Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13576 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13576 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIANCIO DIEGO N. IL 05/08/1976
avverso la sentenza n. 1385/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
15/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. —f.tUu tIo ?e,2eU
che ha concluso per ,e ‘
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Udito, pe

parte civile, l’Avv

S.:

Ziso)

Data Udienza: 20/12/2013

1

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe,
ha dichiarato inammissibile l’appello presentato per conto dell’odierno
ricorrente contro la sentenza emessa dal Tribunale di Salerno in
composizione monocratica in data 11 gennaio 2011, rilevando la
genericità dei motivi per la mancata indicazione delle ragioni di fatto e di

2. Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un difensore
iscritto nell’apposito albo speciale), ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1,
disp. att. c.p.p.:
I – erronea applicazione degli artt. 581, lett. C), e 591 c.p.p.,
lamentando che il proprio appello non era generico.

3.

All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità

degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza.

1. Secondo un consolidato e condivisibile orientamento di questa
Corte Suprema (per tutte, Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27
giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), è inammissibile per

.4

difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le
censure dedotte come motivi di appello (al più con l’aggiunta di frasi
incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed

apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata) senza prendere
in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i

diritto poste a fondamento del gravame.

2
motivi di appello non siano stati accolti o siano stati dichiarati
inammissibili.

1.1. Si è, infatti, esattamente osservato (Sez. VI, sentenza n. 8700
del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584) che «La
funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata
avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si

inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente
le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto
e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso)
con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta).

1.2. Il motivo di ricorso in cassazione è caratterizzato da una
“duplice specificità”: «Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581
c.p.p., lett. C (e quindi contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al
giudice dell’impugnazione); ma quando “attacca” le ragioni che
sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in
modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente
sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisività
rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere
alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente>>

realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di

(Sez. VI, sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED
Cass. n. 254584).

1.3. Risulta, pertanto, evidente che, «se il motivo di ricorso si
limita a riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina
all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale
è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto
che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente 4
‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata,

2

3
è di fatto del tutto ignorato. Nè tale forma di redazione del motivo di
ricorso (la riproduzione grafica del motivo d’appello) potrebbe essere
invocata come implicita denuncia del vizio di omessa motivazione da
parte del giudice d’appello in ordine a quanto devolutogli nell’atto di
impugnazione. Infatti, quand’anche effettivamente il giudice d’appello
abbia omesso una risposta, comunque la mera riproduzione grafica del
motivo d’appello condanna il motivo di ricorso all’inammissibilità. E ciò

anche per l’ipotesi delle censure in diritto contenute nei motivi d’appello)
non è mediata dalla necessaria specifica e argomentata denuncia del
vizio di omessa motivazione (e tanto più nel caso della motivazione
cosiddetta apparente che, a differenza della mancanza “grafica”,
pretende la dimostrazione della sua mera “apparenza” rispetto ai temi
tempestivamente e specificamente dedotti); denuncia che, come detto,
è pure onerata dell’obbligo di argomentare la decisività del vizio, tale da
imporre diversa conclusione del caso».

1.4. Può, pertanto, concludersi che «la riproduzione, totale o
parziale, del motivo d’appello ben può essere presente nel motivo di
ricorso (ed in alcune circostanze costituisce incombente essenziale
dell’adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso), ma solo
quando ciò serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con
autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che, ancora
indefettibilmente, si riferisce al provvedimento impugnato con il ricorso e
con la sua integrale motivazione si confronta. A ben vedere, si tratta dei
principi consolidati in materia di “motivazione per relazione” nei
provvedimenti giurisdizionali e che, con la mera sostituzione dei
parametri della prima sentenza con i motivi d’appello e della seconda
sentenza con i motivi di ricorso per cassazione, trovano piena
applicazione anche in ordine agli atti di impugnazione»

(Sez. VI,

sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n.
254584).

2. Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato ad affermare che iL
nell’atto di appello aveva lamentato

3

«erronea valutazione degli

per almeno due ragioni. È censura di merito. Ma soprattutto (il che vale

elementi probatori» ed «assenza di giudizio in ordine a circostanze
alternative e favorevoli alla posizione processuale dell’imputato» che
non ha indicato, non menzionando alcuno specifico atto del
procedimento in ipotesi non valutato, travisato o mal valutato, e senza
adeguatamente confrontarsi con la puntuale esposizione delle
argomentazioni poste dalla Corte di appello (f. 1 s.) a fondamento

2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai
sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo evidente che
egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per
colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante
entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore della Cassa
delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 20 dicembre 2013.

dell’impugnata decisione.

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