Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13600 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 13600 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALETTI ELIO, nato il 20/10/1956
avverso la sentenza n. 1716/2008 CORTE APPELLO di ROMA del
09/12/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 09/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Nicola Lettieri, che
ha concluso chiedendo annullarsi senza rinvio la sentenza
impugnata per intervenuta prescrizione;
udito per il ricorrente l’avv. Angelo Fiore, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso, associandosi, in subordine, alle richieste
del Procuratore Generale.

Data Udienza: 09/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 giugno 2007 il Tribunale di Latina, all’esito del
giudizio abbreviato, ha dichiarato Paletti Elio responsabile dei reati di illegale
porto in luogo pubblico di fucile cal. 12 marca Benelli, di cui all’art. 14 legge n.
497 del 1974, e di dieci cartucce cal. 12, di cui all’art. 699 cod. pen. (capo A), e
di esercizio di attività venatoria in periodo di divieto generale di cui all’art. 30,
comma 1, lett. A, legge n. 157 del 1992 (capo B), e l’ha condannato, concesse le

delle munizioni nonché la continuazione tra detti reati e la contravvenzione di cui
al capo B, alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed euro duecento di
multa, dichiarata interamente condonata ex art. 11 legge n. 241 del 2006.

2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 9 dicembre 2010, in riforma
della sentenza di primo grado, appellata dall’imputato, ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti dello stesso in ordine al reato di cui all’art. 699 cod. pen.
e al reato di cui al capo B) per essere gli stessi estinti per intervenuta
prescrizione e ha eliminato le relative pene, determinando la pena per il residuo
reato, ritenuto condivisibile il percorso motivazionale seguito per ritenere
provata la responsabilità penale dell’imputato e riconosciuta la diminuente di cui
all’art. 5 legge n. 895 del 1967, in mesi sei di reclusione ed euro centocinquanta
di multa.

3. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, per
mezzo del difensore avv. Angelo Fiore, l’imputato, che ne chiede l’annullamento
sulla base di due motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606, comma
1, lett. e), cod. proc. pen., perché la Corte di merito, che ha correttamente
definito il concetto di luogo aperto al pubblico, non ha considerato che il fatto per
cui si procede è avvenuto nel periodo dell’anno interdetto alla caccia e in
proprietà privata e che il terreno di sua proprietà, confinante con la sua
abitazione, non era aperto al pubblico.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 163, 164 e 183
cod. pen. e all’art. 1 legge n. 241 del 2006.
Secondo il ricorrente, la Corte non ha valutato la censura con la quale si era
chiesto che, in caso di affermazione della responsabilità, la pena irrogata fosse
sospesa e non se ne facesse menzione, neppure considerando la prevalenza della

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attenuanti generiche, ritenuto il concorso formale tra il porto abusivo del fucile e

sospensione che determina l’estinzione del reato rispetto all’indulto che è causa
estintiva della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

La censura mossa con il primo motivo, attinente alla contestata

qualificazione di luogo aperto al pubblico attribuita dai Giudici di merito all’area
di proprietà del ricorrente e confinante con la sua abitazione, è inammissibile.

concetto di luogo aperto al pubblico, come enucleato nella sentenza impugnata
in coerenza con i principi affermati da questa Corte (Sez. 1, n. 16690 del
27/03/2008, dep. 22/04/2008, Bellachioma, Rv. 240116), su questioni di fatto,
non censurabili in questa sede, riferite alle caratteristiche dell’area, ritenuta in
sede di merito aperta al pubblico perché il suo accesso, neppure interdetto da
recinzione, la rendeva accessibile a un numero indefinito di persone e comunque
ai cacciatori nel periodo consentito.

2. Non è, invece, privo di fondatezza il secondo motivo, avendo la Corte
omesso ogni motivazione con riguardo alle richieste di concessione della
sospensione condizionale della pena e del beneficio della non menzione della
condanna nel certificato penale, avanzate con il terzo motivo di appello.

3. Il secondo motivo di impugnazione non ha precluso, non presentando
profili d’inammissibilità, la corretta instaurazione dinanzi a questa Corte del
rapporto processuale d’impugnazione (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep.
22/06/2005, Bracale, Rv. 231164). L’ultima verifica che si impone attiene,
pertanto, al controllo del decorso del termine prescrizionale del reato di cui
all’art. 14 legge n. 497 del 1974, commesso in Pontina il 15 agosto 2003, cui è
limitata la pronuncia di condanna, nei confronti del ricorrente, che ne ha chiesto
in via gradata la declaratoria di estinzione per prescrizione, non ostandovi
l’indicata parziale carenza motivazionale della decisione, in quanto il giudice del
rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla
declaratoria della causa estintiva, che, determinando il congelamento della
situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può
essere ritardata (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, dep. 15/09/2009,
Tettamanti, Rv. 244275).
3.1. Deve premettersi che, ai fini della operatività delle disposizioni
transitorie della nuova disciplina della prescrizione, introdotta con la legge n. 251
del 2005, riconosciuta sul punto costituzionalmente legittima (v. sentenza Corte
Cost. n. 72 del 2008, che ha richiamato la precedente sentenza n. 393 del 2006,

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I rilievi svolti vertono, infatti, posto il condiviso apprezzamento in diritto del

e ordinanza della stessa Corte n. 43 del 2012), la pronuncia della sentenza di
primo grado alla data di entrata in vigore della detta legge determina la
pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione
retroattiva delle norme più favorevoli (Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009, dep.
10/12/2009, D’Amato, Rv. 244810; Sez. U, n. 15933 del 24/11/2011, dep.
24/04/2012, P.G. in proc. Rancan, Rv. 252012).
3.2. Alla stregua di tali principi, condivisi e riaffermati dal Collegio, deve,
quindi, rilevarsi, in fatto, che la sentenza di primo grado è stata pronunciata il 19

disciplina (8 dicembre 2005), non era ancora pendente la fase di appello
rilevante ai fini della disposizione transitoria di cui all’indicato art. 10 legge n.
251 del 2005.
È, pertanto, applicabile, nella specie, il termine di prescrizione previsto dal
vigente articolo 157 cod. pen., pari al massimo della pena edittale stabilita dalla
legge per il porto d’arma comune da sparo, che è di anni sei e mesi otto, da
aumentare di un quarto a causa degli atti interruttivi fino ad anni otto e mesi
quattro, cui vanno aggiunti mesi tre di sospensione in relazione ai termini per il
deposito delle motivazioni delle sentenze nei due gradi del giudizio, che portano
il termine al 15 marzo 2012, sopravvenuto al deposito della sentenza di appello,
i cui atti sono qui pervenuti ii 30 maggio 2013, e oramai trascorso.

4. La sentenza impugnata deve, conseguentemente, essere annullata senza
rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

giugno 2007 e che, per l’effetto, al momento di entrata in vigore della nuova

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