Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1352 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1352 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Peronese Salvatore, nato ad Andria il 4/2/1960
avverso la sentenza del 4/4/2014 della Corte d’appello di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4 aprile 2014 la Corte d’appello di Bari ha respinto
l’impugnazione proposta da Salvatore Peronese nei confronti della sentenza del
16 giugno 2011 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trani, che,
in esito a giudizio abbreviato e ritenuta la circostanza attenuante ad effetto
speciale di cui alla comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90, lo aveva condannato alla
pena di mesi otto di reclusione ed euro 2.000 di multa per l’illecita detenzione di
80 milligrammi di sostanza stupefacente del tipo hashish (pari a 3,2 dosi medie
singole) e di 676 milligrammi di cocaina pura (pari a 4,5 dosi singole).
La Corte territoriale, confermando la valutazione del primo giudice, ha
escluso il prospettato uso personale della sostanza stupefacente rinvenuta
all’interno della automobile dell’imputato, in considerazione del non acclarato
stato di tossicodipendente abituale del Peronese, dell’occultamento della

Data Udienza: 19/11/2015

sostanza

stupefacente all’interno della

automobile

dell’imputato,

del

confezionamento della cocaina in dosi singole e del possesso di denaro non
compatibile con la sua condizione di disoccupato e nullatenente.
Quanto alla determinazione della pena la Corte d’appello ha ritenuto di
confermare quella stabilita dal primo giudice, anche all’esito delle modifiche
legislative sopravvenute e dell’intervento della Corte costituzionale, ritenendone
corretta in concreto la determinazione, per la sostanziale identità delle pene

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per il suo annullamento
l’imputato, mediante il suo difensore, affidandolo ad un unico motivo.
Ha lamentato erronea applicazione della legge penale e mancanza di
motivazione in ordine alla destinazione ad uso personale della sostanza
stupefacente sequestrata, compatibile con un uso esclusivamente personale,
anche alla luce del minimo quantitativo di principio attivo risultato presente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, ma la sentenza deve essere annullata con rinvio,
limitatamente al trattamento sanzionatorio.

A fronte di una articolata motivazione, di entrambi i giudici di merito, circa la
destinazione a fine di spaccio della sostanza stupefacente nella disponibilità del
ricorrente (all’interno della sua automobile e suddivisa, la cocaina, in 4 dosi, ed
in unico pezzo, contenente un quantitativo di principio attivo del peso di 80
milligrammi, pari ad oltre 3,2 dosi medie, l’hashish), il ricorrente si è limitato a
ribadire la destinazione ad uso personale di tali sostanze stupefacenti, senza in
alcun modo criticare gli specifici argomenti posti a fondamento della ritenuta
destinazione a fine di spaccio delle stesse, richiamando gli orientamenti della
giurisprudenza di legittimità circa la destinazione ad uso personale, ma senza
alcuno specifico riferimento né alla vicenda che lo riguarda né alla motivazione
della sentenza impugnata, con la conseguente infondatezza del ricorso.

La sentenza deve, però, essere annullata con rinvio per la rideternninazione
della pena, a seguito delle modifiche legislative sopravvenute, ed in particolare
del d.l. 20/3/2014 n. 36, convertito dalla I. 16 maggio 2014 n. 79, che ha
introdotto un regime sanzionatorio di maggior favore.
Per effetto di tali mutamenti l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R.
309/90 relativamente alle sostanze stupefacenti c.d. “pesanti”, tra cui rientra la
cocaina, in relazione alla quale è stata affermata la responsabilità del ricorrente,

2

edittali, applicate nei valori minimi.

costituisce attualmente fattispecie autonoma ed è punita con la pena della
reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329,
mentre per il ricorrente la Corte d’appello di Bari ha confermato come base di
computo, nel vigore della disciplina precedente (che prevedeva la pena della
reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 ad euro 26.000) una
pena di anni uno di reclusione ed euro 3.000 di multa, con la conseguente
necessità di rideterminare la pena tenendo conto del nuovo quadro sanzionatorio
e della mutata cornice edittale.

determinazione della pena, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, perché proceda
ad una nuova determinazione della stessa alla luce della disciplina più favorevole
applicabile, considerando anche che il giudice, nel determinare la pena, valuta,
con riferimento alla congruità in concreto delle sanzioni irrogate, sia il limite
minimo sia quello massimo, avendo come riferimento, per la commisurazione, la
pena in astratto stabilita, con la conseguenza che, mutato rispetto al giudizio di
primo grado il parametro di riferimento, il giudice del merito deve
inderogabilmente esercitare il potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e
133 cod. pen., illustrando le specifiche ragioni e le relative circostanze di fatto
che lo hanno indotto a determinare la pena stabilita in concreto.
Il ricorso deve essere nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio,
con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 19/11/2015

Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla

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