possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non essendo demandato alla
Corte di cassazione un riesame critico delle risultanze istruttorie.
Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell’art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8
non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Cass. n.
27429/2006, Rv. 234559, Lobriglio; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215,
Casavola; Sez. 6, n. 25255/2012, Rv.253099).
Compito di questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del
giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a
dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale della
motivazione del giudice di appello; incompiutezza che derivi dal non aver tenuto
presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione
impugnata.
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul
discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole
della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili
incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”,
specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza
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processuali.

esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero
ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così
da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. IV,
08/04/2010 n. 15081; Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989, imp.
Moschetti ed altri).
2. E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso.
Nella specie, ai sensi dell’art. 157 cod. pen. il termine prescrizionale
ordinario è di quattro anni ed il termine prescrizionale massimo ai sensi dell’art.

Il termine prescrizionale decorre, come ritenuto correttamente dal Giudice di
appello che ha confermato la valutazione del Tribunale, dalla data del
sopralluogo del 22.10.2008.
I Giudici di merito hanno congruamente argomentato che nel predetto
verbale si dava atto che l’intervento edilizio era recente e costituiva ampliamento
del manufatto descritto nel precedente verbale del 15.4.2008 (oggetto dì
precedente istanza di sanatoria).
Pertanto, incontestato che dopo l’accertamento del 22.10.2008 i lavori
abusivi cessavano, il reato si consumava alla predetta data del 22.10.2008.
Stabilita la predetta data di decorrenza del termine prescrizionale e
considerati gli atti di interruzione, il termine massimo di prescrizione maturava il
22.10.2013.
A questo va aggiunto il periodo di sospensione relativo al giudizio di primo
grado di anni 1 e mesi 11, durata non contestata, con maturazione della
prescrizione al 22.9.2015, data successiva alla sentenza di appello.
A questo va aggiunto, poi, l’ulteriore periodo di sospensione relativo al
giudizio di appello che effettivamente va limitato dal 18.2.2014 al 12.6.2014
(con esclusione del periodo dal 12.6.2014 al 30.10.2014 in quanto rinvio
disposto d’ufficio) e, quindi, per complessivi mesi 3 e gg 25, con maturazione
della prescrizione solo alla data del 17.1.2016.
3. Alla manifesta infondatezza dei motivi proposti consegue la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della
parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

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160 cod. pen. è di cinque anni.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 25/11/2015

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