Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13477 del 20/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 13477 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Pecoraro Giovanni, nato il 2 maggio 1965
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli del 17 agosto 2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 20/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 17 agosto 2015, il Tribunale di Napoli ha confermato
l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale del 3 luglio 2015, con la quale – per la parte
che qui rileva – era stata applicata all’indagato la misura della custodia cautelare in
carcere, in relazione ai reati di: partecipazione, col ruolo di promotore, a un’associazione
finalizzata al traffico internazionale di hashish, fino al maggio del 2009 (art. 74 del
d.P.R. n. 309 del 1990; capo 1 dell’imputazione provvisoria); più condotte di

comma, cod. pen., 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990; capo 3).
2.

– Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione,

chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si deducono la mancanza, la
contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
impugnato, nonché la violazione degli artt. 274, comma 1, lettera c), 292, comma 2,
lettere e) e c-bis), cod. proc. pen., sul rilievo che il Tribunale avrebbe indebitamente
integrato l’ordinanza del Gip, la quale non conteneva un’autonoma valutazione delle
esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa. In particolare,
l’ordinanza applicativa della misura avrebbe una motivazione meramente apparente,
perché basata esclusivamente sul riferimento alle intercettazioni in atti e, quanto alle
esigenze cautelari, su mere formule di stile. Mancherebbero inoltre elementi
individualizzati, perché le argomentazioni svolte dal Gip sarebbero sempre riferite a tutti
i compartecipi, pur essendo il ruolo svolto dai singoli estremamente differente.
2.2. – In secondo luogo, sempre sotto il profilo del vizio motivazionale, si sostiene
che sarebbe manifestamente illogico considerare ancora attuale il pericolo di
reiterazione dei reati a distanza di ben sei anni e sei mesi dei fatti. Il Tribunale si sarebbe
riferito alla intensa e specifica storia delinquenziale dell’indagato, così non considerando
che i precedenti penali erano anch’essi molto risalenti nel tempo. Non si sarebbe
considerato, inoltre, che il Tribunale aveva«. annullato le ordinanze di custodia
cautelare a carico di alcuni coindagati, rilevando proprio la mancanza dell’attualità del
pericolo di reiterazione.
2.3. – In terzo luogo, si lamenta l’inosservanza dell’art. 275, comma 3, cod. proc.
pen. quanto alla motivazione circa l’inadeguatezza di misure cautelari diverse dalla
custodia carceraria. Si farebbe ancora riferimento alla personalità dell’imputato, senza
tuttavia specificare le ragioni dell’inidoneità di misure meno afflittive a salvaguardare le
esigenze cautelari. Non si sarebbero considerati, inoltre: i rapporti della struttura

importazione dalla Spagna hashish, fino al dicembre 2008 (artt. 110, 81, secondo

carceraria, dai quali si evincerebbe la rivalutazione critica del passato del ricorrente; il
lungo periodo trascorso in detenzione domiciliare senza violazioni; l’ulteriore periodo di
circa otto mesi senza la commissione di reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si deducono la mancanza, la
contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento

lettere c) e c-bis), cod. proc. pen., sul rilievo che il Tribunale avrebbe indebitamente
integrato le carenze motivazionali dell’ordinanza del Gip – è infondato.
3.1.1. – Va premesso che la legge 16 aprile 2015, n. 47, ha introdotto, nelle
lettere c) e c-bis) dell’art. 292 cod. proc. pen. un ulteriore requisito motivazionale: si
prevede infatti che l’ordinanza cautelare debba contenere non solo «l’esposizione», ma
anche «l’autonoma valutazione» degli elementi ivi rispettivamente indicati.
Parallelamente si sono modificati anche i poteri attribuiti, in fase decisoria, al tribunale
del riesame: in particolare, è stato aggiunto, al comma 9 dell’art. 309, il seguente
periodo conclusivo: «Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione
manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’art. 292, delle esigenze
cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa». E la nuova disposizione
costituisce una evidente deroga al principio generale – contenuto nel medesimo comma
9 dell’art. 309 – della possibilità di confermare il provvedimento impugnato anche per
ragioni diverse da quelle indicate nella sua motivazione. La giurisprudenza di questa
Corte ha comunque sottolineato, sul punto, che Ila previsione dell’autonoma valutazione
delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ad opera della legge n. 47 del
2015, che ha novellato l’art.292, cod. proc. pen., non ha carattere innovativo, essendo
essa espressione del principio generale per cui l’esercizio di un autonomo potere
comporta il dovere di esplicitare le ragioni che giustificano la decisione (ex multis, sez.
6, 29 ottobre 2015, n. 47233, rv. 265337; sez. 6, 22 ottobre 2015, n. 45934, rv.
265068).
3.1.2. – Le richiamate disposizioni sono state correttamente applicate nel caso di
specie.
Contrariamente a quanto rilevato dal ricorrente, i passaggi motivazionali
dell’ordinanza applicativa della misura cautelare sono sintetici, ma sufficienti a delineare
i gravi indizi di colpevolezza relativi alla specifica posizione dell’indagato odierno
ricorrente. Gli indizi sono stati infatti desunti dalle intercettazioni in atti, le quali sono

impugnato, nonché la violazione degli artt. 274, comma 1, lettera c), 292, comma 2,

state oggetto di analitica valutazione, tanto che il Gip ha escluso la gravità indiziaria per
alcune fattispecie, nonché in ordine alla posizione della moglie del ricorrente. La
motivazione dell’ordinanza del Tribunale, dunque, contiene semplicemente una
rivisitazione sistematica delle argomentazioni già spese dal Gip diretta al precipuo scopo
di rispondere alle doglianze sollevate con la richiesta di riesame: essa evidenzia che,
dal tenore delle conversazioni intercettate, nonché dai servizi di osservazione e dai
sequestri di sostanza stupefacente, anche di peso rilevante, è emersa l’esistenza di

dell’odierno ricorrente nell’ambito dell’associazione, questo è stato ritenuto di primo
piano, sul rilievo che egli aveva contatti con soggetti spagnoli del mondo del
narcotraffico e intratteneva rapporti con i potenziali acquirenti, con l’approntamento di
rilevanti mezzi economici. Né, a ben vedere, il ricorrente contesta puntualmente la
motivazione adottata dai giudici del riesame, limitandosi ad asserire, come visto, che il
Tribunale avrebbe adottato una propria autonoma motivazione, in presenza di un titolo
cautelare del tutto carente.
3.2. – Quanto al secondo e al terzo motivo di doglianza, deve premettersi che, in
tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, la legge 16 aprile
2015, n. 47, introducendo, nell’art. 274, lettera

c), cod. proc. pen., il requisito

dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, ha evidenziato la necessità che tale
aspetto sia specificamente valutato dal giudice emittente la misura, avendo riguardo
alla sopravvivenza del pericolo di recidiva al momento della adozione della misura in
relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda
cautelare. Come la giurisprudenza di questa Corte (sez. 5, 24 settembre 2015, n.
43083, rv. 264902) ha di recente affermato, non è, però, possibile enfatizzare
oltremodo la portata innovativa delle modifiche introdotte con riguardo all’attualità del
pericolo di recidiva, che parte della giurisprudenza e la dottrina riteneva attributo
implicito della “concretezza” richiesta dalla disposizione citata per la sua configurabilità.
E ciò, anche a fronte dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il requisito della
concretezza non si identificava, nel regime anteriore alla riforma, con quello
dell’attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla
commissione di nuovi reati, ma con quello dell’esistenza di elementi concreti sulla base
dei quali è possibile affermare che l’imputato possa commettere delitti della stessa
specie di quello per cui si procede (ex multis, sez. 6, 5 aprile 2013, n. 28618, rv.
255857; sez. 1, 3 giugno 2009, n. 25214, rv. 244829). In tal senso, successivamente
alla novella, una recente pronuncia ha inteso precisare che, per poter affermare che un
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un’associazione dedita al commercio di hashish, importato dalla Spagna. Quanto al ruolo

,

pericolo “concreto” di reiterazione di condotte criminose sia anche “attuale”, non è più
sufficiente ritenere – con certezza o alta probabilità – che l’imputato torni a delinquere
ove se ne presenti l’occasione, ma è altresì necessario, anzitutto, prevedere (negli stessi
termini di certezza o alta probabilità) che un’occasione per compiere nuovi delitti si
presenti effettivamente (sez. 3, 19 maggio 2015, n. 37087). Nondimeno, tenuto conto
delle peculiarità della fattispecie oggetto di ricorso e dell’effettivo contenuto delle
censure del ricorrente, deve osservarsi come già nell’assetto normativo previgente, ai

motivazione sull’attualità delle esigenze cautelarì in ragione del tempo trascorso dalla
consumazione del reato contestato (sez. 6, 1 ottobre 2015, n. 44605, rv. 265350).
Deve anche ricordarsi che, in generale, in tema di misure coercitive, la distanza
temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, giacché tendenzialmente
dissonante con l’attualità e l’intensità dell’esigenza cautelare, comporta un rigoroso
obbligo di motivazione sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della
misura (sez. 4, 12 marzo 2015, n. 24478, rv. 263722).
Deve infine rammentarsi – sempre in via preliminare – che, qualora sia stata
applicata una misura cautelare per uno dei delitti indicati nell’art. 275, comma 3, cod.
proc. pen. (nella specie, art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990), non è necessario che
l’ordinanza cautelare motivi anche in ordine alla rilevanza del tempo trascorso dalla
commissione del fatto, così come richiesto dall’art. 292, comma 2, lettera

c), dello

stesso codice, in quanto per tali reati vale la presunzione di cui al predetto art. 275, che
impone di ritenere sussistenti le esigenze cautelari salvo prova contraria, fermo
restando che il tempus commissi delicti può costituire un elemento specifico dal quale
desumere l’insussistenza delle esigenze cautelari (argomento ex sez. 3, 1 aprile 2014,
n. 27439, rv. 259723).
Si tratta, peraltro, di principi interpretativi che sono stati correttamente applicati
nel caso di specie, in cui le censure del ricorrente si incentravano, anche in sede di
riesame, sulla ritenuta mancanza di attualità delle esigenze cautelari, nonché sulla
scelta della misura custodiale.
Anche a prescindere dall’operatività della presunzione di sussistenza delle
esigenze cautelari in relazione al reato associativo, deve rilevarsi che il Tribunale ha, in
ogni caso fornito, sul punto dell’attualità di tali esigenze, una motivazione ampia e
coerente, la quale dà analiticamente conto sia della valenza del tempo trascorso dei
reati per cui si procede sia degli elementi addotti dalla difesa a sostegno di una pretesa
revisione del vissuto antisociale dell’indagato. In particolare, si osserva che il soggetto

sensi dell’art. 292, comma 2, lettera c), sul giudice incombeva l’onere di specifica

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.

ha una intensa e specifica storia delinquenziale, mai interrottasi e proseguita fino
all’arresto del 2009, che ne fa un solido punto di riferimento per le organizzazioni
criminali operanti in Spagna e in Italia. E, del resto, la circostanza che questo non abbia
commesso reati nell’ultimo periodo è spiegabile sulla base del semplice dato che
l’imputato è stato detenuto dal 2009 al 2014; né risulta che egli, libero da diversi mesi,
svolga un’attività lavorativa lecita. Tali elementi permettono di superare anche la
valenza delle relazioni dell’amministrazione carceraria dalle quali emerge una

fronte di una caratura delinquenziale dì tale spessore da rendere poco significativi il
decorso del tempo e l’efficacia dissuasiva del carcere.
Quanto alla scelta della misura, il Tribunale, dato atto dell’applicabilità nel caso
di specie della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., avuto
riguardo al reato associativo, fornisce in ogni caso una motivazione autonoma circa la
necessità di fronteggiare le esigenze cautelari con la misura carceraria. Evidenzia,
infatti, che l’indagato è stato coinvolto in costanti attività volte all’importazione di
sostanza stupefacente dall’estero in posizione di rilievo nell’ambito di un sodalizio
criminale e che ciò fa presumere l’esistenza di contatti di alto livello con il mondo della
criminalità organizzata.
4. – Ne deriva il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2015.

complessiva buona condotta con una discreta revisione critica del vissuto antisociale, a

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