Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13490 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 13490 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

STILO FRANCESCO, nato a Reggio Calabria il 2/9/1968

avverso l’ordinanza del 24/8/2015 del Tribunale di Reggio Calabria
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 29/01/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24.8.2015 il Tribunale di Reggio Calabria- a seguito di
giudizio di rinvio conseguente all’annullamento da parte di questa Corte con
sentenza n. 33849 emessa il 6.7.2015 dell’ordinanza del 5.3.2015, che rigettava
il riesame proposto nell’interesse dell’indagato Stilo Francesco avverso
l’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa
il 29.1.2015 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio

Nei confronti di Stilo Francesco era stata applicata la misura cautelare della
custodia in carcere per otto reati in materia di illecita detenzione e cessione a
terzi di sostanza stupefacente commessi tra il dicembre 2010 e marzo 2011.
Il Tribunale rigettava l’istanza di riesame , argomentando come il compendio
indiziarlo a carico del prevenuto fosse costituito dal contenuto di numerose
conversazioni telefoniche,kal chiaro linguaggio utilizzato,kalla organizzazione di
un viaggio a Milano per procurarsi la disponibilità di sostanza stupefacente,Api
contatti con fornitori sulla piazza di Milanolalla collaborazione rìchiesta a De
Felice Leonardo per il viaggio a Milano, quale aiuto e supporto logistico e quale
tramite tra il cedente rimasto non identificato e lo stesso Stilo.
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale propone ricorso per cassazione la difesa
dell’indagato, articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att.
cod. proc. pen.: violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce che il Tribunale del riesame ha adottato nuovamente
una motivazione incompleta non indicando gli elementi di prova richiesti dalla
Cassazione ma indicando solo l’arresto del 19.1.2011 quale riscontro ai dialoghi
avvenuti nel dicembre 2010.
Rimarca che nelle conversazioni intercettate vi sono solo fantasiosi dialoghi
relativi a trattative di acquisto della sostanza stupefacente e alle cessioni ad altri
soggetti diversi dall’interlocutore, mai seguite da riscontro effettivo da parte
della Polizia Giudiziaria; inoltre, neppure sono stati individuati contatti con i
fornitori di cui lo Stilo si è vantato.
Argomenta che nella ordinanza del Tribunale difetta la motivazione in ordine
ai riscontri relativi alle conversazioni intercettate e, pertanto, deve ritenersi
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273 cod. proc.
pen.
Del pari insussistenti devono ritenersi le esigenze cautelari richieste dall’art.
274 cod. proc. pen., nulla comprovando in merito lo stato di tossicodipendenza

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Calabria– confermava detta ordinanza.

dello Stilo e, potendo, valutarsi, comunque, l’applicazione di una più adeguata
misura.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con tutte le
conseguenze di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va premesso che, in tema di impugnazione delle misure cautelari

violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate
dal giudice di merito (Sez.5,n. 46124 del 08/10/2008, Rv.241997;
Sez.6,n.11194 del 08/03/2012, Rv.252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc. pen.) e
delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi, rilevabile in
cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o
nella manifesta illogicità della motivazione secondo la logica ed i principi di
diritto, rimanendo “all’interno” del provvedimento impugnato; il controllo di
legittimità non può, infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti.
Sarebbero, pertanto, inammissibili le censure che, pur formalmente
investendo la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede
di legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti
alla previsione della norma incriminatrice.
Si è osservato, quindi, che, in tema di misure cautelari personali, quando sia
denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento
emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare
natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto
dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del
tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del
17/08/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep.
01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv.
215828; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4,
n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa integrare

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personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la

vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19
del 25/10/1994, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, Marrazzo, Rv.
211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv.
215331).
La giurisprudenza di questa Corte, inoltre, si è da tempo consolidata
nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di
colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli elementi
in nuce tutti o

soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non
valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e
tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la
futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale
responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza
(Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, Costantino ed altro, Rv. 202002;

Sez. 2, n.

28865 del 14/06/2013, Rv.256657).
Alla luce di tali principi, quindi, va valutato il motivo di ricorso proposto.
2. Il motivo di ricorso è infondato.
2.1. Il Tribunale del riesame, nel confermare in sede di rinvio l’ordinanza
applicativa della misura cautelare alla luce delle indicazioni fornite da questa
Corte, ha valutato in un quadro d’assieme unitario le diverse acquisizioni, per
dedurne, poi, in forza di motivazione del tutto coerente, la sussistenza del
requisito della gravità indiziaria in ordine ai reati di plurime cessioni a terzi di
sostanze stupefacenti di cui all’incolpazione provvisoria.
Il Tribunale ha valorizzato quali gravi indizi di colpevolezza i seguenti
elementi: le numerose conversazioni telefoniche intercettate; l’organizzazione ed
effettuazione da parte dell’indagato di un viaggio a Milano al fine di reperire
stupefacente di tipo eroina e cocaina; l’arresto del predetto ed il sequestro della
sostanza stupefacente, al rientro del viaggio a Milano.
Ha, quindi, valutato i predetti elementi ed argomentato dalla evidenza di tali
circostanze fattuali la configurabilità della condotta contestata di detenzione di
sostanza stupefacente a fini di spaccio.
In particolare, il Tribunale ha analizzato le singole intercettazioni telefoniche,
evidenziandone il chiaro contenuto autoaccusatorio: lo Stilo offre in vendita o
comunque dichiara la propria disponibilità di sostanze stupefacenti e organizza
viaggio a Milano per il reperimento di sostanza stupefacente.
Ha, poi, rimarcato la stretta contiguità temporale tra l’arresto ed il sequestro
della sostanza stupefacente e le condotte riferibili allo Stilo sulla base del
contenuto delle intercettazioni telefoniche.
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a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo

Ha, infine, valorizzato il considerevole quantitativo e la diversa tipologia
dello stupefacente rinvenuto in possesso dello Stilo, al momento del rientro dal
viaggio a Milano, quali elementi sintomatici del fatto che il predetto fosse
effettivamente in grado di reperire notevoli quantitativi di droga al fine di
soddisfare i propri acquirenti.
La motivazione del Tribunale è adeguata e priva di vizi logici e, pertanto,
esente da censure in tale sede.
Essa, inoltre, è in linea con i principi affermati da questa Corte in subiecta

Secondo il dictum delle Sezioni Unite di questa Corte, le dichiarazioni auto
ed etero accusatorie registrate nel corso di attività di intercettazione
regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere
attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di
corroborazione previsti dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen (Sez. U, n.
22471 del 26/02/2015,Sebbar Rv.263714).
Il singolo profilo di censura, inoltre, è privo di pregio, essendosi fatti carico i
giudici del riesame del compito di esaminarlo e di procedere alla confutazione
con motivazione immune da vizi logici e giuridici tali da inficiarne il complessivo
apparato argomentativo.
La pretesa erronea lettura ed interpretazione delle conversazioni
intercettate, non solo è allegazione meramente assertiva ma si rivela in larga
misura orientata verso un non consentito scrutinio del merito.
Come autorevolmente affermato dalle stesse Sezioni Unite di questa Corte,
infatti, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche
quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla
valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle
massime di esperienza utilizzate, come avvenuto nel caso in esame, si sottrae al
sindacato di legittimità: Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 – dep. 28/05/2015,
Sebbar, Rv. 263715).
Esula, quindi, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura”
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione dì una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali, come ad esempio, quando
offre una personale lettura di alcune conversazioni telefoniche, ciò che
implicherebbe una valutazione di fatto non consentita in questa sede (Sez. U, n.
6402 del 30/04/1997 – dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944).

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materia.

Nella specie, l’interpretazione e valutazione del contenuto delle
intercettazioni telefoniche è immune da vizi logici ed ha trovato adeguato
riscontro nel sequestro della sostanza stupefacente.
2.2. Infondata è anche la doglianza relativa all’insussistenza delle esigenze
cautela ri.
Il Tribunale, nel ritenere sussistente il pericolo di recidiva, non si è limitato a
considerare la gravità indiziaria del titolo di reato e le modalità del fatto ma ha
considerato anche la personalità dell’indagato e la significativa capacità a

contro il patrimonio) e l’esistenza di comprovati e consolidati rapporti con
soggetti dediti in via stabile al traffico di stupefacenti.
Tale valutazione è conforme ai principi da tempo affermati da questa Corte
(Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013), secondo cui in tema di esigenza cautelare
costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art.
274 c.p.p., lett. c), la pericolosità sociale dell’indagato deve risultare
congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua
personalità.
3. Alla rilevata infondatezza del motivo di censura consegue il rigetto del
ricorso e la condanna del ricorrente, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 29/01/2016

delinquere, evidenziando i precedenti penali (anche specifici, nonché per delitti

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