Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13498 del 04/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 13498 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marchetti Ulderico, nato ad Acqualagna il 27/07/47
avverso l’ordinanza del 13/05/2015 del Tribunale di Urbino

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Marcello Fagioli, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

Data Udienza: 04/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Il 3 aprile 2015, il GIP presso il Tribunale di Urbino disponeva il sequestro
preventivo per equivalente nei confronti di Ulderico Marchetti, legale
rappresentante della T & C. s.r.I., ritenendo che fossero state emesse una
pluralità di fatture, ad opera di un soggetto commerciale – la Principe s.r.l. – non
realmente intervenuta nelle transazioni a cui erano riferiti i documenti fiscali.

fittizio e non sarebbero state corrispondenti al vero le dichiarazioni relative agli
anni 2007 e 2008.
2. Su gravame dell’indagato, il Tribunale di Urbino rigettava l’impugnazione,
con ordinanza del 13 maggio 2015.
Il giudice del riesame affermava che, alla stregua del fumus, così come
evidenziato attraverso la ricostruzione dei fatti operata dalla P.G., la Principe
s.r.l. sarebbe rimasta attiva per un periodo alquanto breve, nel corso del quale
avrebbe omesso di presentare dichiarazioni dei redditi o versare imposte,
sarebbe stata priva di sede legale ed unità locali, né avrebbe posseduto locali
idonei alla movimentazione, stoccaggio e commercializzazione degli ingenti
quantitativi di merce oggetto delle dichiarate transazioni commerciali. La
documentazione difensiva non sarebbe stata attinente con la Principe s.r.l. e con
la sua struttura ed organizzazione.

3.

Ha proposto ricorso per cassazione il Marchetti, denunciando due

complessi motivi, fra loro articolati, riguardanti l’erronea interpretazione del
diritto penale sostanziale [art. 606 lett. a) c.p.p.] e l’assenza di motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Assume, in primo luogo, il ricorrente, che la contestazione a lui mossa,
quale presupposto per l’applicazione della misura cautelare, deborderebbe dalla
tipicità della fattispecie delittuosa: in sostanza, gli verrebbe addebitata un’ipotesi
di fatturazione soggettivamente inesistente, il che sarebbe insufficiente per
ricondurre il fatto all’ipotesi delittuosa descritta dal combinato disposto degli artt.
1 lett. a) e d) e 2 D.Lgs n. 74/00. In altri termini, l’ipotesi considerata
dall’ordinanza impugnata costituirebbe una mera irregolarità fiscale, senza alcun
pregiudizio per l’amministrazione finanziaria.
D’altronde, la motivazione del Tribunale si soffermerebbe sul solo elemento
oggettivo, costituito dall’asserita inadeguatezza funzionale della Principe s.r.I.,
trascurando totalmente il profilo soggettivo, costituito dalla mala fede della

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Pertanto, il costo sostenuto dalla T & C. s.r.l. sarebbe stato un elemento passivo

società acquirente ed altrettanto necessario per la configurazione della
fattispecie prospettata (intermediazione fittizia).
2. Deduce, in secondo luogo, carenza di motivazione in ordine alla realtà
dell’operazione commerciale realizzata e con espresso riguardo alla
dimostrazione dei presupposti fattuali in presenza dei quali l’indicazione delle
dichiarazioni annuali dell’IVA potrebbe reputarsi fittizia. Mancherebbe, in
particolare, qualunque traccia di elementi idonei ad attestare che l’operazione
realmente intervenuta si sarebbe svolta tra la T&C ed i singoli raccoglitori di

dimostrazione dell’inadeguatezza strutturale della Principe s.r.I., giacché sarebbe
stato necessario dimostrare la sussistenza dei presupposti fattuali per negare il
diritto alla detrazione dell’IVA pagata. Mancherebbe, infine, la dimostrazione
della malafede come elemento costitutivo dell’illiceità dell’ipotesi di interposizione
fittizia: il silenzio dell’ordinanza anche su tale punto si tradurrebbe in un’ulteriore
carenza di motivazione.

3. I due motivi, che – per la loro connessione logica – possono essere
esaminati congiuntamente, denunciano entrambi carenza di motivazione in
ordine all’elemento soggettivo.
Va, a questo proposito, osservato come – trattandosi di misure cautelari
reali – non venga in considerazione il vizio di motivazione in sé, ma la carenza
od apparenza della stessa, l’unica, del resto, riconducibile alla violazione di legge
ex art. 325 c.p.p. [Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013 (dep. 11/02/2013), Gabriele,
Rv. 254893]
Nella specie, il Tribunale del riesame si è limitato a ribadire la correttezza
dell’operato della polizia giudiziaria, richiamando l’utilizzo delle fatture e la
documentazione fiscale della società “cartiera” Principe s.r.l.
Dall’ordinanza impugnata non è dato evincere in alcun modo – oltre alla
struttura del reato contestato, che non è trattato neanche con riguardo alla
fattispecie astratta per la quale si procede – neppure per quale ragione la T&C.
sia stata coinvolta nel rapporto con la società “cartiera”. In particolare, la
motivazione del provvedimento impugnato è carente sotto il profilo dell’elemento
soggettivo: non emerge né è menzionato alcun indizio dal quale poter desumere
quanto meno la sussistenza del dolo eventuale, in capo al Marchetti (e dunque
alla T&C), e perciò la conoscenza o conoscibilità, attraverso una diligente verifica
della contabilità e dei bilanci, della fittizietà delle poste e della falsità delle fatture
inserite nella dichiarazione.
Pertanto, la motivazione è solo apparente, perché avrebbe dovuto quanto
meno individuare il fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 (come
si apprende dal ricorso, poiché il provvedimento impugnato non enuncia la

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tartufi. Del resto, alla carenza motivazionale neppure potrebbe supplire la

fattispecie penale considerata). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in
sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, il
giudice, benché gli sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il
sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve operare il controllo, non
meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il
parametro del “fumus” del reato ipotizzato, con riferimento anche all’eventuale
difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (v. Corte cost., ord.
n. 153 del 2007). [Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014 dep. 11/04/2014 Rv.

Infatti, occorre considerare che il dolo nel delitto di utilizzazione di fatture
per operazioni soggettivamente inesistenti, di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del
2000, è ravvisabile nella consapevolezza, in chi utilizza il documento in
dichiarazione, che colui che ha effettivamente reso la prestazione non abbia
provveduto alla fatturazione del corrispettivo versato dall’emittente,
conseguendo in tal modo un indebito vantaggio fiscale in quanto l’Iva versata
dall’utilizzatore della fattura non è stata pagata dall’esecutore della prestazione
medesima [Sez. 3, n. 19012 del 11/02/2015 (dep. 07/05/2015) Rv. 263745].
In definitiva, si rende necessario l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al
Tribunale di Urbino in diversa composizione perché ponga rimedio alla carenza
motivazionale sopra indicata.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Urbino.
Così deciso il 04/02/2016.

259337].

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