Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 136 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 136 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PECOVELA CESARIO N. IL 30/11/1971
avverso l’ordinanza n. 4102/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
04/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Do MONCA BON,
liaiite/sentite le conclusioni del PG Dott. p,
ikp gA,419(C2R/k) CAAW-02( 2 o4 frx
no

Uditi difens Avv.;

Data Udienza: 05/12/2012

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza del 4 giugno 2012 il Tribunale del riesame di Napoli respingeva
l’istanza di riesame, proposta da Cesario Pecovela avverso l’ordinanza del G.I.P. dello
stesso Tribunale in data 14 maggio 2012, con la quale era stato sottoposto alla misura
coercitiva della custodia in carcere perché gravemente indiziato del delitto di estorsione
aggravata ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152/92, fatti commessi in Gricignano di Aversa tra
Il Tribunale fondava la propria decisione sulla ritenuta acquisizione del quadro di
gravità indiziaria a carico dell’indagato, desunto dalle dichiarazioni rese a suo carico dalla
persona offesa Domenico Russo e dal collaboratore di questi, Luigi Oliva, circa le reiterate
visite ricevute presso il cantiere edile allestito dal primo da parte di diversi soggetti, tra i
quali “Cesario il drogato”, riconosciuto in fotografia nell’indagato, a pretendere denaro
per le famiglie dei detenuti sino a che il Russo aveva ceduto e consegnato al capo zona
Francesco Russo la somma di 2.000 euro, il quale nel corso di un successivo incontro gli
aveva promesso che, nonostante un’ulteriore visita in cantiere di uno dei suoi uomini
armato di pistola, non avrebbe più ricevuto richieste estorsive. Indicava quindi un
ulteriore elemento di conferma del compendio indiziario nell’intercettazione, effettuata il
13/4/2011, di una conversazione nella quale un esponente della cosca camorristica di
Casal del Principe aveva commentato la vicenda del pagamento di una somma di denaro
da parte di Mimmo Russo a “Francuccio”, identificato in Francesco Russo dopo avere
ricevuto le minacce di un gruppo di suoi uomini, tra i quali anche “Cesario il drogato”.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il Pecoleva a mezzo del
suo difensore, il quale deduce violazione di legge in relazione agli artt. 273 c.p.p., 63
cod. proc. pen. per avere il Tribunale omesso di esaminare l’eccezione difensiva in ordine
all’inutilizzabilità dei verbali di s.i.t. rese dalla persona offesa e dal testimone Oliva,
escussi in qualità di persone informate sui fatti, nonostante a loro carico fossero già
emersi indizi di reità, che avrebbero imposto di sospenderne l’esame e che impedivano di
fare qualsiasi utilizzo probatorio delle loro informazioni.
Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
1. Il ricorso si fonda esclusivamente sulla dedotta inutilizzabilità per violazione
del divieto di cui all’art. 63 cod. proc. pen. dei verbali di s.i.t., contenenti le dichiarazioni
accusatorie rese dalla persona offesa e dal suo dipendente.
1.1 Rileva però questa Corte in primo luogo che la questione, in violazione del
disposto dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 3, non era stata previamente sottoposta al
Tribunale del riesame, dal momento che agli atti vi è la dichiarazione di impugnazion

marzo ed aprile 2011.

proposta dal difensore dell’indagato, priva di motivi, e che nel corso dell’udienza
camerale davanti al Tribunale risulta verbalizzata la contestazione del quadro di gravità
indiziaria come conseguenza dei nuovi elementi sopravvenuti alla precedente ordinanza,
senza alcun accenno specifico al problema del rispetto delle prescrizioni dettate dall’art.
63 sopra citato.
1.2 Inoltre, appartiene al costante insegnamento della giurisprudenza di questa co,tc.
(Cass. sez. 6, n. 21877 del 24/5/2011, C. ed altro, rv. 250263; sez. 6, Sentenza n.
rv. 249490; Sez. 6, n. 12175 del 21/01/2005, Tarricone ed altri, rv. 231484)
l’affermazione, secondo la quale “l’inutilizzabilità, intesa come idoneità dell’atto ad
assumere validamente la funzione probatoria, può essere dedotta e rilevata in ogni stato
e grado del procedimento, sempre che, però, il suo accertamento non richieda preliminari
valutazioni di fatto soggette al previo e naturale vaglio, in contraddittorio, da parte del
giudice di merito. La previsione di cui all’art. 609 c.p.p., comma 2, in forza della quale
possono superarsi i limiti del devolutum e della ordinaria progressione dell’impugnazione,
oltre che per le violazioni di legge non deducibili in grado d’appello, anche per le
questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo, deve raccordarsi con la
natura propria del giudizio di legittimità, che, come confermato sistematicamente dalle
disposizioni di cui all’art. 311 c.p.p., comma 2, e art. 569 c.p.p., comma 3, non tollera
diretti apprezzamenti fattuali sostitutivi della sede naturale del merito”.
1.3 Orbene, nel caso in esame la inutilizzabilità dedotta dal ricorrente si fonda
sull’assunto che la vittima del reato, Domenico Russo, ed il suo dipendente Luigi Oliva
sarebbero stati già raggiunti da indizi di reità in ordine ad un imprecisato reato,
probabilmente di favoreggiamento personale, all’atto di rendere le dichiarazioni
verbalizzate come provenienti da testimoni, il che postula la preventiva verifica fattuale
del momento di emersione di precisi elementi indicativi della loro possibile responsabilità,
valutazione che poteva e doveva essere richiesta al Tribunale del riesame e che, non
essendo ciò avvenuto, non può, per quanto sopra detto, essere fatta valere direttamente
in questa sede.
1.4 In ogni caso va rilevato come la questione non possa inficiare le dichiarazioni
rese dall’Oliva, indicato dal Tribunale quale teste oculare dei fatti riferiti, rispetto al quale
nessun elemento è stato offerto per sostenere l’assunto difensivo e le cui informazioni
circa la partecipazione dell’indagato alla condotta estorsiva sono state utilizzate nel
provvedimento impugnato in una valutazione coordinata ed unitaria con gli esiti delle
operazioni di intercettazione di una conversazione ambientale, riportata testualmente,
che dà conto in modo logico e coerente dell’elevata probabilità della responsabilità
dell’indagato con motivazione chiara, comprensibile, razionale ed aderente ai dati
probatori forniti.

2

/45—

37767 del 21/9/2010, Rallo, rv. 248589; sez. 4, n. 2586 del 17/12/2010, Bongovanni,

4 6EN 2O

Roma, lì

.

II ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in relazione ai profili di colpa insiti
nella proposizione di impugnazione di tale tenore, di una somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende. Dispone
trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94, co. 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012.

•.

Trasmessa copia ex art 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332

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