Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13554 del 26/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 13554 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TELLI DANIELE GUGLIELMO N. IL 15/04/1974
avverso la sentenza n. 378/2007 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 23/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona i el Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 26/11/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Luigi Riello, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
della sentenza, perché estinto il reato di furto per prescrizione, così

Svolgimento del processo

Con sentenza del 23.1.2013, la Corte d’Appello di Reggio Calabria
confermava la decisione di primo grado che aveva condannato Telli Daniele
alla pena di anni due e mesi due di reclusione e € 1000,00 di multa per il
reato di ricettazione di tre assegni bancari.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo l’erronea
applicazione dell’art.648 c.p. e dell’art.624 c.p. o in subordine 647 c.p. ai sensi
dell’art.606, co.1, lett.b) c.p.p. per omessa corretta qualificazione giuridica e
consequenziale derubricazione del fatto reato contestato di ricettazione
nell’ipotesi di furto semplice, o in subordine appropriazione di cose smarrite
con consequenziale inosservanza dell’art.529 c.p.p. per omessa sentenza di
ndp per mancanza di querela o in subordine prescrizione del reato. Dalla
ricostruzione dibattimentale è emerso che l’imputato ha trovato i titoli
smarriti da La Cava Antonino, e li ha negoziati dopo aver riportato sugli
stessi nome e cognome della parte offesa, ben sapendo a chi appartenevano
gli assegni. La corretta qualificazione giuridica del fatto-reato non è né
ricettazione, né appropriazione di cose smarrite, ma furto semplice, quindi
procedibile a querela di parte, nella specie mancante.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

/

qualificata l’imputazione.

In effetti il ricorrente, pur eccependo l’inosservanza della legge penale
in relazione alla qualificazione giuridica del fatto con conseguente
improcedibilità dell’azione penale, ha, in realtà, contestato la valutazione
delle prove compiute dal giudice di secondo grado, non considerando che

Corte di Cassazione spetta soltanto di verificare se detta valutazione sia o
meno sorretta da una motivazione congrua e logica.
2. Questa Corte ha più volte evidenziato come, in tema di cosiddetto
smarrimento di assegno, o di altra cosa che mantenga “chiari e intatti i segni
esteriori pubblicitari di un possesso legittimo altrui”, non appare
configurabile il presupposto dello smarrimento obiettivo vero e proprio, tale
che il bene possa ritenersi del tutto uscito dalla sfera di disponibilità del
possessore, nel senso che egli non abbia alcuna possibilità di ripristinare il
suo potere di fatto sullo stesso e debba quindi considerarsi come venuto
meno anche l’elemento psicologico del possesso. In questa prospettiva il
venir meno della relazione materiale del titolare con la cosa posseduta, al di
fuori dei casi in cui il medesimo ne abbia volontariamente dismesso il
possesso, postula che il potere di fatto non sia cessato, in quanto esso è
suscettibile di essere ripristinato attraverso i segni esteriori della cosa, i quali
costituiscono l’espressione inequivocabile del possesso altrui mai venuto
meno nella sua essenza psicologica (v. Cass.Sez.II, n.25756/2008). Pertanto,
colui che fa proprio un simile bene, uscito dalla custodia del suo titolare,
senza provvedere – avendone la possibilità – alla materiale restituzione, pone
in essere una condotta riconducibile sotto il profilo materiale e psicologico, o
alla previsione della fattispecie criminosa del furto qualora
l’impossessamento sia avvenuto senza intermediario, con sottrazione vera e
propria al legittimo titolare dello “ius possidendi”, ovvero a quella
concretantesi nella ricettazione, laddove non risulti provato che sia stato
l’imputato ad appropriarsi per primo dei documenti smarriti.

detta valutazione compete in via esclusiva ai giudici di merito, mentre alla

3. Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova
dell’elemento soggettivo può essere poi raggiunta anche sulla base
dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale e’ sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,

Savic, Rv.207313); in tal caso, la ricorrenza dell’elemento indicativo del dolo
non viene affermata sulla base della stigmatizzazione negativa della legittima
scelta dell’imputato di tacere, ma sulla base del fatto oggettivo che lo stesso
non ha ritenuto di dare alcuna spiegazione in ordine alle circostanze e alle
modalità nelle quali e con le quali ebbe ricevere la cosa provento di delitto
(Cass.Sez.II, n.35176/07; Sez.II, n.15757/03; Sez.II, n. 1176/03).
4. Tanto premesso, rileva il Collegio che la Corte di merito ha fatto buon
governo dei criteri di valutazione della prova, e ha correttamente applicato le
norme penali che si assumono violate, in conformità della giurisprudenza
della Suprema Corte. Nel ritenere la sussistenza del contestato reato di
ricettazione, ha quindi logicamente rilevato sia il dato fattuale della certa
disponibilità da parte del Telli di tre assegni bancari facenti parte di un
libretto di cui il titolare aveva denunciato lo smarrimento, sia quello
processuale della mancata indicazione da parte dell’imputato delle
circostanze in cui è venuto in possesso degli assegni (v.pag.4 della sentenza
impugnata). Il Telli, contumace in dibattimento, non ha mai offerto alcuna
valida spiegazione alternativa, e l’impossessamento da parte sua del
portafogli della parte offesa contenente assegni e documento di identità è
una mera asserzione del difensore. La doglianza del ricorrente, circa la
qualificazione giuridica del fatto reato, non può trovare quindi accoglimento,
perché presupporrebbe una rinnovazione complessiva di tutto il materiale
probatorio, non consentita in questa sede.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere

logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. Sez.II, 27.2.97,

condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deliberato, il 26.11.2013
liere estensore

LL

in ragione dei motivi dedotti.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA